Nel processo a Galileo Einstein avrebbe difeso il Card. Bellarmino
22 Gennaio 2008
Se esaminiamo la disputa fra Galileo e gli
inquisitori solo sul piano scientifico, è possibile provare che Galileo non
aveva ragione sia per i contenuti fisici addotti e sia per la metodologia di
ricerca.
A tal fine bisogna partire dall’osservazione che le motivazioni che hanno
portato ai processi subiti da Galileo sono da trovare nella richiesta di
quest’ultimo che la Chiesa dovesse ammettere, che riguardo al moto del Sole, la
sacre scritture contenevano “molte proposizioni le quali, quanto al nudo senso
delle parole, hanno aspetto diverso dal vero“ per cui era necessario “che i
saggi espositori produchino i veri sensi, e n’additino le ragioni particolari
per che siano sotto cotali parole stati profferiti. Stante, dunque, che la
Scrittura in molti luoghi è non solamente capace, ma necessariamente bisognosa
d’esposizioni diverse dall’apparente significato delle parole, mi par che nelle
dispute naturali ella doverebbe esser riserbata nell’ultimo luogo”
E’ inutile che faccia notare l’importanza di questa, come altre affermazioni
analoghe, che possiamo trovare nelle lettere a Castelli, Cristina di Lorena,
Dini, ecc.. Perché proprio questa richiesta di Galileo, di ritenere necessaria
una interpretazione autentica delle Sacre Scritture da parte di “saggi
espositori”, creerà i presupposti del processo. Infatti proprio la pretesa di
Galileo che i passi della Bibbia, in cui si parla del moto del Sole, siano contrario
alla evidenza fisica e quindi siano erronei, sarà l’origine dello scontro con
l’inquisizione.
Devo premettere al mio ragionamento che il processo a Galileo è stato per la
Chiesa uno dei principali errori commessi nella sua storia. La pretesa e l’arbitrio
di potere affrontare un problema di tali contenuti con autorità e presunzione
peserà molto a lungo e costituirà un pregiudizio e comunque un grosso ostacolo
nei rapporti fra scienze e fede con le conseguenze che tutti sappiamo bene.
Quello che voglio provare, è invece l’assoluta correttezza della frasi
Bibliche e della debolezza della posizione di Galileo. Al contrario,
un’analisi approfondita delle posizioni della Chiesa, rivelano
sorprendentemente come gli argomenti di Bellarmino, Urbano VIII e i gesuiti
romani presentino una maggiore apertura ed elementi più corretti nei contenuti
fisici e negli argomenti epistemologici rispetto a quelli di Galileo.
Partiamo dall’osservazione che, almeno da un punto di vista cinematico, il moto
o il movimento di un punto o di un corpo è un concetto relativo, nel senso che
per parlare di moto occorre precisare o introdurre la nozione di osservatore
rispetto al quale il moto viene riferito. In tal modo quando si parla di moto
della Terra, si intende che stiamo parlando di moto della Terra rispetto al
Sole, che sarà l’osservatore. Ma risulta altrettanto lecito parlare di moto del
Sole rispetto all’osservatore Terra. La cosa che si può aggiungere è che nel
sistema solare risulta più agevole e conveniente per la descrizione del moto
dei pianeti, scegliere il riferimento solare e quindi la visione Copernicana
del moto. Ma non esiste una ragione di principio per preferire una scelta
rispetto all’altra. Del resto sappiamo che nell’Universo non esistono corpi che
possiamo ritenere fermi gli uni rispetto agli altri e quindi non è possibile
privilegiare alcun osservatore.
Personalmente ritengo che basterebbe questa motivazione per comprendere come la
richiesta da parte di Galileo di una necessaria interpretazione della Scrittura
sia una pretesa ingiustificata. Però voglio da un lato comprendere anche il
punto di vista di coloro che non si accontentano di una visione cinematica del
problema, ma vogliono meglio comprendere il problema specifico su basi
dinamiche, cioè non come semplice descrizione del moto, ma correlando il moto
alle cause che lo dederminano. Una obiezione a questa richiesta potrebbe essere
la constatazione che Newton, fondatore della dinamica nacque un anno dopo la
morte di Galileo e quindi al tempo del processo si poteva parlare solo in
ambito cinematico. Ma questo forse può essere ritenuto un argomento debole.
