Newsweek si è rinnovato nell’unico modo possibile, con il web
10 Marzo 2011
L’ultimo numero di Newsweek è in edicola. In realtà si tratta del primo capitolo della “nuova gestione” di Tina Brown, il deus ex machina del successo del Daily Beast, un piccolo blog asceso fino all’olimpo dell’informazione online. Il trend, sempre più serrato, vede la rete venire in soccorso del cartaceo; uno scenario spaventoso per chi si è fermato all’editoria classica e non vuole cogliere le potenzialità di Internet.
La fusione tra i due colossi è stata ufficializzata il mese scorso, dopo l’annuncio di novembre. Da quel momento la nuova azienda è meglio conosciuta come The Newsweek/Daily Beast Company LLC. L’organigramma è composto da Barry Diller, presidente, e Sidney Harman, presidente esecutivo. Ancora più importante la presenza di Tina Brown, uno dei soci fondatori ed Editor-in-Chief del Daily Beast, divenuta Editor-in-Chief del nuovo progetto editoriale mentre Stephen Colvin, ex presidente del Daily Beast, ne sarà CEO. La commistione tra i due soggetti è così evidente che si può pensare ad una sorta di “rete”, dell’informazione e fisica, che ha fagocitato il vecchio mondo dell’editoria. Ma andiamo con ordine e vediamo gli attori coinvolti.
La vera protagonista è senz’altro Tina Brown. Negli anni è stata giornalista, editrice, opinionista, conduttrice di talk-show e autrice di libri (“Le Cronache di Diana”, una biografia di Diana, Principessa del Galles). Nata nel Regno Unito è emigrata negli States nel 1984 per dirigere Vanity Fair. Ma è anche stata redattore capo della rivista Tatler e ha diretto il New Yorker dal 1992 al 1998. Per i suoi meriti giornalistici, nel 2000 è stata nominata CBE (Commander of the Order of the British Empire) e nel 2007 è stato inserita nella Editor’s Hall of Fame. Come direttrice è stata anche insignita di 4 George Polk Award, 5 Overseas Press Club Award e 10 National Magazine Awards. Dall’ottobre 2008 ha fondato, e dirige, il Daily Beast. Un curriculum, cartaceo, di tutto rispetto da cui ha tratto vantaggi soprattutto la sua ultima creatura, online.
The Daily Beast, fondamentalmente, è un sito web di informazione ed opinione. Per spiegare il contenuto del blog si può immaginare una torta di cui circa un terzo è formato da materiale inedito mentre i rimanenti due terzi sono collegamenti ad articoli presenti su altri quotidiani e periodici. Nato ufficialmente il 6 ottobre 2008, è di proprietà del gruppo IAC (InterActiveCorp, l’azienda diretta da Barry Diller). Più che sui contenuti la sua fama si gioca però sulle curiosità; il nome deriva da quello dell’immaginaria rivista presente nel romanzo del 1938 Scoop di Evelyn Waugh e secondo il motore di ricerca Technorati è il decimo blog più popolare al mondo.
Un appeal completamente diverso da quel “dinosauro”, in termini di struttura, che è il Newsweek. Il settimanale è nato nel 1933 e distribuito negli Usa e a livello internazionale. Per anni, è stato il secondo più grande magazine dopo il Time. Vanta 4 edizioni in lingua inglese e altre 12 globali in diverse lingue. Dal 2008 ha iniziato a subire una serie di cambiamenti interni ed esterni volti ad attirare l’attenzione del pubblico, oltre che a puntellare le finanze del titolo in borsa. Invece, le perdite sono aumentate in maniera drammatica, ben il 38% in meno dal 2007 al 2009. Il nuovo corso webaddicted sembra però essere interessante.
Sulla copertina del primo numero campeggia Hillary Clinton; accanto alla sua foto il titolo “La guerra di Hillary” e un richiamo allo speciale “Le 150 donne che muovono il mondo”. Naturalmente anche all’interno le novità sono diverse, con l’ingresso di nuovi collaboratori e un apprezzabile restyling grafico. Più spazio anche sui media, dove Tina Brown è stata ospite di un’altra icona del giornalismo al femminile, Christiane Amanpour (sulla ABC). Riconoscimenti sono arrivati pure dai rivali: l’Huffington Post, dell’altra signora della stampa Usa, Arianna Huffington, ha dedicato spazio all’avvenimento.
Insomma, la strada sembra tracciata. Abbandonati gli entusiasmi digitali degli anni ’90 e superati gli scetticismi dei 2000 oggi la situazione risulta complessa ma decifrabile. Nessuno più si lancia in previsioni che coinvolgano uno solo dei due attori – la carta o il web -, e la quasi totalità degli osservatori è convinta del sostanziale equilibrio del momento. Equilibrio che, paradossalmente, è rappresentato proprio da acquisizioni come quella del Newsweek. Se non ci fosse stata una convenienza economica nessuno si sarebbe sobbarcato un tale impegno, come è invece avvenuto.
E’ facilmente osservabile come rispetto al passato i ruoli si siano già invertiti – la parte del leone ora tocca all’online – ma non si può ancora mettere la parola fine sulle pubblicazioni cartacee. Esperienze come il The Daily (prodotto esclusivamente per iPad), battono una strada che verrà presto seguita da altri, ma ci vorranno anni. Per il momento godiamoci entrambe le realtà, consci del fatto che i nostri figli, forse, non sapranno mai che odore ha un quotidiano appena stampato.