Nel Pd è tutti contro Renzi. E la Bindi stoppa Vendola sui matrimoni gay

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Nel Pd è tutti contro Renzi. E la Bindi stoppa Vendola sui matrimoni gay

05 Settembre 2012

“Ma lo sanno D’Alema, la Bindi, Fioroni di essere in questo momento i nostri migliori sostenitori? Grazie alle loro accuse, abbiamo tanta pubblicità a costo zero”. Parole di Roberto Reggio, ex sindaco di Piacenza nonché uomo forte dello staff di Matteo Renzi. La diatriba Renzi-resto del mondo piddino, quindi, potrebbe tranquillamente sintetizzarsi in questa breve dichiarazione.

Come noto ai più, infatti, il sindaco di Firenze sarà impegnato dal 13 settembre prossimo in un tour elettorale (al volante di un camper, ndr) per le primarie del centro-sinistra del prossimo autunno. Già da qualche tempo a questa parte, tuttavia, a scorgersi evidenti sono i segnali d’intolleranza nei confronti dell’outsider democratico dello stato maggiore del partito. Un vero e proprio fuoco di fila, sebbene i “maggiorenti” abbiano teso – e tendano tuttora – a minimizzare.

Ma andiamo con ordine, nel tourbillon di dichiarazioni anti-renziane. Per Massimo D’Alema, “il problema di Renzi è Renzi! Non è adatto a fare il premier e litiga con tutti, con Bersani, Vendola, Bindi, Casini. Noi abbiamo bisogno di uno che unisce”. Rosi Bindi, invece, chiede a gran voce l’intervento del segretario del partito, Pier Luigi Bersani, affinché possa affievolire la verve del primo cittadino del capoluogo toscano e condurre verso più miti consigli le sue esternazioni contro i “vecchi” dirigenti. Mentre è Giuseppe Fioroni, democratico d’estrazione cattolica ed ex ministro dell’Istruzione nel secondo governo Prodi, da ultimo, a sferrare contro il sindaco un ulteriore attacco: “Se Renzi vuole davvero partecipare alle primarie del Pd dev’essere serio e prendere la decisione di dimettersi da sindaco di Firenze. Entro il 28 ottobre, non si scappa”.

Nel caso specifico, è proprio la legge a correre in soccorso dell’interpretazione autentica fioroniana. Già, perché i sindaci dei Comuni con popolazione oltre i 20mila abitanti non sono eleggibili in Parlamento, a meno che le cause d’ineleggibilità non cessino almeno 180 giorni prima della scadenza dei 5 anni di durata delle Camere. Immediata, al riguardo, la reazione di Renzi: “E dove sta scritto che devo candidarmi alla Camera o al Senato? Posso anche correre per la premiership da cittadino comune…”. Ovvero, le primarie sono concepite per scegliere esclusivamente il candidato premier.

Scontro aperto tra generazioni “democratiche”, dunque. Tra chi, da un lato, ritiene invalicabile il principio secondo cui chi è in Parlamento “da 25-30 anni” non possa decidere "per il futuro di tutti noi" (Renzi, ndr); e chi, dall’altro, avrebbe già stilato “un patto di potere”. Un patto anticipato qualche settimana or sono dal cosiddetto “papello” pubblicato da Il Foglio e ripreso, quest’oggi, da La Repubblica: Pier Luigi Bersani premier, Rosi Bindi vice-premier, Walter Veltroni presidente della Camera, Massimo D’Alema alla Farnesina, Giuseppe Fioroni ministro, Anna Finocchiaro al Quirinale e Dario Franceschini segretario del partito. Primarie permettendo, ovvio.

Non solo Renzi, però. Lo scontro generazionale descritto poc’anzi non riguarda esclusivamente l’outsider fiorentino e l’establishment piddino. Alcuni scricchiolii, in tal senso, cominciano a palesarsi anche all’interno della stessa segreteria bersaniana. E’ Matteo Orfini, responsabile cultura ed informazione del partito, a delinearne i contorni in un’accezione non dissimile rispetto a quanto già tracciato da Renzi: “Sono i cittadini ad avere voglia di altre facce”. Ed ancora: “Non siano nominati ministri esponenti Pd (nel prossimo ed eventuale governo di centro-sinistra, ndr) che abbiano già avuto esperienze di governo”. Vero, Orfini e Renzi, all’interno del partito e sotto l’aspetto contenutistico, risultano essere agli antipodi: ancorato alle posizioni keynesiane e della sinistra classica il primo, ben più liberista e montiano il secondo. Eppure, da entrambi sembra manifestarsi con tutta la sua forza l’idea, l’impellenza e l’ineluttabilità di un processo di ricambio dirigenziale.

Inoltre, v’è un altro scontro, palesatosi lunedì scorso alla Festa dell’Unità di Reggio Emilia: Nichi Vendola – anch’egli candidato alle primarie del centro-sinistra allargate a Sel – versus Rosi Bindi. Tema: l’annosa e mai risolta questione, nel centro-sinistra, dei matrimoni gay. Vendola, in tale sede, ha dichiarato essere contro “l’idea estremista del moderatismo, che tiene lontana la modernità”. Ovvero, in soldoni, “non voglio stare in un acronimo" (Pacs e Dico, ndr) e “a 54 anni voglio dire che mi voglio sposare con il mio compagno”. Insomma, null’altro di nuovo se non un ulteriore endorsement, del governatore della Puglia, dei matrimoni omosessuali. Tema scabroso, però, nel Pd. Ed è arrivato immediato, durante il faccia a faccia di Reggio Emilia, il niet di Rosi Bindi ad un simile progetto riformatore: “Riconoscimento giuridico alle unioni omosessuali, ma non matrimonio”. Inattuabile, sempre secondo il vice-presidente della Camera, perché incostituzionale ex art. 29.

Dunque, solo con le primarie d’autunno si addiverrà al redde rationem tra le varie anime del centro-sinistra. Allora, finalmente, potremo conoscere con certezza di particolari con quale volto la gauche nostrana si presenterà alle politiche della primavera del prossimo anno. Se a trazione renziana, bersaniana o vendoliana. Non ci resta che aspettare. Almeno per ora, non possiamo che concentrarci sulle quotidiane schermaglie di fine estate.