Nel processo Mills la prescrizione non ha salvato il Cav. ma i pm

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Nel processo Mills la prescrizione non ha salvato il Cav. ma i pm

15 Maggio 2012

E adesso? Per due lunghi anni abbiamo letto, visto, sentito di tutto e di più su Berlusconi corruttore, indegno premier che con le sue beghe giudiziarie ha danneggiato l’immagine dell’Italia nel mondo.

Per due anni si è ‘usato’ il processo Mills come il passe-partout per inchiodare il Cav., cacciarlo da Palazzo Chigi e chiudere per via giudiziaria vent’anni di berlusconismo. Ma quella che è diventata la madre di tutti i processi alla fine si è rivelata “la montagna che ha partorito il topolino”, copyright il giudice Francesca Vitale che ha depositato le motivazioni della sentenza a carico dell’ex premier, prescritto nel febbraio scorso.

 Settantasette pagine che spiegano tre cose ribaltando le tesi sostenute pervicacemente dall’accusa. E non solo. La prima: una critica neanche troppo velata ai giudici (Gandus in primis, nel 2008 presiedeva il processo) che separando il processo in due filoni,  hanno finito per allungare i tempi e favorire la prescrizione, dopo il lodo Alfano (successivamente dichiarato incostituzionale). Un errore per la Vitale che scrive di una “scelta le cui ragioni, al di là della motivazione formale, restano sinceramente oscure”. Insomma, a far scattare la prescrizione non sarebbe stato Berlusconi, bensì proprio le procedure messe in atto da pm e giudici.

La seconda, non di poco conto: se anche Berlusconi avesse rifiutato l’opzione della prescrizione, sarebbe stato assolto considerato che quella che era stata ritenuta la prova regina della presunta corruzione compiuta dal Cav., cioè la lettera-confessione di Mills, non poteva essere valutata come prova valida. La terza: una critica alle “inopportune e reiterate sollecitazioni del pm sulla fissazione del calendario”. Ce n’è abbastanza.

E adesso? Che cosa dicono tutti quei giornali – Rep e Fatto Quotidiano in testa – che sul caso Mills per mesi hanno titolato a nove colonne un giorno sì e l’altro pure? O tutti quei politici d’area sinistra ma pure futurista che hanno cavalcato strumentalmente quella che oggi il giudice descrive come “la montagna che ha partorito il topolino”? Per ora, ad eccezione del Corsera che ha anticipato le motivazioni della sentenza nell’articolo di Ferrarella, nulla o quasi. Idem dalle parti del Csm.

Il ragionamento vale per Berlusconi e per Mario Rossi. Solo che nel primo caso c’era un premier, un governo, un voto popolare. E magistrati il cui operato è stato bocciato da colleghi giudici. L’impressione è che alla fine, la “prescrizione non abbia salvato Berlusconi, ma i pm”. Puntura di spillo di Gaetano Quagliariello (Pdl). Calzante. Ma forse lo strano silenzio che si è sostituito alla grancassa mediatica e politica una ragione ce l’ha: Berlusconi non sta più a Palazzo Chigi e l’antiberlusconismo non si vende più un tanto al chilo, come accadeva solo un anno fa. Resta un ultimo punto di domanda: se di errore si è trattato, chi lo pagherà?