Nell’elenco degli “Stati falliti” c’è qualcosa di tristemente familiare
24 Giugno 2010
di redazione
Negli ultimi sei anni, Fund for Peace, lavorando con Foreign Policy, ha messo insieme l’Indice degli Stati Falliti, usando una serie di indicatori per determinare quanto stabile – o instabile – è un paese. Ma, come dimostrano le foto pubblicate in questo reportage, a volte la miglior prova è quella più semplice: riconosci se uno Stato è fallito quando lo vedi.
21. UGANDA
Punteggio: 97.5
La giornalista ugandese Andrew Mwenda ha un modo bruciante di descrivere il suo governo: "La corruzione non è solo un elemento di questo sistema, è il sistema". In carica dal 1986, il presidente del paese, Yoweri Museveni, è stato oggetto di crescenti critiche negli ultimi anni anni per il suo governo cleptocratico e la riluttanza ad abbandonare il potere. Non ci sarà probabilmente nessun cambiamento nelle elezioni presidenziali del prossimo 2011, l’opposizione sta già reclamando presunti piani per truccare il voto. In questa foto, un gruppo di manifestanti protesta contro Museveni bruciando un autobus.
22. GUINEA-BISSAU
Punteggio: 97,2
La Guinea Bissau potrebbe essere il primo narco-Stato africano. La cocaina e i trafficanti di eroina hanno preso di mira il paese diversi anni fa e da allora si sono infiltrati tra le fila dell’elite del paese. L’afflusso della cocaina ha arrestato lo sviluppo del PIL annuo, è sempre più facile comprare militari, agenti doganali e funzionari politici. Nella foto, un soldato cammina alla processione funebre dell’ex presidente assassinato nel marzo 2009. I cittadini del paese Nord-Africano saranno sicuramente i primi a soffrire, la maggior parte dei quali già vivono in condizioni fatiscenti.
23. BURUNDI
Punteggio: 96,7
Il Burundi è teatro di una delle guerre civili più recenti in Africa, finita nel 2009 dopo 15 anni di combattimenti. Ora, gli ex gruppi di miliziani che si sono trasformati in partiti politici hanno portato con sé in questa trasformazione alcune delle loro tattiche più brutali, e la violenza politica si sta aggravando avvicinandosi alle elezioni presidenziali del 28 giugno. La stabilità, se mai arrivasse, potrebbe fare molto per questo piccolo paese di produttori di caffè di soli 8 milioni di persone – se il suo vicino, il Ruanda, potesse fare da mentore; ma qui la crescita economica è finita in seguito al genocidio del 1994.
24. BANGLADESH
Punteggio: 96,1
Il Bangladesh ha migliorato in modo significativo la sua posizione all’interno dell’Indice degli Stati falliti nel corso degli ultimi tre anni, dal suo livello massimo al 12esimo posto al 24esimo di oggi. La democrazia è stata ripristinata nel 2008 dopo che l’esercito aveva dichiarato lo "stato di emergenza", un anno prima. Gli ultimi due anni di autorità civili non hanno garantito una vera e propria soluzione di continuità – una rivolta militare, per esempio, nel 2009 ha lasciato sul terreno più di 70 morti – ma un giorno la calma tornerà. Attualmente le minacce più gravi potrebbero venire non dalla politica, ma da Madre Natura. Sempre a rischio di catastrofe, il Bangladesh dovrebbe preoccuparsi sempre di più che il cambiamento climatico non lo spinga oltre i limiti, visto che il numero dei cicloni e delle inondazioni aumenta più del comune. Le case sulla costa sono quelle più minacciate.
25. SRI LANKA
Punteggio: 95,7
Avrebbe dovuto essere un momento di allegria per lo Sri Lanka. Nei primi mesi del 2009 si è conclusa una guerra civile di 30 anni che ha opposto i ribelli delle Tigri Tamil al governo. Ma le ultime settimane di combattimenti hanno causato un tributo terribile in termini di vite umane, e il 17 maggio 2010 l’International Crisis Group ha pubblicato un rapporto che documenta i crimini di guerra commessi da entrambe le parti durante l’ultimo mese di guerra. Tra i reati contestati al governo ci sono il bombardamento deliberato di civili e ospedali, il taglio degli aiuti umanitari, la soppressione delle voci dei Tamil dissidenti e dei giornalisti durante il conflitto. (In una recente discussione su Foreign Policy il ministro degli esteri dello Sri Lanka ha negato qualsiasi addebito ma non è riuscito a rispondere alle accuse direttamente). Un’elezione nel mese di gennaio è stata segnata quando, pochi giorni dopo che il presidente Mahinda Rajapaksa è stato rieletto, ha arrestato il suo avversario, il Gen. Sarath Fonseka. Nella foto, un monaco buddista viene arrestato dalla polizia dopo aver indetto uno sciopero della fame per chiedere la liberazione di Fonseka.
