Neppure un euro speso per i vaccini è stato inutile o sprecato

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Neppure un euro speso per i vaccini è stato inutile o sprecato

20 Gennaio 2010

Mentre il mondo aveva a che fare con una pandemia mortale, qualche mese fa i governi e le industrie farmaceutiche sono state criticate per aver agito con troppa lentezza nell’aiutare le popolazioni a prepararsi per il peggio. Ora che l’influenza suina sembra essere in fase calante (perché, a quanto pare, ha causato meno morti di quanti ne faccia l’influenza tradizionale), i governi vengono attaccati per aver speso troppo e le industrie farmaceutiche sono accusate di aver esagerato sui reali pericoli dell’influenza stessa. La prossima settimana, ad esempio, l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa ha organizzato un dibattito su “Le false pandemie – una minaccia alla salute”.

A prima vista, i miliardi di dollari spesi in antivirali, in vaccini e in altri preparativi per la pandemia sembrerebbero un investimento infelice e la prova del crescente utilizzo del “principio precauzionale” nello spendere grandi somme con lo scopo di anticipare eventi futuri imprevedibili. Di fatto, però, sempre che venga applicato in modo responsabile, avrebbe più senso usare questo principio in modo più estensivo. Parafrasando l’ex segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, il rischio dell’esistenza di “incognite sconosciute” non deve servire come pretesto per ignorare le “incognite conosciute”.

Vista superficialmente, la controversia dell’influenza A ricorda il dibattito sul “millenium bag”, lo stesso che scatenò smisurati pagamenti a specialisti dei software e un vasto battage pubblicitario sulla paura – che poi si rivelò infondata – che i sistemi informatici collassassero il primo giorno del gennaio 2000. Nonostante ci fosse qualcuno dell’industria informatica che, subito dopo l’evento, affermò che l’esorbitante spesa per la messa a punto dei sistemi informatici avesse impedito il disastro, c’era ampio consenso sul fatto che, in realtà, la minaccia era stata esagerata.

Ci sono molti altri casi in cui vaste somme sono state spese senza un’analisi razionale. Così come ci sono anche altrettante contro-prove che mostrano la mancanza di una giusta preparazione ad eventi prevedibili e catastrofici nonostante un adeguato investimento e di valore; e, viceversa, si sono verificati casi di vasto impiego di investimenti per la prevenzione di un disastro. I terremoti sono un classico esempio d’attualità. I Paesi industrializzati che si trovano in una regione sismica attiva hanno codici edilizi anti-terremoto che aumentano il costo della costruzione ma che, d’altronde, salvano vite e la stessa proprietà. Un semplice sistema d’allerta di tsunami nell’Oceano Indiano avrebbe impedito la morte di migliaia di persone il giorno di Santo Stefano del 2004. La “Barriera del Tamigi”, completata nel 1982 e costata 2,5 miliardi di dollari correnti, ha già impedito notevoli allagamenti nel centro di Londra ma non è ancora stata provata la sua capacità nel caso di un’ondata di tempeste potenzialmente catastrofiche.

Nel 2005, la terribile gestione dell’Uragano Katrina da parte dell’amministrazione americana ha stimolato una forte determinazione nella preparazione della pandemia dell’influenza e di altre emergenze. Non fu necessario aspettare a lungo per capire il rischio esistente nell’aumento della probabilità che il brutto tempo colpisca le aree densamente popolate negli Stati Uniti, così come il pericolo di mantenere in pessimo stato le dighe della Costa del Golfo. Malgrado tutto ciò, le lezioni per il coordinamento degli aiuti e le persino le più modeste somme per la simulazione delle operazioni di soccorso vennero trascurate. Un chiaro esempio di catastrofe che è molto improbabile che accada nel breve termine ma che, se avvenisse, avrebbe conseguenze mortali per la civiltà è l’impatto di un asteroide o di una cometa. Molti astronomi sostengono che, in questo caso, i governi sarebbero giustificati nello spendere miliardi di dollari per un progetto di protezione spaziale in cui vengono tracciati tutti i corpi celesti che, un giorno, potrebbero arrivare a colpire la Terra e in cui viene stabilito un piano per deviare qualsiasi cosa ci minacci.

Ad un livello più mondano, il governo e le autorità locali inglesi sono stati criticati per non aver risposto adeguatamente alla tempesta di neve e ghiaccio che ha colpito recentemente la Gran Bretagna. Con il riscaldamento globale in atto, però, inverni così freddi sono diventati un caso raro e, probabilmente, così sarà anche in futuro. Molti fondi pubblici sono stati risparmiati nei precedenti 20 anni nel non aver mai fatto scorta di innecessarie quantità di sale, di graniglia e di spazzaneve.
Se, contrariamente alle previsione della maggior parte dei climatologi, le tempeste di neve e di ghiaccio dovessero accadere più spesso, maggiori investimenti preparatori sarebbero giustificati. Per adesso, quindi, la risposta più pragmatica è quella basata su azioni più razionali dei singoli, cioè nel rimanere a casa o nel guidare con più attenzione.

Sul tema dell’ambiente, bisognerebbe ricordare che la grande quantità di denaro che verrà spesa per affrontare il cambiamento climatico – nonostante continuino ad esserci incertezze sul suo esito – resta comunque solo una minima parte delle migliaia di miliardi di dollari investiti nella produzione e nella combustione dei carburanti basati sul carbone che contribuiscono allo stesso problema climatico. D’altra parte, in alcuni settori che non hanno a che fare con  l’ambiente sono stati fatti enormi sforzi precauzionali senza applicare questo tipo di ragionamento compensativo. Prendete per esempio gli investimenti sulle misure di protezione infantile o i controlli sulla salute e la sicurezza: in questi casi si può determinare la creazione di un sistema burocratico basato su paure aneddotiche che non si possono dimostrare con l’evidenza. Un altro esempio è il fallimento della Homeland Security americana e della CIA, nonostante le vaste somme di denaro impiegate negli ultimi anni nelle politiche antiterrorismo, nell’identificare l’attentatore del volo Delta dello scorso Natale.

Ci sono sempre maggiori sforzi internazionali mirati alla quantificazione e alla comprensione del rischio che hanno l’obiettivo di identificare il migliore sistema per rispondere ad esso. Il governo britannico ha cercato di sviluppare una strategia di sicurezza basata nel bilanciamento dell’impatto di uno specifico evento nei confronti della probabilità del realizzarsi di diversi eventi. Sapete qual è stato il risultato? Il sistema ha rilevato che l’influenza e gli allagamenti pongono un rischio maggiore e per più gente rispetto a quanto rappresenta il terrorismo. Questa analisi ha scatenato che, nonostante le somme spese nell’antiterrorismo restano comunque molto maggiori, venissero stanziati numerosi miliardi di sterline per la preparazione di catastrofi come l’influenza e gli alluvioni.

Per di più, i soldi spesi nella preparazione dei disastri che poi non avvengono – o hanno un impatto minore di quanto anticipato – non sono del tutto sprecati. L’investimento nel controllo delle malattie, nella diagnostica, nelle tecniche di trattamento e nella produzione di vaccini più efficienti contro l’influenza, in futuro aiuteranno ad affrontare nuove pandemie. Le spese precauzionali per anticipare probabili – anche se non quantificabili – rischi non solo è giustificato ma è anche essenziale, sempre che vengano sostenute da un consenso scientifico ragionevole, da dei recensioni trasparenti sulle prove, dal dibattito pubblico e da uno scrutinio regolare su come e dove devono essere stanziati gli investimenti.

Tratto da Financial Times

Traduzione di Fabrizia B. Maggi