Nella corsa alla conquista di Opel è testa a testa tra Fiat e Magna
28 Maggio 2009
La riunione del Governo Tedesco, conclusosi nella notte tra mercoledì e giovedì, ha svelato che in lizza per Opel rimangono solamente due offerte; quella della canadese Magna e quella di Fiat. Gli altri due pretendenti, il fondo Ripplewood e la cinese BAIC sembrano essere usciti definitivamente usciti dalla partita nella conquista della filiale tedesca di General Motors.
Questa decisione strettamente politica da parte del Governo di coalizione guidato da Angela Merkel si intreccia dunque con il destino dell’azienda che attualmente ha il possesso della casa automobilistica tedesca. Spesso ci si dimentica che Opel è parte del principale produttore americano, il quale è sull’orlo del fallimento da alcuni mesi ed ha ricevuto ingenti aiuti statali da parte sia dell’amministrazione Bush che da quella guidata da Barack Obama. I 20 miliardi di dollari pubblici immessi nelle casse di GM non sono serviti a ridare slancio alla stessa, poiché i problemi che l’affliggono sono strutturali e non solamente contingenti.
La casa automobilistica certamente soffre della debolezza del mercato americano, nel quale ha visto quasi dimezzarsi le vendite nel primo quadrimestre; da gennaio ad aprile del 2009 GM ha venduto il 45 per cento in meno di veicoli rispetto allo stesso periodo del 2008, mentre il mercato auto negli Stati Uniti è calato del 37 per cento. Negli stessi mesi la quota di mercato è scesa per la prima volta al di sotto del 20 per cento e questo è dovuto principalmente ad errori nel lancio di nuovi modelli che non hanno incontrato il gradimento del mercato.
La debolezza di GM, così come per Chrysler e Ford, deriva inoltre da una struttura produttiva troppo rigida, con dei salari orari che superano del 50 per cento quelli delle case automobilistiche estere che producono negli Stati Uniti. Il produttore americano inoltre, gestendo i propri fondi pensioni, certamente non il core business di un’azienda automobilistica, ha provocato un “buco” di circa 100 miliardi di dollari in sette anni.
L’insieme di tutti questi errori strategici hanno portato dunque sul baratro il “gigante dai piedi di argilla” americano e una delle possibili soluzioni, per evitare il fallimento, era la trasformazione del debito in azioni da parte dei detentori dei bond. Tuttavia, proprio questa settimana, i possessori di obbligazioni dell’azienda americana non hanno aderito pienamente alla conversione in azioni e quindi se entro lunedì prossimo GM non presenterà un piano di ristrutturazione completo, sarà costretta a portare i libri in tribunale e ricorrere al fallimento pilotato tramite il “chapter11”. Dopo Chrysler, sembra dunque il momento della bancarotta di GM e ancora una volta Fiat si presenta alla porta per sfruttare l’occasione.
In questa situazione estremamente complicata per la “casa madre”, Opel con i suoi 55 mila dipendenti, rischia lo stesso destino ed è per questo che il Governo Tedesco ha deciso di intervenire per evitare tagli del personale troppo pesanti in un anno molto delicato dal punto di vista politico, dato che in settembre si terranno le elezioni.
La “Grande Coalizione” sta mostrando i propri limiti proprio nella vendita di Opel con le dichiarazioni discordanti dei diversi Ministri. La confusione e l’incertezza stanno guidando quella che sempre di più diventa una partita politica. Opel non è debole solo da un punto di vista finanziario, ma anche da quello operativo; in Europa le vendite nel primo quadrimestre si sono contratte del 21 per cento, a fronte di una contrazione del mercato del 15 per cento. Fiat Group, al contrario, dopo anni difficili, sta scalando posizioni ed è diventato il quarto produttore europeo, dietro a Volkswagen, PSA e Ford. Il gruppo torinese, dopo aver ottenuto il 20 per cento di Chrysler in cambio di trasferimento tecnologico, vuole continuare la propria internazionalizzazione andando alla conquista di Opel.
Nell’acquisizione americana è stato essenziale l’accordo raggiunto con i sindacati canadesi ed americani, senza il quali, Fiat non avrebbe mai potuto sperare di avere successo. Si ricorda che l’amministrazione Obama, ha dato il controllo di Chrysler ai sindacati, che sono diventati il primo socio in Chrysler. La posizione di Fiat è quella di socio e partner aziendale e se nei prossimi anni volesse prendere il controllo effettivo del gruppo automotive americano dovrà immettere diversi miliardi di dollari di capitale.
Nella partita Opel, ancora una volta è necessario convincere i sindacati tedeschi, oltre al Governo. I licenziamenti non sono ammessi, pur in presenza di un mercato che ha produce troppe auto rispetto alla domanda e che dunque necessita di qualche razionalizzazione.
L’offerta concorrente per Opel presentata da Magna, sembrava in un primo tempo, riuscire a soddisfare maggiormente i sindacati tedeschi rispetto a quella portata avanti da Fiat. In realtà potrebbe esserci un’altra ragione per la quale il Governo Tedesco preferisce l’azienda produttrice di componentistica canadese rispetto al gruppo italiano. Angela Merkel e i suoi Ministri hanno il fondato timore che la fusione tra Opel e Fiat, dopo l’acquisto del 20 per cento di Chrysler da parte degli italiani, possa creare un grande gruppo europeo, con circa 6 milioni di autoveicoli prodotti, che possa fare concorrenza al campione nazionale Volkswagen. La stessa paura potrebbe coinvolgere anche i vertici di GM, che probabilmente non hanno intenzione di lasciar creare quello che diventerebbe il quarto gruppo mondiale dell’auto. Tuttavia, se l’interesse a breve termine per il Governo Tedesco può essere quello di favorire la lobby di Volkswagen, nel medio-lungo periodo è più intelligente affidare le sorti di Opel ad un partner come Fiat, con esperienza nel settore, piuttosto che lasciarla ad un produttore di componentistica.
La partita Opel dunque si presenta alquanto complicata poiché gli interessi in gioco sono enormi e non riguardano solo GM o il Governo Tedesco. Certo l’intromissione della politica e la scadenza elettorale inseriscono ulteriori elementi di difficoltà nella partita che in qualunque modo modificherà il panorama dell’auto per i prossimi anni.