Per cui veniamo alla Dinamica Newtoniana, che porterà nei due secoli successivi
all’affermazione del sistema Copernicano e alla consacrazione di Galileo. Infatti
la meccanica newtoniana si fonda sulle 3 famose leggi. In particolare la prima
afferma:
Esiste un osservatore chiamato inerziale (o Galileiano) rispetto al quale un
punto materiale non soggetto a forze assolute (cioè dovuto alla presenza di
altri corpi) rimane in quiete o si muove di moto rettilineo ed uniforme.
La seconda legge fa uso della prima, quando dice che la famosa legge del moto
F=ma (Forza = massa per accelerazione) vale solo se riferita ad osservatori
inerziali.
Quindi appare evidente che in dinamica, si devono privilegiare gli osservatori
inerziali, perché secondo la teoria di Newton, solo rispetto ad essi valgono le
leggi del moto. Si pone quindi il problema di individuare tali osservatori.
Come è noto un osservatore con origine nel centro del Sole e assi orientati
verso le stelle fisse è in ottima approssimazione inerziale. La stessa cosa non
possiamo dire per un osservatore solidale con la superficie terrestre. Per cui,
in questo ambito, si introduce fra l’impostazione Copernicana e quella
Tolemaica una chiara scelta tutta a favore della prima. Questo è, detto in
breve, ciò che motiva l’affermarsi della dottrina Copernicana nei secoli XVIII
e XIX.
Già alla fine del 800’ Ernst Mach osservava la necessità di descrivere le leggi
fisiche in funzione di un qualsiasi osservatore. Opponendosi alla pretesa di
introdurre uno spazio assoluto che di fatto è presente nel modello Newtoniano,
mediante il concetto di osservatore inerziale. Inoltre fu il primo a
considerare le leggi della fisica soltanto come modelli, concepiti dall’uomo,
in grado di organizzare e sistemare le osservazioni sperimentali e non come
leggi in grado di esprimere e rappresentare la realtà della natura.
Ma colui che doveva dare il colpo definitivo a questa concezione assoluta del
mondo fisico e per quanto ci interessa del concetto di osservatore inerziale,
fu A. Einstein mediante la teoria della Relatività Generale
Riporto ora per ragioni di brevità e urgenza una pagina presa dalla rete, che
comunque esprime bene il problema.
Nella Relatività Ristretta, proposta da Einstein nel 1905 si affermava
l’equivalenza di tutti i sistemi inerziali, lasciando fuori i sistemi non
inerziali (o accelerati), che possono essere considerati soltanto facendo
intervenire opportune forze, che vengono a dipendere dall’osservatore e
determinabili sulla base di esperimenti. Questo poneva i sistemi inerziali su
una posizione privilegiata, diversa rispetto ai non inerziali, fatto che
turbava Einstein dal punto di vista della completezza e dell’eleganza della
struttura teorica.
In più, la relatività ristretta aveva mostrato che lo spazio ed il tempo devono
essere trattati insieme se si vogliono ottenere risultati coerenti; il tempo
era diventato una coordinata come le altre 3 e ad impedire certi movimenti in
questo spazio a 4 dimensioni c’è solo il principio di causalità.
Un celeberrimo esperimento ideale, noto come ascensore di Einstein, fu
l’intuizione da cui prese le mosse tutto il successivo sviluppo della teoria:
su un ascensore in caduta libera dovuta a un campo gravitazionale, senza
possibilità di vedere all’esterno, un osservatore supporrebbe di essere in
assenza di gravità; per provarlo, egli lascia cadere una moneta ed osserva che
la moneta resta alla stessa altezza nella cabina ovvero non cade rispetto ad
essa, che per l’osservatore è l’unico punto di riferimento. Questo porterebbe
allora a dire che un sistema in caduta libera in un campo gravitazionale, è
indistinguibile (almeno per un certo periodo) da un altro non sottoposto ad
alcuna forza. D’altra parte, quando l’ascensore posto in un campo
gravitazionale sta fermo, l’osservatore sente la forza di gravità (e una moneta
lasciata libera cade ai suoi piedi); non appena l’ascensore inizia a cadere, la
moneta resta a mezz’aria: in questo caso l’osservatore può pensare che sia
comparso all’improvviso un campo gravitazionale dalla direzione del soffitto,
che bilancia esattamente quello di partenza; di nuovo non può decidere quale
delle due situazioni si sta verificando.
