Nella riforma Gelmini non c’è nulla contro gli studenti
21 Dicembre 2010
Le manifestazioni studentesche contro la Riforma Gelmini sono del tutto inspiegabili, se rapportate ai contenuti concreti del provvedimento in questione.
In esso, infatti, non c’è un solo punto in cui siano ridotti o minacciati i diritti degli studenti, che al contrario vengono rafforzati attraverso una visione meno clientelare e più meritocratica dell’organizzazione universitaria, che da un lato favorirà – anche e soprattutto attraverso un utilizzo meno dispersivo delle risorse – una migliore qualità degli studi, specialmente in rapporto agli sbocchi di lavoro, dall’altro aprirà le porte della ricerca e dell’insegnamento alle generazioni degli esclusi, che oggi se le vedono sbarrate dall’egoismo degli inseriti, soprattutto se raccomandati.
Se poi si raffronta questa riforma a quanto sta avvenendo in altri Paesi, ancor di più si evidenzia come questa protesta appaia surreale. Un esempio per tutti l’Inghilterra, dove i “tagli” si chiamano licenziamenti di massa e aumento esponenziale delle tasse universitarie.
Tali manifestazioni, in realtà, altro non sono che l’ennesima riproduzione di un sessantottismo rifugiatosi in gran parte nelle cattedre – universitarie e non – e nel cuore dei mass-media, laddove non ha mai cessato di autocelebrarsi e di rilanciare posizioni dal sapore ideologico.
La differenza rispetto a quarant’anni fa sta nel fatto che quella di allora era comunque una rivolta rivoluzionaria – quand’anche eterodiretta – contro i poteri costituiti, mentre questa è un rigurgito reazionario all’insegna di un conservatorismo che giova soltanto a chi, da dentro il sistema, difende i propri privilegi.
Una differenza tanto più ampia se si tiene conto del peggioramento della condizione giovanile per effetto del sistema stesso che si vorrebbe difendere. Il tutto in una società letteralmente spaccata in due e dove, alle iper-protezioni di cui godono alcuni, corrisponde la precarietà di chi invece è rimasto escluso.
Una sperequazione alla quale c’è un solo rimedio: quello su cui si fonda la Riforma Gelmini e che alcuni frutti li sta dando nella Scuola già riformata, e cioè il ripristino di una qualche forma di selezione meritocratica, che apra a chi ha talento e volontà buona parte degli spazi oggi preclusi.
Una selezione meritocratica che il ’68 smantellò a favore della creazione di quel sistema che, poi, ha finito col favorire la perpetuazione dei privilegi di pochi “eletti”. Tant’è che la società che ne è emersa è molto più esclusiva di quella che, sull’onda del “miracolo italiano”, conduceva tumultuosamente alle mete della conoscenza e del benessere una sempre più ampia maggioranza sociale. E che è la sola vera rivoluzione che i giovani di oggi devono reclamare, con buona pace dei “cattivi maestri” che li strumentalizzano per i propri fini.