Nella Fiat sempre più globale l’Italia rimane essenziale

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Nella Fiat sempre più globale l’Italia rimane essenziale

01 Agosto 2011

La Fiat è un’azienda sempre più globale. Questo è quanto se ne deduce dalla decisione di rinnovamento del management e dai dati di bilancio del primo semestre dell’anno in corso.

Vi è infatti una nuova struttura di comando, il Group Executive Management, composto da 22 manager con forte accento internazionale. La struttura organizzativa voluta da Sergio Marchionne, amministratore delegato del gruppo automobilistico, è molto incentrata sulla suddivisione per area geografica. Lo stesso manager italo-canadese ha deciso di mantenere il controllo dell’area nord americana, lasciando però il comando della zona europea al fidato Gianni Coda. Sarà proprio questo ultimo manager a doversi occupare dei problemi italiani ed in particolare delle discussioni in atto per l’applicazione del contratto “Pomigliano”.

Sergio Marchionne indica dunque come il punto di maggiore importanza per l’azienda la fusione con Chrysler, tenendo sotto il proprio controllo diretto la parte nordamericana del gruppo.

Le altre due aree geografiche di business del gruppo saranno il sud America e l’Asia; e da quest’ultima zona arrivano le preoccupazioni maggiori per la casa automobilistica torinese. In questo mercato, ormai il primo al mondo per importanza, le vendite sono quasi nulle e non è certo facile recuperare il terreno perduto nei confronti di Volkswagen, dei produttori giapponesi, coreani ed americani. Inoltre stanno crescendo importanti produttori cinesi, che nel medio periodo diventeranno dei player globali, aumentando la concorrenza globale nel settore automotive.

È giusto dunque che la struttura di Fiat si globalizzi, vista che la competizione è ormai globale, ma sembra sempre più evidente che la testa del gruppo passerà ad essere l’America.

Il Sud America è un mercato in forte crescita e Fiat ha il vantaggio di essere leader nel mercato brasiliano dove nei primi sei mesi dell’anno ha venduto quasi 400 mila veicoli. Il Nord America è ormai il primo mercato per Fiat – Chrysler, grazie alla casa automobilistica di Detroit.

Chrysler non solo vende più auto negli Stati Uniti di quante ne venda Fiat in Europa, ma anche dal punto di vista del bilancio si vede che la casa americana è ormai la prima fonte di utili. La quota di mercato di Chrysler è stata nel primo semestre 2011 pari al 10,4 per cento negli Stati Uniti in crescita dal 9,6 per cento dello stesso periodo del 2010, mentre Fiat ha registrato una market share del 7,2 per cento nei primi sei mesi del 2011 in diminuzione dello 0,9 per cento rispetto al 2010.

Il bilancio del primo semestre ha evidenziato questa superiorità americana, visto che nel solo mese di giugno Chrysler ha prodotto gli utili di Fiat Auto in un intero trimestre.

L’affare concluso da Marchionne, entrando nel capitale di Chrysler, si sta rivelando azzeccato. Il manager è riuscito a “salire” nell’azionariato della casa di Detroit senza praticamente spendere un euro e grazie al trasferimento tecnologico. Il Governo americano ha dato il controllo di Chrysler a Fiat, dopo averla salvata dal fallimento grazie ai contribuenti statunitensi.

E nel corso del secondo trimestre Fiat ha potuto rivalutare per oltre un miliardo di euro la partecipazione di Chrysler, facendo crescere l’utile operativo oltre il miliardo e mezzo di euro.

Nel gruppo si evidenzia il buon andamento di Ferrari che con il 5 per cento del fatturato, partecipa quasi al 20 per cento dell’utile aziendale; e proprio la Ferrari o il “polo del lusso” è al centro delle speculazioni degli analisti. Fiat ha un debito elevato da dover ripagare e per salire ulteriormente in Chrysler ha bisogno di avere risorse fresche. È la ragione per la quale i rumors su una possibile vendita di una parte di Ferrari sono sempre molto forti.

L’azienda torinese vede crescere dunque l’importanza della zona americana e questo è solo un vantaggio per un’azienda che deve competere a livello globale. In questa visione potrebbe sembrare limitato il problema del contratto di Pomigliano d’Arco. Il nuovo contratto, accettato dal giudice di Torino, inserisce però la clausola di dover reinserire la Fiom all’interno dell’azienda ed è la ragione per la quale Marchionne ha detto che gli investimenti italiani del gruppo sono a rischio.

L’investimento del piano “Fabbrica Italia”, pari a 20 miliardi di euro è tuttavia di vitale importanza per l’azienda perché l’Italia rimane comunque uno dei principali mercati di riferimento.

Dal risanamento del business italiano passa la crescita futura della casa torinese; e la modifica delle relazioni sindacali è certamente un punto di svolta per Fiat poiché con il contratto “Pomigliano” si lega maggiormente la produttività ai salari dei dipendenti.

Fiat è ormai un’azienda globale, ma è certo che l’Italia rimane un mercato essenziale.