Nel Pd è sfida aperta per la leadership
14 Maggio 2009
Finora il crepitare della competizione era stato frenato dalle difficoltà del dopo-Veltroni e dalla necessità di ritrovare un minimo di unità interna in vista della campagna elettorale per le Europee.
Ma ora, a cinque mesi dal primo congresso del Pd, la sfida per la leadership è ufficialmente partita e il roster dei partecipanti inizia a prendere forma. C’è un unico nome, finora che figura ufficialmente sotto la voce “candidati”: quello di Pierluigi Bersani. E’ lui il primo ad aver ritirato il tagliando di iscrizione alla corsa e ad aver detto con chiarezza che stavolta vuole puntare al bastone del comando. La sua candidatura, come è noto, è sostenuta da Massimo D’Alema, con il quale recentemente non sono mancati alcuni piccoli distinguo, ed è abbastanza gradita all’area di sinistra del Pd. Resistenze si incontrano invece nell’area popolare del partito che teme uno spostamento forte del baricentro politico del partito verso sinistra.
C’è poi la questione Franceschini. Il segretario in carica inizialmente aveva escluso ogni possibilità di una candidatura ma il suo niet si è fatto via via più blando. E non è escluso che, qualora si profilasse un clima da balcanizzazione del partito, il suo ruolo di “equilibratore” potrebbe risultare utile e allontanare lo spettro del tutti contro tutti. Ma non è finita qui.
Da un paio di giorni circola con sempre maggiore insistenza l’ipotesi di un “terzo uomo”, ovvero di una candidatura capace di far saltare il tavolo o perlomeno rimettere tutto in discussione, rendendo più avvincente la corsa per la segreteria. Alcuni vedono in Goffredo Bettini il regista dell’eventuale operazione e ipotizzano una discesa in campo di di Nicola Zingaretti. Quest’ultimo, però, smentisce: "Continuerò a onorare il mio mandato e continuerò a fare il presidente della provincia di Roma".
Chi non smentisce e invece apre spiragli, se non porte, è Anna Finocchiaro che si dice disponibile a entrare in scena a determinate condizioni. "Non escludo affatto di candidarmi alla segreteria, ma molto dipende da quello che accade. Sto apprezzando molto il modo con cui Franceschini sta reggendo il partito, serio e vigoroso. Non ho mai dubitato delle qualità di Dario ma è legittimo che chiunque ritiene di potersi proporre come segretario si candidi perché ci sia vera competizione".
E poi ci sono gli outsider come Ignazio Marino. Ma anche come Mario Adinolfi che si candida per “non lasciare l’azione tutta in mano agli ex ds, per rafforzare l’idea che il ricambio generazionale non arriva mai per via cooptativa (e quando arriva così è dannoso) ma attraverso uno schietto conflitto politico costruito su proposte alternative, per mettere al centro del dibattito congressuale la democrazia diretta, le primarie e il protagonismo anche del singolo libero iscritto non assimilabile alle nomenklature dei capibastone”.
Ma nel complesso scenario delle candidature e delle tentazioni di leadership ci sono altri nomi che ricorrono in bilico tra realtà e fantasia. C’è chi scommette su una discesa in campo di Enrico Letta. E chi addirittura si spinge fino a ipotizzare un improbabile ingresso in politica di Luca Cordero di Montezemolo. Un nome suggestivo che oggi sembra, però, lontano anni luce da un impegno diretto nell’agone politico alla luce della grande operazione di rilancio e sviluppo internazionale che sta portando avanti con la Fiat.