Nel Libano senza pace si apre un nuovo fronte di instabilità
13 Agosto 2008
di redazione
Quasi una ventina di civili libanesi, tra cui nove soldati, sono stati uccisi in un attentato esplosivo ad una fermata dell’autobus nella città settentrionale di Tripoli. E’ così che il Libano ha salutato la fiducia concessa al nuovo governo di unità nazionale.
Se al sud resta aperto il confronto-scontro tra Hezbollah ed Israele, all’ombra di Siria ed Iran, il nord del Libano continua a rappresentare la minaccia per la stabilità interna di Beirut. Da quando il contingente militare inviato da Damasco si è ritirato nel 2005, l’area settentrionale del Libano è stata travolta da una sequenza di crisi riconducibili a due focolai: uno internazionale e l’altro interno. Il primo è il terrorismo islamista internazionale, che ha trovato nel nord del Libano il ventre molle in cui colpire con l’obiettivo di destabilizzare l’intero Libano. Il culmine di quest’infiltrazione terroristica è stato raggiunto con la guerriglia scatenata da Fatah al-Islam, una sigla terrorista sconosciuta ma affiliata ad al-Qaeda, che aveva scatenato una sanguinosa guerriglia all’interno del campo profughi palestinese di Nahr al-Bared nel maggio 2007, a soli sedici chilometri da Tripoli. Solo nel settembre seguente l’esercito libanese, impegnato in quello che si rivelò il più duro scontro armato dalla fine della guerra civile, riuscì ad annientare i terroristi. Ma fu una vittoria dal valore più simbolico che politico.
Tuttavia gli attacchi sono proseguiti sottoforma di attentati esplosivi contro bersagli civili e militari. Oltre ai jihadisti, il nord del Libano si è aperta una partita dove i fronti nazionali sono ulteriormente complicati da condizioni locali. Infatti nel conflitto tra i sostenitori dell’ex maggioranza di governo sunnita e quelli di Hezbollah-Amal s’inserisce una terza forza, gli alawiti, una frangia sciita minoritaria che però ha stretti legami con la Siria – alawita è la famiglia Assad che governa Damasco da due generazioni. Col ritiro delle truppe siriane la comunità alawita ha perso la sua protezione di fronte alla storica rivalità con la maggioranza sunnita.
A Tripoli la convivenza tra i quartieri popolati da alawiti e le aree sunnite si è surriscaldata nello scorso giugno con episodi di violenze tra sunniti e alawiti, al punto tale da divampare, alla fine di luglio, in due giornate di conflitto armato che hanno provocato la morte di nove civili e una settantina di feriti. Come per l’emergenza del campo profughi di Nahr al-Bared, la risposta di Beirut è stata l’invio dell’esercito con compiti di polizia e interposizione. Con l’aggravante di una crisi economica nazionale che acuisce drammaticamente la povertà dilagante nel nord del Libano, Tripoli sta diventando una seconda Beirut.
La guerriglia urbana ha assunto la fisionomia di una pulizia etnico-religiosa volta a riscrivere la demografia della città svuotando le aree popolate dagli alawiti. Sancita in Qatar la tregua su scala nazionale tra sunniti e sciiti, gli scontri di Tripoli confermano che l’accordo per il nuovo governo vale soltanto a Beirut. Adesso Hezbollah controlla il governo ma apre un nuovo fronte a Tripoli premendo sulla comunità sciita degli alawiti in funzione anti-sunnita.
Cambia lo scenario degli scontri, ma non le forze in campo. Nuovi fronti micro-locali scavano solchi nel governo che ha ampiamente vinto il voto di fiducia parlamentare – senza però dare voce agli elettori. I sunniti restano maggioranza nel governo conservando sedici ministeri su trenta, tra cui il prezioso ministero delle finanze. Ma ben undici ministri sono un cospicuo surplus per l’effettiva forza politica di Hezbollah, che acquisisce anche il ministero degli esteri affidandolo ad un esponente di Amal, l’originario movimento sciita poi assorbito da Hezbollah. In realtà la dispersione delle forze sunnite e le altre minoranze religiose esaltano la compattezza di Hezbollah, che diventa una sorta di maggioranza segreta capace da sola di far funzionare il governo oppure di sabotarlo e mandarlo in crisi.
Nel nuovo governo è entrato persino un rappresentante del Partito Nazionalsocialista Siriano, il fautore dell’ideologia della “Grande Siria” basata sull’annessione del Libano a Damasco e oggi secondo partito siriano dopo il Baath. E’ finito il lungo stallo che rischiava di sfociare in una seconda guerra civile. Ma con il nuovo attentato a Tripoli il Libano scopre che il nuovo governo non basta a risolvere l’instabilità.
(Gabriele Cazzulini)