26. CAMERUN
Punteggio: 95,4
Almeno in superficie, il Camerun è un pilastro della stabilità in un area che lo è tutt’altro. Il paese non ha subito recenti guerre civili, le agenzie di soccorso delle Nazioni Unite vengono guardate amichevolmente ed utilizzano il Camerun come base per fornire aiuto al vicino Ciad; le incredibili foreste pluviali del paese attirano un discreto numero di turisti ogni anno (un guadagno di 182 milioni dollari nel 2009). Ma la stabilità può facilmente diventare stagnazione. Paul Biya è stato presidente per 18 anni, durante i quali ha consolidato il potere politico e cooptato l’opposizione. Nel frattempo, le bellezze naturali del paese sono diventate anche la sua piaga più grande, il bracconaggio è prevalente e la deforestazione ha spogliato dell’81 per cento il paese secondo il World Resources Institute. In questa foto, gli abitanti di un villaggio camminano fuori da una riserva naturale.
26. NEPAL (pari merito con CAMERUN)
Punteggio: 95,4
Tra uno sciopero generale dei maoisti, con la guerra civile sedata a stento, e rispetto a una scadenza di mezzanotte alla fine di maggio, i partiti in lotta del Nepal hanno raggiunto un accordo per evitare il collasso politico del paese – per ora. Dal momento che nel 2006 un accordo di pace ha proposto i ribelli maoisti al governo, il Nepal è stato tutt’altro che tranquillo. I maoisti sono diventati un partito politico e hanno vinto le elezioni del 2008, e successivamente si sono ritirati dal governo quando l’attuazione dell’accordo di pace è arrivato ad uno stallo. Tra le questioni più controverse c’è stata l’integrazione dei maoisti nell’ex dittatura militare – cosa alla quale i generali del Nepal hanno ostinatamente resistito. Il paese stesso rimane ancora sufficientemente sviluppato e volatile; nelle zone rurali, poco meno della metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà.
28. MALAWI
Punteggio: 93,6
Il PIL annuale del Nepal è inferiore rispetto a quello che gli Stati Uniti prevedono di spendere in missioni spaziali robotiche per i prossimi cinque anni. Un paese prevalentemente agricolo, il Malawi produce pochi beni, come il tabacco, lo zucchero, il cotone e il tè. La maggior parte dei contadini sono legati a una agricoltura di sussistenza. Siccità e carestie hanno lasciato milioni di affamati negli ultimi anni. Quasi il 12 per cento della popolazione è sieropositiva, privando il paese di lavoratori nel fiore degli anni. Nella foto, un coltivatore di mais raccoglie la sua messe.
29. SIERRA LEONE
Punteggio: 93,6
La vista e l’odore della spazzatura stravolgono gli occhi e le narici quando arrivi a Freetown, una capitale che si è espansa rapidamente con l’arrivo dei rifugiati durante e dopo la decennale guerra con lo stato della Sierra Leone. Poche di quelle persone in cerca di sicurezza hanno fatto ritorno a casa, rimanendo invece in baraccopoli alla periferia della città e nelle aree vicine alle spiagge della città. La sanità pubblica è altrettanto inefficiente nelle zone urbane, con il destino delle madri particolarmente truce. Un bambino su otto muore in gravidanza e 43.000 bambini sotto i 5 anni muoiono ogni anno. E che dire dei diamanti insanguinati del Paese, ormai fuori controllo dei ribelli? Sono bastati per alimentare e armare un movimento brutale fatto di milizani e delinquenti, ma sono ben lungi dall’essere sufficienti per finanziare un paese, portandogli appena 35 milioni dollari nei primi cinque mesi di quest’anno.
30. ERITREA
Punteggio: 93,3
Recentemente descritta da Human Rights Watch come “una gigantesca prigione", l’Eritrea è ai primi posti quanto a repressione nel continente africano. Il paese ha avuto un inizio difficile, conquistando la sua indipendenza dall’Etiopia in una sanguinosa guerra che si concluse nel 1993, ma le truppe si sono spesso mobilitate minacciosamente lungo i due lati della frontiera. Il servizio militare obbligatorio è il passatempo nazionale, con tutti i cittadini costretti entrare nell’esercito giovani e adulti. La scarsità di cibo e carburante, la repressione generalizzata, e la povertà dilagante hanno costretto i profughi a cercare rifugio all’estero. Le strade quasi vuote hanno un che di misterioso, dove perdura la solitudine.
Tratto da Foreign Policy
Traduzione di Maria Teresa Lenoci