Nel sottosistema di potere della sanità pugliese c’è una rete di trame e intrighi

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Nel sottosistema di potere della sanità pugliese c’è una rete di trame e intrighi

04 Aprile 2011

Nel 2009 l’inchiesta sul malaffare nella Sanità pugliese era partita con l’ipotesi di associazione a delinquere e corruzione. Nei primi giorni di febbraio esce la notizia che la Procura di Bari ha iscritto nel registro degli indagati, insieme ad altre 14 persone, anche l’allora assessore alle Politiche della Salute Alberto Tedesco che, dopo aver incontrato il governatore Nichi Vendola, rassegnava le sue dimissioni motivandole con la volontà di non creare difficoltà alla Giunta.

I filoni d’indagine si sono subito moltiplicati: emergevano Tarantini e le sue forniture di protesi. S’è parlato di scosse ed è arrivata la D’Addario. Era tanto forte la preoccupazione di un ciclone giudiziario che potesse coinvolgere il “sottosistema” di potere pugliese (la sanità pugliese gestisce circa il 75% delle risorse economiche della Regione) che c’è stato chi ha pensato di ricorrere a manovre dispersive. Serviva un qualcosa che distraesse l’attenzione da quello che poteva rivelarsi come uno degli scandali più cinici e deprimenti d’Italia. Appalti, rifiuti speciali, nomine clientelari, denaro, controllo politico del territorio, lotte di potere, spartizioni, sprechi, donne, corruzione, spregiudicati avventurieri, droga. C’era di tutto e qualcuno forse ha creduto che fosse meglio innalzare barriere di fumo per distogliere l’eccessiva attenzione. In Italia, del resto, è facile. E’ sufficiente fare quel nome che è sempre sulla bocca di tutti e il gioco è presto fatto.

Oltretutto, c’era da trasformare un evento negativo in un vantaggio politico per la sinistra. Nel 2009, in primavera, c’erano state le elezioni europee e un importante impegno elettorale amministrativo: Berlusconi stava vincendo, una dopo l’altra, tutte le tornate elettorali. A Bari, il sindaco Michele Emiliano, segretario regionale Pd, uomo di D’Alema e protagonista in città di un vero vuoto amministrativo, rischiava persino la poltrona. Ecco quindi che dall’inchiesta, come dal cilindro di un prestigiatore, spunta fuori la famosa "scossa", che si materializzava andando a colpire niente meno che Silvio Berlusconi. Il Premier in Sardegna aveva conosciuto Giampaolo Tarantini, scaltro fornitore di protesi sanitarie. Con l’imprenditore pugliese era stato mantenuto un rapporto di frequentazione di vita mondana, che niente aveva a che fare con gli affari e con la sanità pugliese. L’imprenditore si accompagnava a giovani e attraenti ragazze, tra cui la D’Addario, escort di professione sempre pronte e disponibili ad agire su mandato per incastrare qualcuno. Tanto è bastato per aprire un altro capitolo di gossip e distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica.

Tarantini e la D’Addario, accostati a Berlusconi, subito hanno occupato per settimane i titoli di testa su tutti i quotidiani. Un piccolo corruttore e fornitore di protesi sanitarie, con pochi milioni di fatturato annuo, e una escort, fornita di registratore tascabile, usati per oscurare l’inquietante scandalo della sanità pugliese: una cortina di fumo innalzata, a quanto pare, per coprire episodi di malasanità e l’accumulo di due miliardi di debiti; un’uscita teatrale per inscenare un diversivo e per nascondere una realtà ben più agghiacciante sulla gestione del potere in Puglia.

Il Sindaco di Bari Michele Emiliano, a quel tempo segretario regionale del Pd, intercettato in una telefonata con Tedesco, aveva definito la sanità pugliese un “sottosistema” di potere per la gestione politica del territorio. Mazzette e sesso tra bisturi e garze. Clientele e voti tra analisi cliniche e nomine di primari. Patti scellerati del tipo: io ti nomino a capo di una Asl e tu mi organizzi una rete di clientele e di voti.

