Nella giostra (impazzita) della politica servirebbe un Renzi anche nel centrodestra
10 Settembre 2012
Il quadro politico non potrebbe essere più desolante. A meno di sette mesi dalle elezioni non si capisce quali saranno i soggetti che si presenteranno, con quale legge si voterà, se le alleanze si faranno prima (mi sento di escluderlo) o dopo il voto, se ci sarà un Monti bis (probabilissimo a mio avviso) e quale natura politica avrà, posto che un governo tecnico puro e semplice, sostenuto da una “strana maggioranza”, è francamente impensabile.
Di fronte a questo scenario Bersani s’impappina nel comizio di chiusura della festa del Pd a Reggio Emilia e non fa capire agli astanti se intende assumere posizioni massimaliste, dettate da Vendola, o moderate, giustificate dalla possibile intesa con Casini. Sullo sfondo lo spettro di Renzi rende più complicata la navigazione del segretario del Pd che comincia a prendere consapevolezza che comunque vadano le primarie, le ha già perse: il sindaco di Firenze ha fatto cadere i veli dell’ipocrisia che avvolgevano la nomenklatura del Pd e se anche non dovesse farcela (ma credo proprio che ce la farà), di certo il partito dopo l’esito della sua performance, che comunque sarà notevole, dovrà cambiare atteggiamento su tutto, ma nessuno dei suoi vertici riesce ad immaginare come.
Il Pdl è un soggetto smarrito. Appeso ad una decisione che non arriva (forse il Cavaliere farà una conferenza-stampa chiarificatrice a Malindi, di fronte a tumultuanti turbe di giornalisti kenyoti interessatissimi a sapere cosa accade nel magico mondo del centrodestra italiano), così come non arriva una proposta chiara e concreta sulla legge elettorale.
Si fa strada il sospetto che la nomenklatura del Pdl abbia tirato i remi in barca, certa della sconfitta, e si attrezzi per salvare se stessa senza neppure porsi il problema di come attraversare il deserto che gli si spalanca davanti.
Casini sembra meglio posizionato: ha fregato a Berlusconi l’idea di federare soggetti diversi, il nome del partito (Italia), personalità di spicco che potevano legittimamente stare nel centrodestra. La sua proposta è semplice e comprensibile: Monti forever e lui alla presidenza del Senato e magari subito dopo al Quirinale. Non è detto che il disegno riesca, ma quantomeno è una proposta sulla quale chiedere almeno attenzione e possibilmente convergenze. Ha delle controindicazioni: Casini non ha molti voti per soddisfare tutte le promesse fatte. A cominciare dalle venti candidature con buone probabilità di riuscita al micro-partito di Fini e poi sistemare tutti coloro che sono accorsi alla sua corte, di livello indubbiamente, ma privi di consenso elettorale: per riuscire nell’intento avrebbe bisogno di una forza che superasse il 10%, fantasioso al momento. Perciò la base dell’Udc scalpita, chiede chiarimenti, minaccia di passare al nemico. La si può capire, dopo essersi immolata per cinque anni, limitarsi a portare acqua al mulino di Casini per far eleggere i suoi nuovi titolati amici non deve essere gratificante.
Degli altri soggetti in campo non c’è da dire molto. Grillo, nella cui forza non ho mai creduto, arriverà spompato all’appuntamento elettorale; Di Pietro ingaggerà una battaglia per la sopravvivenza ed il suo destino è strettamente legato alla legge elettorale. Lo stesso discorso vale per la Lega: si ritirerà nelle sue valli e si consumerà più in fretta di quanto si immagini. La Federazione di sinistra tenterà di articolarsi più per dare fastidio al Pd che per partecipare ad un’ammucchiata neo-prodiana, ma gli odii sedimentatisi nel suo ambito si manifesteranno al momento della compilazione delle liste.
E Sel? Curiosamente il suo avvenire è legato al Pd. E, dunque, a chi vincerà le primarie. Vendola potrebbe correre da solo: la proporzionale glielo consentirebbe salvo, dopo, far valere il suo peso in Parlamento, ma con quali prospettive di incidenza se davvero dovesse concretizzarsi un nuovo incarico a Monti?
Come si vede il contesto è fosco. I partiti agonizzano, ma paradossalmente la partitocrazia è più viva che mai e lo dimostra con i suoi giochetti di prestidigitazione. Ad onor del vero la presenza di Renzi ha quantomeno svegliato dal coma il Pd. E nel Pdl che cosa accade? Buttati via tesseramento, congressi, primarie si attende. E nell’attesa è possibile che nessuno rispettosamente faccia osservare a chi di dovere che non è giusto, non è bello, non è corretto che un’esperienza politica finisca così, nell’irrilevanza, declassata a parentesi nella storia repubblicana? Via, un Renzi nel centrodestra deve pur esserci. O no?