Niente sconto anziani

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Niente sconto anziani

Niente sconto anziani

08 Maggio 2011

Normalmente noi non paghiamo il biglietto d’ingresso ai concerti. Ci invitano. Venerdì 29 aprile, all’Auditorio della Conciliazione, c’era una serata dell’Orchestra Giovanile di Roma, un’istituzione meritoria, totalmente e faticosamente autofinanziata, per cui ci è sembrato giusto tirar fuori qualche euro. Eccoci alla biglietteria. All’impiegato dietro il vetro chiediamo se c’è lo sconto, al quale purtroppo abbiamo diritto. No, ci risponde lui, stasera niente sconto anziani perché suona un’orchestra di giovani. Pur sfuggendoci la logica di questa risposta, entriamo in sala e vediamo salire sul palco i professori al gran completo: in maggioranza ragazze carine e scollate. Anche giovanotti naturalmente, ma meno. Hanno suonato benissimo sotto la guida competente e appassionata di Vincenzo Di Benedetto.

Programma articolato. “Un’ansia di pace” di Ada Gentile, bellissima composizione ricca di esplosioni percussive (ci riferiscono che i due percussionisti erano molto contenti di avere avuto finalmente il loro momento di gloria) e di seducenti morbidezze tonali, per orchestra e triplo coro. Poi un brano dalla Jazz Suite N. 2 di Shostakovic, e finalmente, ce la teniamo per ultima, la conferma dell’opinione che già avevamo da anni su Nino Rota. Sono stati eseguiti temi dal Gattopardo e dal Padrino. Senza i film che li hanno portati all’orecchio di mezzo mondo, sono e rimangono, come abbiamo sempre pensato, dei valzerini e delle marcette, niente di più. Oltretutto in questo caso, mal serviti dalle rielaborazioni moscissime di Giuseppe Moscatelli (quel tipo di scrittura che non prepara il finale del brano né musicalmente né emozionalmente, così che il pubblico, forse incolto ma non scemo, applaude perché deve, ma in ritardo e di malavoglia). E ai quali non ha giovato neanche il confronto con il valzer di Shostakovic, questo sì, un tema coi fiocchi, con un’orchestrazione coi controfiocchi e un’esecuzione trascinante.

Una gag involontariamente divertente, quando una delle organizzatrici è entrata sul palco da sinistra con un gran mazzo di fiori destinati alla compositrice Ada Gentile, la quale nel frattempo stava uscendo a destra. Prima la ragazza si è fermata interdetta, poi l’ha inseguita sgambettando, sportivamente incoraggiata dal pubblico, l’ha raggiunta in extremis, sono rientrate, e finalmente ha potuto consegnare i fiori. Baci, abbracci e gran finale con un pubblico di parenti, amici e colleghi.

Dal profano al sacro. Domenica primo maggio, beatificazione di Giovanni Paolo II. Con abile mossa Santa Madre Chiesa ha rubato la scena alla festa dei lavoratori. Lo sappiamo che si tratta di un’organizzazione ben rodata (una ventina di secoli) che non sbaglia un colpo. La città è bloccata, e questo non ci dispiace perché così ce ne andiamo in giro a piedi in tutta tranquillità. L’unico, ingiustificabile e stupido disagio è l’incombere di due elicotteri che sorvolano a bassa quota Piazza San Pietro e dintorni con un rombo ossessionante. Dovrebbe essere il Papa-day, e sembra Apocalypse now. Il sospetto è che quando scarseggia l’efficienza bisogna almeno fare molto rumore.

Come a ogni blocco del traffico, spuntano i ciclisti, le uniche ruote col permesso di girare, e allora parte una stupefacente impudica esibizione. Anziani e affannati capufficio stretti in braghette vergognose dai colori impossibili, signore rotonde in tute che starebbero bene solo a Naomi Campbell (forse), famigliole con bambini su rischiosi carrelli al traino. In più, in occasioni come questa c’è la gran parata dei veicoli speciali con intestazioni del tutto ingiustificate dall’evento: dalla Protezione Civile di Acquapendente ai Sommozzatori del Tevere, al Nucleo Antincendi Boschivi (visti coi nostri occhi). Comunque, nonostante l’assetto di guerra, Roma se ne infischia, la festa continua e tutto va per il meglio.

Ci tornano in mente quei due o tre giorni di sei anni fa, quando Giovanni Paolo stava morendo e Piazza San Pietro era piena di un rispettoso silenzio appena incrinato dal mormorio di preghiere o dal canto sommesso dei gruppi numerosi e commossi di ragazzi, di suore, di gente qualsiasi che aspettava. Erano le prime sere tiepide di un inizio di primavera. E quando la luce che era rimasta sempre accesa alla finestra del papa, quella in alto a destra del palazzo, si è spenta, confessiamo di esserci commossi anche noi. Di fronte alla morte, il fatto più umano che ci sia, ma anche alla grandiosa, e nello stesso tempo intima solennità della manifestazione.

Siamo pur sempre gente di spettacolo e uno show ben riuscito ci colpisce comunque.

L’archivio del Cavalier Serpente, o meglio la covata di tutte le sue uova avvelenate, sta al caldo nel suo blog. Per andare a visitarlo basta un click su questo link: http://blog.libero.it/torossi