Anche una parte della magistratura barese ha indugiato su questo filone d’indagine, tanto che si sarebbero create addirittura delle fazioni all’interno della stessa Procura. Solo con l’insediamento a Bari del nuovo procuratore capo il diversivo Berlusconi veniva definitivamente abbandonato, per l’inesistenza di una qualsiasi ipotesi di reato. Ma l’effetto voluto era già stato ottenuto.

Alcuni giornali e conduttori tv sono andati in visibilio: non aspettavano altro. Santoro si scatenava in tv, invitava la D’Addario in trasmissione, facendola apparire come una povera vittima, quasi una rediviva Santa Maria Goretti. Il pettegolezzo aveva la meglio. Spuntavano il lettone di Putin, le foto dei bagni di Palazzo Grazioli, le registrazioni, le intercettazioni, i verbali e persino un fantomatico sistema a stantuffo atto a sostituire la naturale erezione. Il gossip è andato avanti per mesi e, per tutto questo tempo, la cattiva gestione della sanità pugliese, i reati di associazione a delinquere, di concussione, di corruzione e di turbativa d’asta passavano in sordina, mentre la D’Addario diventava una diva in tournée per l’Italia, persino autrice di un libro dal titolo felliniano: “Gradisca, Presidente”.

Nessuno che, invece, si fosse soffermato su alcune semplici riflessioni. Primo, Tedesco era l’uomo meno adatto a quell’assessorato, visto che le società dei suoi figli fornivano protesi sanitarie e la Regione era tra gli acquirenti quasi esclusivi: ma Vendola, nonostante ci fossero state delle chiare prese di posizione sull’evidente conflitto d’interessi, l’ha voluto assessore alla Sanità garantendo per lui con fermezza e ostinazione. Secondo, il governatore pugliese non poteva non sapere cosa succedesse in Regione, come ha avuto modo di dichiarare ultimamente lo stesso Tedesco durante gli interrogatori.

Una svolta di serietà nell’attività giudiziaria della Procura di Bari sulla questione sanità è arrivata, poi, con l’arrivo del nuovo procuratore di Bari. Spenti i fumogeni Tarantini e D’Addario e uscito dalla scena anche Berlusconi, che con la sanità pugliese non aveva evidentemente niente a che fare, la procura di Bari ipotizzava, per la sanità regionale, l’esistenza di una “cupola” di malaffare gravata da pericolose infiltrazioni della malavita organizzata. In una conferenza stampa il nuovo capo della Procura, Antonio Laudati, accennava ad ipotesi di concorso di più soggetti politici della Giunta regionale che sottendevano alla gestione di questa “cupola”, con lo scopo di controllare il territorio servendosi delle nomine e degli appalti nella sanità, per allargare il loro consenso elettorale.

All’assessore Fiore, che negava l’esistenza della “cupola mafiosa” e che interpretava i fatti accaduti come singoli “fenomeni distorsivi” ed estranei ad “un unico disegno criminoso”, sempre il Procuratore capo di Bari replicava: “La sanità pugliese è stata gestita da un sistema criminale che ha controllato gli appalti, le nomine dei primari e gli accreditamenti delle strutture sanitarie da parte della Regione Puglia”.

Nel frattempo, il vice di Vendola, il dalemiano di ferro Frisullo, veniva arrestato, sommerso da accuse di tangenti pagate in danaro e in natura. A suo carico emergevano meschini casi di ricatti sessuali a danno di giovani mamme bisognose e poi donne, consulenze, sperperi e uno sfacelo morale indicibile, con la Regione trasformata in un postribolo. Vendola solo a quel punto si precipitava a sostituire ben cinque assessori, facendosene persino vanto. Ma lui, il poeta, non dava mostra di sentire su di sé alcuna responsabilità politica guardandosi bene dal dimettersi. Dinanzi a tanto degrado non ha mai mostrato né di avvertire la gravità di quanto era accaduto né di volersene assumere neanche lontanamente la responsabilità politica.

