Nella vittoria di Nibali in Spagna c’è poca tv e tanto sudore

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Nella vittoria di Nibali in Spagna c’è poca tv e tanto sudore

21 Settembre 2010

Ci sono voluti 20 anni e tanto lavoro ma alla fine la Vuelta è tornata a parlare italiano. La corsa a tappe spagnola è stata vinta da Vincenzo Nibali, siciliano trapiantato in Toscana, che a soli 25 anni entra di diritto nell’olimpo del pedale. La speranza è che qualcuno si accorga di lui, a cominciare dai mezzi d’informazione.

Ma partiamo dalla sua carriera, vissuta sempre in ascesa. Negli Allievi ben 7 successi e nel 2001, al primo anno da Juniores, si aggiudica 5 corse. Il progresso è evidente agli occhi di tutti gli addetti ai lavori e nel 2005 c’è finalmente il salto nei professionisti, mentre l’anno successivo entra a far parte della Liquigas di Danilo Di Luca ed è per lui una stagione più che positiva con due successi, tra cui il Grand Prix de Ouest-France.

Dopo vari piazzamenti nelle grandi corse a tappe, in cui si distingue soprattutto per l’intensità, che cresce anno dopo anno, arriva finalmente l’anno di grazia 2010. Iniziato con la partecipazione al Tour de San Luis – dove si aggiudica la vittoria nella 4° tappa, una cronometro e la vittoria finale – e proseguito con il Giro d’Italia 2010. Nibali sorprende tutti, regalandosi il terzo posto nella classifica generale a seguito di un testa a testa nella prova a cronometro finale con Michele Scarponi. Partecipa così alla Vuelta, ed è storia nota e recente con quali risultati.

Cancellati in un sol colpo 20 anni di attesa, il nome di Marco Giovannetti (l’ultimo vincitore italiano nel 1990) e la fama da corridore anonimo, incompiuto. Tanto che nel suo paese d’adozione, Mastromarco (una frazione del comune di Lamporecchio), ad ogni successo il parroco don Francesco Pieraccini aziona le campane per avvisare tutto il piccolo centro della vittoria. I suoi tanti tifosi, riuniti nel club “I CanNibali”, si sono scatenati e alcuni già da venerdì si erano sobbarcati un lungo viaggio per essere presenti sulle strade spagnole a sostenere il compaesano. In più, ieri sono partiti da Mastromarco tre pullman di tifosi pronti ad accogliere Vincenzo a Firenze.

Sembrerebbe tutto perfetto. Da domenica, addirittura, si moltiplicano articoli, servizi e reportage su tutti i mezzi d’informazione. Non solo l’Italia si è accorta di avere un grande atleta ma anche la stampa spagnola ha salutato Nibali come un “idolo del nuovo ciclismo” europeo, accanto a Alberto Contador. “È la replica siciliana di Contador”, ha titolato ancora El Mundo, tracciando un parallelo fra i due ciclisti. Ma il bambino che veniva punito dai genitori dopo una piccola marachella con il ‘sequestro’ della bicicletta è pure “il nuovo diamante grezzo, grande speranza azzurra per il futuro” secondo Mundo Deportivo.

Al settimo cielo il diretto interessato, che non ha nascosto come “vincere la Vuelta è un gran passo avanti per me, ma il meglio è che ancora non so quali siano i miei limiti”. Giusto e intenso pure il richiamo al suo idolo di bambino, quel Marco Pantani che non c’è più: “vederlo era come guardare un film al cinema, sembrava uscire dallo schermo”.

In questo tripudio c’è però qualche “ma”. La prima obiezione è da dividere in due: nessuno fino ad oggi si era accorto dell’assenza della vuelta dagli schermi italiani, segno del poco interesse del servizio pubblico verso la manifestazione; d’altra parte la cosa si ripete da anni, come se la terza corsa a tappe (per importanza) del tour professionistico contasse davvero poco. Inoltre l’osannato corridore siciliano era un perfetto signor nessuno fino a due giorni fa, oltre che per chi è dentro l’ambiente delle corse il suo nome non aveva nessun significato. Dopo il mondiale che si svolgerà il prossimo 3 ottobre a Melbourne siamo sicuri che Nibali sarà, giustamente, presente in diversi salotti televisivi per sfruttare la visibilità offerta da una così bella vittoria. Il ciclismo, si sa, è fatto di sudore e fatica ma non di soldi.

Quello che ci chiediamo, un po’ provocatoriamente, è se quest’ansia tutta italiana di salire sul carro del vincitore non abbia segnato il passo. Meriterebbe più rispetto il ciclismo, così come una serie di sport sotto le luci della ribalta in rare occasioni. Si può citare il caso del canottaggio (con i fratelli Abbagnale), del settebello e del setterosa di pallanuoto, del basket (seguito in occasione dei grandi eventi), del tennis (con la Schiavone) o degli sport ormai chiamati ‘olimpici’ proprio perché vengono seguiti solo durante lo svolgimento dei giochi.

Ognuna di queste discipline ci ha regalato delle grandi soddisfazioni ma è ricaduta dopo poco tempo nello stesso dimenticatoio da cui proveniva. Non si vive di solo calcio, è il momento che qualcuno se ne ricordi.