Nell’Europa a dominio tedesco per fortuna esiste una ‘lezione spagnola’
19 Novembre 2011
di Andrea Doria
Roma. La tenaglia dello spread si sta stringendo anche sulla Spagna. Ieri lo spread tra i titoli spagnoli e tedeschi aveva toccato i 500 punti per poi chiudere a un poco rassicurante 441 punti. Fortunatamente la Spagna non sarà costretta a sorbettarsi un governo tecnico qualsiasi. Domani va al voto il popolo spagnolo e dovrà scegliere tra il candidato strafavorito del Partido Popular Mariano Rajoy e quello del Psoe, Alfredo Pérez Rubalcaba (ci sarebbe anche Josep Antoni Duran i Lleida, il democristiano catalano dell’UDC ma non ha speranze di conquistare la Moncloa).
Il governo spagnolo di Rajoy sarà chiamato a fare in fretta i conti con un ‘economia in recessione e in urgente bisogno di dare delle risposte chiare alle insistenti pressioni che guarda caso provengono ancora una volta dal tandem Berlino-Bruxelles su riforme e debito. La Cancelliera tedesca Angela Merkel ha chiesto che l’insediamento del nuovo esecutivo spagnolo avvenga in tempi più brevi rispetto a quelli previsti dalla costituzione e dalla prassi spagnola, così da avere il nuovo esecutivo già al prossimo Consiglio europeo del 9 Dicembre.
Se il premier Rajoy ha già annunciato un mini manovra da 6 miliardi di euro per portare il deficit a quota 6% quest’anno, come prima mossa per calmierare i mercati e la Cancelliera tedesca, non è ancora chiaro chi sarà il suo alfiere, l’uomo chiamato a portare la scure di ministro dell’economia. Ci sono vari nomi tra i papabili: José Manuel González Páramo, membro del comitato esecutivo della Bce; c’è anche Luis de Guindos, ex-secretario di Stato; Jaime Caruana, ex-presidente del Banco de España.
Non è da escludere anche Cristóbal Montoro, responsabile economico del PP. Quest’ultimo comunque farà comunque parte della tack force che – assieme a Elvira Rodríguez, Álvaro Nadal e Fátima Báñezche – sarà chiamata a lavorare immediatamente sul Presupuestos Generales del Estado, il bilancio dello Stato da presentare in Parlamento e sulla Ley de Estabilidad, la legge di stabilità.
E’ chiaro comunque che il caso spagnolo, così come il lento contagio della crisi greca sull’Italia, adesso su Spagna e Francia, salendo su per il Nord e Centro Europa, è frutto di forze che sfuggono alla tenuta politica degli esecutivi- siano essi politici o tecnici – dei paesi più a rischio (si faccia notare che gli spread sono iniziati a salire anche in paesi non proprio latini, vedi Austria dove si parla tedesco!).
Se sul piano empirico divenisse pacifico che l’attacco spread alla Spagna e agli altri paesi del Nord Europa di due giorni fa fosse figlio del contagio Grecia – forse passato anche per l’Italia – e non invece del rischio insolvenza del debito italiano (peraltro sempre onorato), emergerebbe che tutta l’operazione governo tecnico di Mario Monti è stata al massimo il perseguimento dell’antico disegno, stavolta riuscito, di sbarazzarsi del governo di Silvio Berlusconi, in sé intima dimostrazione dell’assenza di correlazione tra l’evento innalzamento-abbassamento dello spread e la natura o qualità dell’esecutivo in sella o in pectore di questa o quella nazione europea.
Chiunque sarà il prossimo primo ministro al Palacio de la Moncloa in Spagna o il prossimo inquilino dell’Eliseo nella primavera della 2012 – comunque vadano le cose insomma – il problema sembra essere ancora una volta più un inefficace e non democratico sistema europeo di governance, con una Banca centrale europea non dotata dei poteri di cui dispone invece la Federal Reserve o la Bank of England, che le criticità economiche e/o di finanza pubblica di questo o quel governo.
Un’altra buona ragione per riflettere sulla fine della sovranità nazionale e democratica italiana e il significato tutt’altro che salvifico del governo di Mario Monti. A noi italiani non può che restare dell’amaro in bocca e un pizzico di invidia fraterna nei confronti degli spagnoli che almeno avranno avuto il diritto dovere di scegliersi il proprio governo. Un lusso di questi tempi nell’Europa della Germania.