Le ipotesi di reato si sono allargate ad altri protagonisti, sono emersi i contenuti di alcune intercettazioni che coinvolgevano direttamente il governatore pugliese. In Regione c’era fermento per le candidature alla presidenza, in vista delle elezioni. Il centrodestra pugliese era spaccato. L’Udc era ostile al centrodestra, con Casini che giocava a spaccare sostenendo la Poli Bortone. Anche nella sinistra era in corso un braccio di ferro. Il Pd, fiutando la vittoria, grazie alle divisioni degli avversari, voleva liberarsi di Vendola indisponibile, da parte sua, a fare un passo indietro. In questo clima il governatore, soprattutto a beneficio del clamore mediatico, scriveva una lettera al pm Di Geronimo rivendicando il suo status di politico “puro”. Una lettera che dava più l’idea dell’intimidazione che non quella del sereno chiarimento delle sue responsabilità, scritta con arroganza, con toni piccati e con odiosi riferimenti personali al magistrato.

Vendola, però, non è Berlusconi. Il politicamente corretto vuole che a lui tutto sia concesso, anche di provare a intimidire un magistrato. L’uomo con l’orecchino esce così vittorioso persino dal procedimento a tutela del magistrato aperto dal Csm e, dopo aver stravinto le primarie, soprattutto contro D’Alema e Bersani, prima che contro il suo contendente Boccia, esce vittorioso anche nella competizione regionale, grazie ad un favorevole vento di maestrale mediatico che gli spazza via ogni nuvola, e grazie soprattutto alla divisione dei suoi avversari. Vince in Puglia, mentre la sinistra perde in tutta l’Italia. E nasce così un eroe.

Il resto della vicenda è contenuto nella richiesta, presentata dalla magistratura barese, di arresto per Tedesco, nel frattempo entrato in Senato come primo dei non eletti, dopo che il Pd pugliese, sostenuto da influenti leader nazionali, ha voluto guarda caso far candidare ed eleggere al Parlamento Europeo l’ex ministro De Castro, già senatore eletto in Puglia. La richiesta di arresto è arrivata dopo due anni dalle sue dimissioni da assessore. E’ arrivata in contemporanea, benché i due procedimenti fossero separati ed i magistrati (pm e gip) diversi, all’archiviazione delle ipotesi di reato a carico di Vendola, disposizione giunta dopo una lunga valutazione durata 11 mesi e che ha lasciato, tuttavia, non pochi dubbi.

L’autorizzazione all’arresto è ora al vaglio della Giunta per le immunità del Senato, che è in procinto di dare il suo parere per poi passare il tutto all’esame dell’Aula. Difficilmente, però, la richiesta d’arresto sarà accolta. Almeno, questo è ciò che si desume dalle posizioni sin qui espresse. Il gruppo Pdl, maggioritario in Senato, si è già dichiarato contrario. “Alla nostra coscienza ripugna – è scritto nel documento del Pdl – solo il pensiero di poter autorizzare la limitazione delle libertà personali per calcolo politico. Ciò non può esimerci però dal denunziare come dalla lettura degli atti emerga lo spaccato di un sistema sanitario pugliese profondamente distorto, praticamente marcio di fronte al quale i referenti politici, uomini e partiti della maggioranza di sinistra e in primis colui che tutti li rappresenta, il presidente della Regione Vendola, continuano a far finta di niente”. Basterà ora qualche assenza e qualche voto favorevole del Pd per respingere la richiesta di arresto. Tedesco sarà soprattutto salvato dalla coerenza dei suoi avversari politici, mentre gli sarà più difficile godere della solidarietà del suo partito.

In democrazia, però, non si possono avere dubbi sulla giustizia e non si può temere che le leggi e i provvedimenti giudiziari non siano uguali per tutti. Se capitasse, se ci fosse il pericolo di una giustizia con due pesi e due misure, dovremmo incominciare a temere per la democrazia. Non si possono selezionare i colpevoli e non sono ammissibili i capri espiatori, come non si può sottrarre al giudizio politico dei cittadini chi non è capace di garantire la gestione corretta della cosa pubblica. Non si possono coprire gli incapaci, e non si può tutelare chi si ritrae dall’assunzione delle proprie responsabilità. Di tutto questo bisogna essere ben coscienti.