Nel mondo Onu la Libia è campione di diritti umani
03 Agosto 2007
Durban 31 agosto-7 settembre 2001. Si tiene in Sud Africa la
Conferenza delle Nazioni Unite contro il razzismo. Fiamma Nirenstein ne
racconta dibattiti e retroscena descrivendo l’evento come un processo
internazionale contro Usa e Israele. Il gruppo asiatico, nell’incontro finale
di preparazione alla Conferenza, si riunisce a Teheran, con il chiaro intento
di escludere gli ebrei. In Conferenza, gli interventi più applauditi sono quelli
che sottolineano le colpe di Usa e Israele, che il 3 settembre abbandonano i
lavori. Fidel Castro e Arafat vengono osannati. I delegati arabi, guidati da Siria
e Pakistan, tentano in extremis di
aggiungere tre paragrafi alla dichiarazione finale, per definire l’occupazione israeliana
dei territori una causa di razzismo. La risoluzione non passa grazie
all’intervento del Brasile e alla mediazione del ministro degli Esteri
sudafricano, Zuma, che vuole evitare il fallimento della Conferenza.
Ginevra 21 luglio 2007. La Libia conquista la presidenza del
Comitato preparatore della seconda Conferenza Onu contro il razzismo, prevista
per il 2009. Hiller Neuer, direttore esecutivo dell’associazione Un Watch, Ong creata nel 1993 per monitorare l’operato delle Nazioni Unite e denunciarne le ingiustizie commesse, ha
fortemente criticato la scelta. “Mettere il Colonello Gheddafi a
presiedere la Conferenza mondiale contro il razzismo – ha dichiarato Neuer – è
come mettere un piromane a fare il pompiere”.
La prima sessione organizzativa del Comitato si terrà tra il
27 e il 31 agosto, e si occuperà di “analizzare le misure contro le
discriminazioni e la xenofobia già adottate nel 2001” e di suggerire eventuali
miglioramenti. Oltre alla Libia, partecipano al Comitato Argentina, Armenia,
Belgio, Brasile, Cameroon, Cile, Croazia, Cuba, Estonia, Grecia, India,
Indonesia, Iran, Pakistan, Norvegia, Russia, Senegal, Sud Africa e Turchia.
Anche l’Armenia era in lizza per la presidenza, ma all’Onu hanno preferito
Gheddafi. A uno Stato che nonostante le numerose difficoltà è considerato uno
degli Stati più liberaldemocratici tra quelli sorti dalla dissoluzione
dell’Urss, l’Onu ha preferito una dittatura. Ai rappresentanti di uno Stato liberamente
eletti dal popolo, l’Onu ha preferito un apparato governativo imposto da un
colpo di Stato. A un popolo che ha sofferto uno dei più cruenti genocidi della
storia recente, l’Onu ha preferito chi nel 2002 ha reso onore a Roger Garaudy, già
condannato in Francia per negazionismo.
Designare la Libia alla presidenza dei lavori per la Conferenza
del 2009 è stato come fissare a Teheran l’ultimo meeting di preparazione alla Conferenza del 2001. Scegliere Gheddafi
come testimonial contro il razzismo è stato come osannare Fidel Castro e
Arafat. Ma la cosa più grave è che si è ancora una volta ottenuta una
delegittimazione preventiva dell’intera lotta contro ogni forma di razzismo e
xenofobia intrapresa dall’Onu. Di ciò, la responsabilità esclusiva spetta
proprio alle Nazioni Unite che avrebbero dovuto esprimere una scelta diversa e
migliore. Del resto non è passato molto tempo dalla fallimentare esperienza
della Libia alla presidenza della Commissione Onu dei diritti dell’uomo,
conquistata nel 2003. Dopo pochi anni, la Commissione è stata soppressa per essere
sostituita dal Consiglio dei diritti umani, senza però risultati apprezzabili.
É vero che oggi la situazione è in parte cambiata e che la
Libia ha rinunciato al terrorismo, ma è pur vero che come contropartita ha
ottenuto l’eliminazione dell’embargo e la cancellazione dalla lista degli Stati
canaglia. Non era forse sufficiente nella prospettiva di una sua graduale
riabilitazione? Era davvero necessario regalargli la presidenza del Comitato
preparatore della nuova Durban, che con buone possibilità si terrà nel 2009 proprio
in Libia? La scelta sembra politically
uncorrect non solo in considerazione delle polemiche che hanno travolto la
Conferenza del 2001, ma anche alla luce delle cronache degli ultimi giorni. A
prescindere dalla loro colpevolezza o meno, il caso delle infermiere bulgare e
del medico palestinese dimostra la scarsa considerazione che Gheddafi ha dei
diritti umani. In caso di colpevolezza, è stato disposto a graziare gli autori della
morte annunciata di bambini barbaramente infettati con il virus dell’hiv, pur
di ottenere denaro e accordi commerciali internazionali. In caso di innocenza,
ha sottoposto ad anni di reclusione e tensione psicologica, uomini innocenti, utilizzati
come merce di scambio nella scacchiera degli equilibri internazionali.
Un ripensamento dell’Onu su quanto deciso è praticamente
impossibile e la Conferenza del 2009 si presenta come il remake di un copione
già messo in scena.