Quindi, i sistemi accelerati (o non inerziali) non devono essere considerati
così particolari, ma possono presentare caratteristiche molto simili a quelli
inerziali.
La teoria della relatività generale compie un importante passo, perché afferma
non esserci motivazioni fisiche e tanto meno ragioni teoriche per privilegiare
un osservatore rispetto ad un altro. Per cui verranno considerati, nell’ambito
della Relatività Generale, tutti alla stessa stregua. Quindi non esiste un
osservatore assoluto, ma sono tutti relativi, da cui nasce la parola
relatività.
Su questa base possiamo affermare che anche lo studio dinamico del movimento
dei corpi, porta allo stesso risultato concettuale già espresso nel quadro
cinematico.
Possiamo pertanto concludere che sia la visione Tolemaica del moto del sistema
solare, sia quella Copernicana risultano concettualmente equivalenti, nel senso
che non vi sono ragioni legate a leggi o principi generali che privilegino un
sistema rispetto all’altro. Rimane parimente vera l’affermazione di una
maggiore convenienza, funzionalità o semplicità nell’uso di un sistema rispetto
all’altro, in particolare del sistema Copernicano rispetto a quello Tolemaico.
Ma non è possibile affermare che la “Verità” stia nel modello eliocentrico,
come invece sostenuto da Galileo in alcuni passi delle sue lettere.
Vorrei a questo punto osservare che ogni teoria fisica non è che la creazione
di un modello su basi scientifiche che vuole rappresentare i fenomeni, ma non
può identificarsi con la Verità. Essendo la Fisica come scienza e per sua
natura, una espressione del pensiero dell’uomo.
Come già osservato, questa visione non doveva essere ben compresa dal Nostro.
Ma proprio questo è un punto importante del dibattito fra Bellarmino, Urbano
VIIII e Galileo.
Torniamo alla prima questione, cioè alla possibilità di impostare il moto del
sistema solare sia seguendo il punto di vista Copernicano e sia quello
Tolemaico, o in altre parole, a ritenere esserci una equivalenza concettuale
fra queste due teorie. A questo proposito Bellarmino nella lettera a padre
Castelli osserva
«Dico che mi pare che V.P. e il Sig. Galileo — si legge nella lettera —
facciano prudentemente a contentarsi di parlare ex suppositione e non
assolutamente, come io ho sempre creduto che abbia parlato il Copernico. Perché
il dire che, supposto che la terra si muova et il sole stia fermo si salvano
tutte l’apparenze meglio che con porre gli eccentrici et epicicli, è benissimo
detto, e non ha pericolo nessuno […]. Dico che quando ci fusse vera
demonstratione che il sole stia nel centro del mondo e la terra nel terzo
cielo, e che il sole non circonda la terra, ma la terra circonda il sole,
allhora bisognerà andar con molta consideratione in esplicare le Scritture che
paiono contrarie, e più tosto dire che non l’intendiamo, che dire che sia falso
quello che si dimostra»
In questo famoso passo, che da alcuni autori è ben compreso e valutato, mentre
da altri è molto criticato, il Bellarmino mette in guardia Galileo dal ritenere
ed anche formulare l’eliocentrismo come una Verità (cioè assolutamente), ma al
contrario sostiene la necessità di considerarlo come una ipotesi, cioè come un
punto di vista. In altre parole mi sembra di potere dire che da un lato egli
comprende il valore relativo delle proposizioni scientifiche e dall’altro
propone l’eliocentrismo come un possibile osservatore dal quale studiare il
sistema solare e quindi il moto dei pianeti. Per cui da questa lettera risulta
che la posizione di Bellarmino è al tempo stesso moderna sul piano
epistemologico e corretta nei contenuti e nella trattazione fisica. In altre
parole il Bellarmino non rifiuta il sistema copernicano, ma invita Galileo a
studiarlo considerando il moto dei pianeti sulla base del punto di vista o
dell’osservatore solare. Inoltre sempre nella lettera di Bellarmino leggiamo
“Dico che quando ci fusse vera dimostrazione che il Sole stia nel centro del
