Nelle nozze tra Cameron e Clegg c’è un terzo incomodo: il ‘no’ all’Ue

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Nelle nozze tra Cameron e Clegg c’è un terzo incomodo: il ‘no’ all’Ue

13 Dicembre 2011

Molti nel maggio 2010, quando per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale la Gran Bretagna si presentava con un governo di coalizione, guidato dal tandem Clegg-Cameron, avevano lanciato il monito: “Questo matrimonio non s’ha da fare”. A un anno di distanza da quella data, perfino i bookmaker avanzavano già qualche dubbio sulla riuscita dell’unione LibDem-Tory e quotavano la rottura entro la fine del 2011.

Questa rottura che sembra pericolosamente avvicinarsi dopo la risposta inglese del premier Cameron al vertice di Bruxelles di venerdì scorso. Una performance che avrà portato quei molti a ribadire “ve l’avevamo detto”. Soprattutto ascoltando le parole del vice premier britannico Nick Clegg che ha duramente criticato la scelta di Londra di non aderire al patto di bilancio assieme agli altri 26 paesi membri dell’Ue.

“È un male per la Gran Bretagna” – ha dichiarato il leader liberaldemocratico all’Andrew Marr Show della Bbc –. “Sono amaramente deluso dal risultato del summit della settimana scorsa, perché penso che vi sia il pericolo di un Gran Bretagna isolata e marginalizzata all’interno dell’Unione Europea”. E ha specificato senza usare mezzi termini: “Non è una buona cosa per il lavoro, per la City, per la crescita e le famiglie”. Uno sfogo esploso nel fuori onda dello show meno di due giorni dopo la presa di posizione del Prime Minister sull’Ue e dopo i sorrisi d’ufficio messi in mostra subito dopo il vertice. Voci anonime vicine ai LibDem confermano che Nick Clegg “non poteva credere” alle parole pronunciate da Cameron nella notte. Prova del fatto che il veto era stato esercitato in larga autonomia da parte dal Primo ministro.

Ad appoggiare l’uomo che ha dato con la sua presenza una sterzata “europeista” al governo, c’è il ministro per le Attività produttive Vince Cable e l’ex numero uno dei liberaldemocratici, Paddy Ashdown – “Cameron ha buttato nello scarico 38 anni di politica estera inglese” –, che hanno attaccato violentemente il premier perché si son visti associare il proprio nome a un gesto che ritengono sia solo il prodotto della deriva euroscettica imposta dall’ala più dura dei Tory. E l’onda del dissenso rispetto al quella pur prevalente di Cameron & co. è destinata a montare con le ore date le dichiarazioni fatte proprio dal Primo ministro nel pomeriggio di ieri nel corso di un infuocato dibattito ai Comuni, durante il quale ha ribadito le scelte fatte a Bruxelles e la non adesione della Gran Bretagna alla moneta unica fino a quando ricoprirà il suo incarico.

Intanto le falangi euroscettiche già stanno lavorando alla rinegoziazione del ruolo di Londra nell’Ue e se lo faranno invocando un referendum, l’esecutivo cadrà perché i LibDem non potrebbero di fatto continuare a governare. E anche se oggi un esponente senior del liberaldemocratici, il ministro del Tesoro Danny Alexander, ha assicurato a quanti già vedevano nell’esito di Bruxelles il crollo della coalizione che questo non succederà perché l’“alleanza è stata formata per affrontare enormi problemi economici che il paese ha ereditato”, all’orizzonte le nuvole sembrano addensarsi. E l’ombra di un divorzio allungarsi…