Nirenstein: “Occidente stretto tra Califfo e Ayatollah”

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Nirenstein: “Occidente stretto tra Califfo e Ayatollah”

06 Dicembre 2015

Se compito degli intellettuali è dire la verità, Fiamma Nirenstein lo realizza da anni con determinazione, coraggio e autonomia. Ha raccontato la complessa quest dello Stato ebraico, denunciato il risorgere dell’antisemitismo in Occidente e anticipato come la minaccia del terrorismo islamico riguarda non solo Israele ma tutti noi. Con lei parliamo del suo ultimo libro, Il Califfo e
l’Ayatollah
(Mondadori 2015), ma anche dei tanti altri aspetti di un intenso percorso di ricerca.

 

Nirenstein, c’è un filo rosso tra i suoi libri?

 

La denuncia del nuovo antisemitismo, la lotta contro la israelofobia. In tutti i miei libri c’è la demistificazione di questa “critica” irrazionale e piena di pregiudizi che viene riservata a Israele e che produce un nuovo odio verso gli ebrei. E’ stata la scoperta più grande che ho fatto nella mia vita e ho cercato di rivelarla al pubblico italiano.

 

Un esempio?

 

Ho raccontato Gerusalemme (A Gerusalemme, Rizzoli 2012), cuore pulsante della vita e della storia dello Stato ebraico, spiegando come contro questa città si eserciti da tempo una forma di negazionismo identica a quello sulla Shoah. Se non più grave, perché il nuovo negazionismo vuole togliere agli israeliani ciò che è stato concesso a tutti gli altri popoli, l’autodeterminazione, il diritto ad avere una patria.

 

Del tradimento dei diritti umani parla in uno dei capitoli di Il Califfo e l’Ayatollah

 

Non basterebbe una biblioteca intera per spiegare in che modo sia stata rovesciata l’idea dei diritti umani, una delle cose più disgraziate avvenute nel corso della nostra epoca. Abbiamo assistito al completo sovvertimento dei principi che dopo la Seconda Guerra mondiale avevano ispirato la nascita delle Nazioni Unite per evitare che si ripetessero cose spaventose come la Shoah o il risorgere del nazismo. Quei diritti si sono trasformati nell’affermazione del terzomondismo nei confronti dell’Occidente, nella legittimazione del razzismo, dell’omofobia, della sottomissione della donna. Oggi il nuovo negazionismo ci spinge a relativizzare anche il terrorismo, chi dissente viene accusato di islamofobia. Mi sembra una lettura dei diritti umani completamente sballata.

 

I media hanno impiegato quasi 48 ore per dirci con chiarezza che i killer di San Bernardino erano due jihadisti

 

La coppia cercava sponde nella rete terroristica internazionale e aveva una casa piena di armi. Non capisco perché si sia aspettato tanto per dire come stanno le cose.

 

Califfo e ayatollah, doppio imperialismo?

 

In questa fase della storia islamica siamo davanti a due volontà parallele di dominare il mondo, due imperialismi che si scontrano tra loro ottenendo ognuno degli importanti successi. ISIS ha occupato una parte della Siria e dell’Iraq estendendosi anche altrove. Teheran controlla quattro capitali del mondo musulmano, una cosa impressionante a cui non viene data nessuna importanza.

 

Perché l’Iran rappresenta una minaccia?

 

Nei giorni scorsi l’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha accertato che nel 2003 l’Iran conduceva attività di ricerca e sviluppo sulle armi nucleari, un fatto che Teheran ha sempre negato, dicendo di aver interrotto il suo programma. Invece quei piani andavano avanti. Ora che abbiamo scoperto le bugie del passato perché non parlare di quelle del presente? E’ realistico pensare a uno sviluppo militare del nucleare iraniano considerando le premesse storiche, ideologiche e pratiche del khomeinismo.

 

Il flusso dell’immigrazione incontrollata dal Medio Oriente potrebbe frenare se l’Iran sedesse al tavolo dei vincitori?

 

Non mi sembra, perché chi scappa dalla Siria non fugge solo da ISIS. Certo il Califfato fa paura ma è grande anche il timore per quello che potrebbe arrivare dopo. Hezbollah è presente in forze in Siria, la Russia protegge Assad e su tutto questo si stende l’ala dell’Iran sciita. In realtà i sunniti non vedono l’ora di abbandonare una porzione di territorio che rischia di essere occupata dallo sciismo più aggressivo. L’immigrazione incontrollata è generata sia dalla paura della Sunna che della Shia.


Quale lezione trarre dal suo libro?

 

Credo di aver rotto con l’impostazione unilaterale oggi prevalente quando si parla di Medio Oriente, mostrando invece il rischio binario degli opposti fondamentalismi. Bisogna fare più attenzione, non si può dimenticare il ruolo che sta svolgendo Teheran nell’area. Sottovalutare l’Iran è un errore dal punto di vista dell’affermazione dei diritti umani.

 

Chi sono gli alleati dell’Occidente in questa guerra?

 

Nel libro ho provato a delineare alcune possibilità, credo con tratto realistico, guardando ai fatti, agli interessi comuni tra Paesi diversi. Ricordo per esempio la conferenza che si è svolta a Washington il 4 giugno scorso, l’incontro tra il professor Dore Gold, direttore generale del ministero degli esteri israeliano, e Anwar Eshky, già top adviser del governo saudita. Israele e gli Emirati Arabi hanno aperto un ufficio comune sullo sviluppo delle energie rinnovabili ad Abu Dhabi. Sono tutti segnali importanti.

 

Matrimoni d’interesse?

 

Possono esserci interessi comuni tra Paesi occidentali, Israele e l’Egitto, e subito dopo con l’Arabia Saudita. Sconfiggere il terrorismo, battere l’ISIS e contenere l’Iran. Smettiamola di negare il terrorismo e non addossiamoci anche questa responsabilità come occidentali: il terrorismo è uno strumento di dominazione del mondo che viene usato da una parte non secondaria dell’Islam. Proprio per questo motivo a reagire devono essere innanzitutto i musulmani e ritengo che ci sia un gran numero di persone di fede islamica che abbiano un interesse nel vedere sconfitto il terrorismo. Vedrà, la strada è questa.