mondo e la Terra nel terzo cielo, e che il Sole non circonda la Terra, ma la
Terra circonda il Sole allhora bisogneria andar con molta considerazione in esplicare
le scritture che paiono contrarie, e piuttosto dire che non l’intendiamo che
dire che sia falso quello che si dimostra. Ma io non crederò che ci sia tal
dimostrazione, fin che non mi sia mostrata: né è l’istesso dimostrare che
supposto che il Sole stia nel centro e la Terra nel cielo, si salvino le
apparenze, e dimostrare che in verità il Sole stia nel centro e la Terra nel
cielo; perché la prima dimostrazione credo che ci possa essere, ma della
seconda ho grandissimo dubbio”. Da questo passo mi pare chiaro che Bellarmino
rifiuta l’eliocentrismo come Verità assoluta, ma propone la visione empirica
del fenomeno e la relatività nella scelta del punto di vista-
Riassumendo, se da un lato non ha senso dire che la Terra è al
“centro” dell’Universo, dall’altro non si può affermare che il passo
della Genesi, in cui Giusué rivolgendosi al Signore esclama:
“O Sole, fermati su Gabaon, e tu, Luna, sulla valle di Aialon. E il Sole
si fermò e la Luna ristette, fino a che il popolo si fu vendicato dei suoi
nemici”, sia una affermazione scientificamente errata, come affermato da
Galileo nelle sue lettere.
Come ho detto all’inizio la questione è nata proprio perché si è sollevato il
problema della interpretazione della Scrittura. Prima dall’allora nessuno era
stato colpito e perseguitato per avere espresso o aderito al sistema
Copernicano. Anche Giordano Bruno, che era copernicano, non fu perseguitato per
questo motivo.
Spero che sia chiaro, per quanto detto sopra, che la pretesa di Galileo della
necessità da parte della Chiesa di intervenire e ritenere che l’interpretazione
letterale dei testi non fosse aderente alla realtà fisica, viene a cadere
completamente.
Infine è almeno curioso ricordare come Urbano VIII, durante le udienze concesse
a Galileo nel 1624, alla richiesta di pubblicare un nuovo libro (che doveva
parlare delle maree e che sarà il Dialogo), concedesse a Galileo “il
permesso di pubblicare la sua teoria sulle maree, purché affermasse che dei
moti della Terra si parlasse soltanto come d’un’ipotesi, la cui realtà
[oggettiva] non poteva essere dimostrata ne’ con esperimenti sulla Terra, ne’
con osservazioni del cielo” (da Galileo, di Stillman Drake).
Quindi anche Urbano VIII sostiene quanto già affermato da Bellarmino, ma
inoltre egli afferma l’impossibilità di una verifica sperimentale del moto
assoluto della Terra. A sostegno di tale impossibilità, possiamo usare
l’argomento che Einstein propone con l’esperienza dell’ascensore. Infatti
quell‘esperimento, esposto sopra, conferma l’incapacità da parte dello
sperimentatore di distinguere fra le due possibili scelte che portano alla
stessa osservazione. Cioè se stiamo cadendo con un ascensore in un campo
gravitazionale terrestre, oppure stiamo viaggiando di moto rettilineo e
uniforme rispetto ad un osservatore inerziale come può essere il riferimento
solare. Pertanto, se non è possibile comprendere o verificare sperimentalmente
la differente realtà del movimento, nello stesso modo non è possibile una
verifica sperimentale che provi il moto assoluto della Terra.
Nel caso gli argomenti da me presentati non siano stati sufficientemente
convincenti, è possibile portare una ultima, a mio parere conclusiva prova. Nel
1582, come è noto, la Chiesa di Roma promulgò il famoso calendario Gregoriano.
Che prevedeva la eliminazione di 10 giorni dal calendario (saranno i giorni dal
5 al 15 Ottobre del 1582). Questa riforma, che si è rivelata estremamente
precisa, poteva essere realizzata soltanto se si era in possesso di misure
astronomiche estremamente accurate e inquadrabili in una corretta teoria del
moto del Sistema Solare. Ma il modello scelto per questa riforma fu proprio e
solo il modello Tolemaico. Questa è la prova che è possibile fornire una
descrizione corretta dei fenomeni relativi al nostro sistema Solare seguendo
anche il punto di vista geocentrico.