Nel Pdl lo scontro coi finiani ora si gioca su garantismo e giustizialismo

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Nel Pdl lo scontro coi finiani ora si gioca su garantismo e giustizialismo

25 Luglio 2010

Il dato politico che la kermesse di Alemanno a Orvieto consegna alle cronache è fatto di tre elementi, tutti rilevanti. Il primo: il consolidamento del "corpaccione" pidiellino con l’ulteriore saldatura tra i lealisti di An e i berlusconiani che per certi aspetti segna il tramonto del correntismo. Il secondo: il cambio di passo sulla legalità che il partito riafferma come tema proprio, sottraendolo alla "patria potestà" finora rivendicata, peraltro con forzature e fughe in avanti evidenti, dalla pattuglia dei finiani. Il terzo: il via libera di Berlusconi ai congressi provinciali e comunali del Pdl entro il 2011.

Finiani vs. berlusconiani. Il terreno di scontro tra maggioranza e minoranza interna si sposta sul garantismo soprattutto dopo l’attacco frontale di Fabio Granata al sottosegretario all’Interno Mantovano. In sintesi, ora il discrimine è tra chi sta con Mantovano (legalità) e chi con Granata (giustizialismo). Se il Pdl è compatto e da giorni (con Quagliariello e Cicchitto per primi) conferma sostegno e solidarietà a Mantovano, i finiani si mostrano ligi all’ordine di scuderia. Anche se con qualche defezione, come quella di Roberto Menia.

Un solco, dunque, sempre più profondo che fa preludere a un redde rationem da molti considerato come passaggio ormai "irreversibile". Certo, i ‘pontieri’ non hanno ancora riposto le speranze di un chiarimento tra i due co-fondatori e da questo punto di vista, proprio da Orvieto Gianni Alemanno, sindaco di Roma e presidente della fondazione Nuova Italia, spende nuove parole e nuovo impegno. Ci prova anche Ignazio La Russa che propone l’ingresso di Fini al governo – alla guida del dicastero di Scajola – come segnale per ricomporre lo strappo e siglare la tregua.

Un tentativo, "una sorta di ciambella di salvataggio", come la definiscono alcuni maggiorenti, che il coordinatore nazionale del Pdl lancia all’ex leader di An ben sapendo che se da un lato potrebbe essere la "chiave" di volta, dall’altro le chances che Fini lasci lo scranno più alto di Montecitorio per entrare a Palazzo Chigi in Consiglio dei ministri sono praticamente pari allo zero. Perché dal "pulpito" istituzionale, la terza carica dello Stato ha finora lanciato anatemi, dettato condizioni, giostrandosi tra i due ruoli (istitizionale e politico) seppure talvolta con una certa ambiguità, ma è chiaro che l’ingresso diretto nel governo non gli consentirebbe più di dedicarsi al "controcanto". O almeno come ha fatto fin qui. 

Ma il consolidamento dell’asse tra gli ex An "lealisti" e i berlusconiani evidenzia anche un altro dato politico, sempre sul terreno della legalità: il dietrofront dei big di Liberamente, la componente di Frattini e Gelmini, che su alcuni punti aveva mostrato una convergenza con le posizioni dei finiani. Prova ne sono le dichiarazioni irritate e durissime prima di Franco Frattini, poi di Mario Valducci, contro il j’accuse di Granata secondo il quale ci sono "pezzi del governo e dello Stato che ostacolano l’accertamento della verità sulle stragi di mafia".

Frasi pesanti, condite con l’affondo di ieri all’indirizzo di Mantovano per il suo diniego all’inserimento del "collaborante" Gaspare Spatuzza nel programma di protezione per i pentiti. Se il ministro degli Esteri si dice "sdegnato" per le parole del vicepresidente della commissione antimafia, il presidente dei Club della Libertà va oltre e chiede azioni disciplinari. Come peraltro ha anticipato nel suo intervento alla convention di Orvieto Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera, secondo il quale Granata ha due strade davanti a sè: presentarsi davanti ai probiviri per una sanzione disciplinare, o lasciare il Pdl.

Anche tra i finiani c’è chi prende le distanze dal numero due della commissione Antimafia: Roberto Menia chiede pubblicamente a Gianfranco Fini ”per quanto ancora dovremo vederci rappresentare un giorno da incendiari che sparano nel mucchio e l’altro da capetti arroganti?”. L’escalation della rissa nel Pdl – osserva – è diventata "insopportabile, anche perché c’è chi butta benzina sul fuoco con accuse infamanti verso uomini, come Alfredo Mantovano, che combattono con coerenza battaglie di legalità".

Dal canto suo, Granata conferma la tesi e alza il tiro quando a Lupi risponde che sì, è pronto ad andare davanti ai probiviri ma insieme a "Cosentino e Verdini". Tensione alle stelle. Come quando dal palco di Orvieto, il presidente dei senatori Pdl Maurizio Gasparri sbotta incassando l’applauso della platea: "Mi occupo di politica e mi sono rotto le palle di rispondere alle domande di chi mi chiede di rispondere alla dichiarazione politica del momento, di Bocchino o Valducci, per fare il titolo del giorno dopo. Da giornalista mi permetto di dirlo”.

Il convegno di Alemanno si chiude con un messaggio diretto al presidente della Camera, sollecitato a prendere posizione rispetto alle accuse del suo pretoriano che, per il Pdl, "non possono più essere ignorate". Ed è lo stesso Mantovano nel suo intervento a gridare che "le parole di Granata sono di una gravità assoluta. Ora, da componente della Camera esigo che ad esprimersi sia Gianfranco Fini”. Standing ovation in sala.

Che ormai la convivenza tra Granata e la maggioranza del Pdl sia diventata assai complicata lo mette in chiaro anche il sindaco di Roma secondo il quale "a meno di ripensamenti dell’ultima ora, è arrivato il momento che Granata vada a farsi un giro fuori” dal Pdl. Solidarietà a Mantovano "oggetto di ignobili insinuazioni" arriva pure dal ministro dell’Interno Maroni.

Il presidente della Camera per ora resta in silenzio ma dai suoi luogotenenti – Urso, Ronchi e Bocchino – non mancano dichiarazioni di apprezzamento per il lavoro del sottosegretario all’Interno. Tuttavia, il "caso" non pare destinato a una rapida archiviazione e non è escluso che già in settimana, secondo fonti pidielline, che possa finire sul tavolo dell’Ufficio di presidenza del Pdl.

Il dibattito sul partito. Nel messaggio inviato alla convention di Alemanno, il premier apprezza lo "spirito" di Orvieto, ribadisce il no alle correnti e di fatto, accoglie la richiesta di aprire la stagione dei congressi provinciali e comunali entro il 2011.

Richiesta tradotta in una petizione sottoscritta dagli esponenti del Pdl presenti al dibattito: Giorgia Meloni, Maurizio Gasparri, Maurizio Lupi, Ignazio La Russa, Mauro Cutrufo e Andrea Augello. Il ministro Altero Matteoli e il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, aderiscono dopo l’ok al loro emendamento che esclude il metodo delle primarie per l’elezione dei coordinatori comunali e provinciali.

La petizione sottolinea come lo svolgimento dei congressi ”rafforza le leadership dei partiti e in particolare quella di Silvio Berlusconi”, ”ne ridimensiona il peso politico dei conflitti di vertice”, ”evita che la dialettica interna al Pdl si fossilizzi in scontri correntizi e in gruppo chiusi, privi di punti di riferimento organizzativi”.

Adesso l’obiettivo è fissare una data ed evitare che la proposta finisca impantanata nelle maglie delle burocrazie interne. Nonostante il "placet" del Cav.