
Nelle aziende a capo coperto, l’ossessione degli ayatollah per il velo islamico

10 Agosto 2023
Tra un mese in Iran ricorre il primo anniversario delle proteste scoppiate in tutto il Paese dopo la morte di Mahsa Amini, avvenuta il 16 settembre scorso mentre la ragazza era sotto la custodia della polizia morale per aver indossato ‘male’ il velo islamico. 530 morti e oltre 22mila arresti il prezzo della repressione di cui non si parla quasi più in Occidente.
AP racconta che dopo mesi in cui la teocrazia iraniana ha fatto poco per far rispettare la legge che impone alle donne di coprirsi i capelli forse temendo nuove e più ampie manifestazioni di piazza, ma ora i turbanti atomici tornano alla carica usando le imprese come nuovo campo di battaglia sull’obbligo di portare il velo. Il Parlamento iraniano sta discutendo una legge che inasprisce le pene per le donne che tengono il capo scoperto.
Il nuovo disegno di legge dovrebbe prevedere multe fino a 360 milioni di rial iraniani (720 dollari) e pene detentive per chi si scopre il capo, una separazione dei sessi più rigida nei luoghi pubblici. Multe salate anche sugli utili delle aziende con personale femminile e clienti che non indossano l’hijab. Secondo AP il disegno di legge autorizzerebbe i servizi e la milizia Basij – i paramilitari delle Guardia Rivoluzionarie – a prendere di mira le donne con il capo scoperto.
“La mancanza dell’hijab sarà definitivamente eliminata”, ha detto mercoledì scorso il presidente iraniano Raisi. 1 milione di sms è stato inviato alle donne iraniane invitandole a tenere il capo coperto quando sono alla guida delle auto, duemila automobili sono già state requisite. I siti di vendita al dettaglio che non rispettano gli obblighi coranici vengono chiusi. La repressione, scrive AP, si è estesa oltre la capitale Teheran.
A Lahaijan, nel nord iraniano, funzionari della sanità locale hanno ordinato agli ospedali e alle cliniche di smettere di fornire servizi alle donne non coperte. A Damavand, est di Teheran, i pm hanno ordinato l’arresto di un direttore di banca e di un cassiere che avevano servito una donna che non indossava l’hijab. A Isfahan i fondamentalisti vogliono vietare il lavoro misto di uomini e donne nei negozi.
Nel mirino c’è anche l’industria dell’intrattenimento. Secondo AP la polizia ha minacciato di chiudere le produzioni cinematografiche che prevedono la presenza di donne senza velo, mentre i giudici hanno condannato le celebrità che scoprono il capo a lavorare negli obitori come servizio pubblico, al posto della prigione.
La Corte Suprema iraniana ha comunque annullato un ordine del tribunale che sequestrava l’auto di una donna scoperta per un anno e le revocava la patente, creando un precedente. La maggioranza delle donne iraniane non sopporta più restrizioni e presto i turbanti potrebbero scoprire che la legge non è applicabile. L’ex presidente Mohammad Khatami, uno dei più importanti riformisti del Paese, ha messo in dubbio che l’imposizione dell’hijab sia “saggia e produttiva”.
L’Iran rischia una nuova stagione di disordini, mentre si avvicinano le elezioni parlamentari del 2024 e l’economia annaspa sotto il peso delle sanzioni internazionali imposte contro programma nucleare. L’hijab potrebbe diventare un argomento contestato prima delle urne. Per le strade, intanto molte donne e ragazze iraniane continuano a rinunciare al velo nonostante le possibili conseguenze.