Nel Messico della corruzione e della droga il Papa grida “Viva Cristo Re!”

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Nel Messico della corruzione e della droga il Papa grida “Viva Cristo Re!”

27 Marzo 2012

Viva Cristo Rey! Questa frase si sentì per la prima volta in Messico dopo il golpe di Victoriano Huerta, il 19 febbraio 1913, che culminò con l’assassinio di Madero e di Pino Suárez, i vincitori delle precedenti elezioni dopo la caduta di Porfizio Diaz. E’ risuonata domenica 25 marzo dalla voce di Benedetto XVI nell’omelia della messa celebrata a León. Il Papa, infatti, ha detto di essersi recato a visitare il monumento a Cristo Re, in cima al "Cubilete", “luogo emblematico della fede del popolo messicano”.

Viva Cristo Rey! risuonò a lungo durante la presidenza del generale Plutarco Elías Calles (1924-1928), il periodo più virulento della persecuzione religiosa in Messico. La legge di riforma del codice penale colmò la misura e fece da detonatore per la nascita in forma spontanea di un movimento armato per la difesa della libertà religiosa, costituito soprattutto da gruppi di contadini, che nella storiografia messicana viene chiamata la Guerra Cristera o La Cristiada. Lo stesso giorno dell’entrata in vigore della suddetta legge, il 31 luglio 1926, l’episcopato ordina la sospensione del culto pubblico in tutto il Paese.

La costituzione approvata il 5 febbraio 1917 aveva previsto l’educazione laica in tutte le scuole, divieto per sacerdoti e religiosi di avere scuole di istruzione primaria; divieto di pronunciare voti religiosi o di creare ordini monastici; eliminazione della personalità giuridica delle chiese; non riconoscimento della cittadinanza per i ministri del culto; attribuzione agli Stati della facoltà di stabilire il numero massimo di ministri di culto nei loro territori; obbligo di essere messicano di nascita per esercitare qualsiasi ministero di qualunque culto; proibizione ai ministri del culto di criticare le leggi e le autorità del Paese; divieto per le chiese di avere beni immobili; nazionalizzazione di tutti gli edifici religiosi.

Parlare di Cristo Re è già pericoloso nei Paesi europei, figuriamoci in Messico. La festa relativa, istituita da Pio XI nel 1925, è stata vaporizzata e resa innocua nelle sue pretese di effettiva signoria di Cristo sul cosmo e sulla storia. In Messico Benedetto XVI ne ha però parlato e non ha avuto paura di dire che su questo grido si è costruita l’unità di fede del popolo messicano.

Coloro che criticano la mancanza di senso storico di Benedetto XVI – ultimo in ordine di tempo Giovanni Miccoli nel libro “La Chiesa dell’anticoncilio” (Laterza) – avranno da criticare questo richiamo politicamente scorretto ai contadini che al grido di Viva Cristo Re!, come nuovi vandeani, esprimevano una fede rozza ma vera e si opponevano alla scristianizzazione pianificata della loro nazione.

Eppure Benedetto lo ha fatto, facendo riemergere un passato non indifferente agli attuali problemi della nuova evangelizzazione di cui pure il Messico abbisogna. Il Papa è stato chiaro nel dire che oggi non si tratta di avere eserciti a disposizione né di praticare forme di violenza, dato che la signoria di Cristo passa attraverso i cuori. Passa attraverso i cuori ma non rinuncia ad investire anche la dimensione pubblica della vita umana, non rinuncia a costruire i popoli e le nazioni. L’edificazione della Chiesa avviene con la conversione e l’umiltà, con la richiesta di un cuore puro, ma ciò non toglie che con cuore puro il cristiano non debba pacificamente far valere la signoria di Cristo anche sulla vita sociale.

La visita del Papa in Messico è avvenuta apparentemente in sordina. Dati i gravi problemi del Paese, molti si sarebbero attesi denuncie particolareggiate e prese di posizione contro le ingiustizie e i soprusi. Invece il Papa della forza e dell’umiltà ha preferito parlare della richiesta di un cuore puro come strumento della regalità di Cristo. Cambiano gli strumenti ma la regalità di Cristo Re è un principio di fede valido ancora oggi, valido anche nel Messico della corruzione e della droga, valido anche nel Messico secolarizzato non solo da governi massoni ma soprattutto da un neocapitalismo impavido ed aggressivo.