“Nick Clegg è stato una sorpresa ma il bipolarismo inglese resta solido”

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“Nick Clegg è stato una sorpresa ma il bipolarismo inglese resta solido”

05 Maggio 2010

Giovedì prossimo gli inglesi vanno al voto in un momento di grande incertezza. Cameron sembra in vantaggio ma il sistema elettorale inglese potrebbe comportare delle sorprese. Nonostante tutto, il bipolarismo inglese resta solido. Ne abbiamo parlato con il Professor Giorgio Rebuffa, Ordinario di Sociologia del Diritto e Filosofia all’Università di Genova.

Professor Rebuffa, nel sistema elettorale inglese ottenere la maggioranza dei seggi non significa per forza avere la maggioranza dei voti. Su cosa si basa questo meccanismo?

Sulla tradizione. Il sistema elettorale inglese si è adeguato nel corso del tempo attraverso una serie di riforme, a partire dall’inizio dell’Ottocento e fino alla metà del Novecento. Siccome il sistema elettorale e i partiti nascono localmente, quello che conta, quando il sistema si formano, all’inizio del XIX secolo, è uno scontro su base locale. Si afferma allora il principio del maggioritario uninominale: nel collegio vince chi prende più voti indipendentemente dal rapporto tra elettori e voti. Se, per esempio, prendo il 10 per cento  e i miei avversari rispettivamente il 5 per cento, il 6 per cento, il 3 per cento, l’1 per cento, sono io che vinco. Per questo il sistema inglese viene definito the first-past-the-post ("il primo che passa il traguardo").

Può aiutarci con una periodizzazione più precisa?

Il sistema elettorale inglese è stato ‘ridisegnato’ più volte nell’Ottocento. Possiamo individuare due momenti particolarmente significativi: la Reform Bill del 1832 e il 1867.

In questi giorni, in Gran Bretagna si parla di crisi del bipolarismo e il leader dei Lib-Dem, Nick Clegg, ha proposto una riforma del sistema

Non credo ci sia una crisi del bipolarismo, né che Clegg auspichi una vera riforma del sistema elettorale. La storia dei partiti politici inglesi è variante: nell’Ottocento c’erano tre partiti, nel Novecento ci sono stati tre partiti, sostanzialmente è sempre stato un sistema tripolare. I liberaldemocratici hanno iniziato ad affermarsi maggiormente quando Blair trasformò il partito laburista. Oggi i due partiti tradizionali, soprattutto quello laburista, scontano grossi problemi.

Cos’è successo al Labour?

Nell’elettorato tendenzialmente leftist, di sinistra, socialdemocratico, popolare c’è un disincanto verso il partito laburista, ma questo è dovuto a ragioni organizzative, politiche. Non mi sembra di poter dire che ci sia questa crisi. Vedremo venerdì, ma non credo.

Allora perché Clegg avrebbe avanzato la proposta della riforma? Crede gliene verrà qualcosa in tasca?

Sicuramente sì. Forse Clegg crede che potrà guadagnarci davvero qualcosa, forse lo fa solo per propaganda o forse perché in realtà tutto il sistema politico e costituzionale inglese scricchiola un  po’. Era un sistema adatto a un mondo diverso, ma pensiamo a quello che già è stato fatto da Blair, che ha ridotto il numero dei Lord, ancor più di quanto non lo fosse da quasi un secolo, oppure con l’introduzione della Corte Suprema. Sono tutte trasformazioni del sistema costituzionale.

Qual è lo scenario?

Probabilmente ci vorrà qualche aggiustamento elettorale. Non credo che qualcuno in Inghilterra abbia voglia di un sistema proporzionale, però ci sono certamente delle trasformazioni della società inglese molto serie che vanno al di là del sistema politico. L’Inghilterra è in primo luogo uno dei paesi più multietnici, quindi multi-confessionali d’Europa, e in secondo luogo ha un forte sviluppo demografico: questi sono due elementi di cui bisogna tener conto. Non credo comunque che andremo verso un sistema proporzionale.

Crede che la Regina Elisabetta abbia qualche preferenza per uno dei tre candidati?

Penso che la regina non abbia preferenze. C’è da dire che da 200 anni a questa parte il ruolo di Sua Maestà è inesistente, o meglio, da tempi della regina Vittoria, a metà del secolo Diciannovesimo, gli osservatori inglesi chiamavano la regina “la vedova in pensione”. Le cose non sono cambiate molto, da allora, anzi il potere della monarchia è molto diminuito. Penso che la regina farà la cosa più ovvia che possa fare: interrogherà i leader del sistema politico e saprà da loro cosa fare. Ma lo farà in poche ore, credo.

E il caso Clagg? Si risolverà in un fuoco di paglia o lascerà un segno nell’evoluzione della storia politica inglese?

Molte volte negli anni scorsi il sistema inglese ha prodotto personalità molto ‘attraenti’, che piacevano alla stampa e al grande pubblico, alcuni addirittura di estrema destra. Clegg è un personaggio che ha una forte capacità comunicativa e, cosa più importante, si trova di fronte a una grave crisi di identificazione dell’elettorato di sinistra con il partito laburista. Clegg è in grado di raccogliere un elettorato che lascia il Labour party, questo è il suo punto di forza. Non possiamo ancora dire però se resterà un personaggio chiave della storia politica inglese.

Negli ultimi giorni numerosi giornali britannici hanno dato il loro appoggio ai conservatori e a Cameron. Perché?

Ci si butta sempre sul cavallo vincente. Poi gli inglesi hanno una vecchia mania per le puntate, per le corse dei cavalli, le scommesse, quindi è logico che si comportino così anche in politica. C’è da dire, però, che i grandi giornali inglesi, come anche quelli italiani, sono poco letti, ormai la comunicazione passa attraverso altre strade. Scelgono di appoggiare Cameron perché più credibile ma poi nel sistema bipolare la convergenza dei programmi dei candidati è molto forte, come anche nel sistema tripolare.

Ci sono delle differenze fra i tre partiti?

Le differenze tra conservatori, laburisti e liberaldemocratici stanno in qualche punto del programma. Gli inglesi non sono dei rivoluzionari ma dei pre-rivoluzionari, quindi si può cambiare opinione con facilità – anche da parte dei grandi editorialisti –, mi sembra, anzi, che la bellezza dei sistemi bipolari consista proprio in questo.

Come uscirà Brown da questa competizione elettorale? Manterrà un ruolo di rilievo, da “maestro d’orchestra”?

Dipende da quanti voti riuscirà a prendere. Se arriva secondo allora diventa importante, significa che ha perso con onore. Se arriva terzo ci sarà qualche problema, ma lavoro da fare comunque ce n’è. Brown oltre a essere candidato premier è sempre il leader di un grande partito, in contatto con le trade unions. D’altra parte, va detto che il sistema politico inglese, come quello americano, non lascia sopravvivere troppo a lungo gli anziani. Come è giusto che sia, si rinnova costantemente. 

Si spieghi meglio, una politica giovane?

Chi si ricorda più dei primi ministri inglesi? Blair ha meno di 60 anni, Bill Clinton è un uomo ancora giovane ma ormai hanno un peso relativo. Dietro le quinte, certo, si resta a sedere, si viene ascoltati ma non è questo il punto. Comunque credo che Brown rimarrà una figura importante, solo per una serie di coincidenze non è stato lui il leader dei laburisti già molti anni fa. Il suo ruolo, da un punto di vista intellettuale, resterà di certo alto. Quello politico temo di no.