Nigeria. Rapito un italiano, si tratta per il riscatto
10 Aprile 2009
Lunedì scorso, mentre in Italia si piangevano le vittime del terremoto, un italiano veniva rapito in Nigeria. Si tratta di un ingegnere italiano, dipendente di una ditta di costruzioni, Giuseppe Canova. La notizia è stata resa pubblica solo nella giornata di ieri, quando la Polizia locale l’ha comunicata all’ agenzia di stampa Reuters, rompendo di fatto il silenzio che la Farnesina aveva cercato di imporre sulla vicenda.
L’ uomo, secondo fonti di stampa locali, lavora per la Marlum Construction, una ditta nigeriana. Sembrerebbe abbia origini Bergamasche. Il luogo del rapimento dovrebbe essere Abakaliki, nel sud est della Nigeria, il tutto è successo mentre andava a lavorare in uno dei cantieri della società. Era senza scorta quando il veicolo a bordo del quale si trovava è stato fermato da uomini armati che lo hanno costretto a salire a bordo di un’ altra macchina.
Il quotidiano nigeriano "The Vanguard" riporta che i rapitori hanno già chiesto un riscatto: l’azione sarebbe quindi a scopo di lucro e non vedrebbe coinvolti gli uomini del Mend, i guerriglieri del Movimento di liberazione del delta del Niger che in passato si erano già resi responsabili di diversi altri sequestri.
La Farnesina ha confermato il rapimento senza però fornire dettagli sull’ identità dell’ uomo coinvolto: ha inoltre ricordato come da lunedì si lavora per la sua liberazione. Come avvenuto per altri casi simili è stato chiesto agli organi di stampa di osservare il silenzio sulla vicenda.
Sembra che le operazioni siano comunque arrivate a un buon punto, si tratta sul prezzo del riscatto per arrivare alla liberazione di Canova. La richiesta iniziale è stata di un milione di dollari, ma solitamente il il rilascio avviene a cifre molto inferiori. Diversamente da quanto si credeva in precedenza, Canova non lavora in Nigeria da molti anni: in realtà vi è arrivato solo da un mese per partecipare ai lavori che si è aggiudicata l’italiana Marlum Construction Company per la costruzione del Segretariato di Stato ad Abakaliki, la capitale dello stato di Ebonyi, nel sud-est del Paese.
Proprio la scarsa conoscenza della realtà nigeriana è alla base del rapimento. I guerriglieri del Mend (Movement for the Emancipation of the Niger Delta), un gruppo militante che rivendica una più equa distribuzione dei profitti petroliferi, contattati per sapere se conoscessero la banda che ha rapito Canova, hanno risposto di non saper nulla ma "che la zona dove è stato prelevato l’italiano è famosa per i rapimenti, le cui vittime vengono immolate in cerimonie rituali".
"Una volta infatti era così – spiega al telefono Christopher Isiguzo, corrispondente dalla città per il quotidiano Thisday – ora non più. I sacrifici umani sono vietati dalla legge e non vengono più organizzati. Qui il problema è molto più banale. La società per cui lavora Canova (la Marlum Construction Company, di proprietà dell’italiano Marco Beccarelli) a fine marzo non ha pagato gli stipendi. Questo ha creato malcontento tra i dipendenti. Probabilmente il rapimento è stata la loro reazione. La polizia sta cercando di individuare la banda".
Le autorità italiane avevano chiesto anche ai nigeriani di non rivelare nessun particolare del rapimento. Nella conferenza stampa del commissario Kachi Udorji non era stato reso noto neppure il nome del falegname rapito, indicato semplicemente come Joseph. I giornalisti locali avevano pensato che si potesse trattare di un rapimento sensibile. I rapitori di Canova si sono messi in contatto con Kachi Udorji, commissario della polizia di Abakaliki e hanno offerto la liberazione dell’ostaggio in cambio dell’equivalente di 650 mila euro.
"Il governo non intende pagare nessun riscatto – continua Isiguzo – ma sostengono che i negoziati vanno avanti. La telefonata dei rapitori al commissario è stata brevissima. I banditi hanno chiesto i soldi e poi hanno chiuso velocemente la linea per paura di essere individuati". La rivendicazione del rapimento con la contemporanea richiesta di denaro ha chiarito, se mai ce ne fosse stato bisogno, che non si tratta di un rapimento politico".