No dei Fratelli Musulmani all’imam di Roma in Sinagoga

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No dei Fratelli Musulmani all’imam di Roma in Sinagoga

22 Gennaio 2008

Altro
che dialogo interreligioso. Altro che giorno della memoria. Ieri la più grande
università egiziana, quella di Al Azhar del Cairo, ha messo il veto alla visita
dell’imam di Roma alla grande Sinagoga della capitale programmata per mercoledì.
Un incontro storico, preparato da anni, e che si doveva svolgere praticamente
in concomitanza con il giorno della memoria che in realtà cade il prossimo 27
gennaio.

E a poche ore dall’apposizione di tale veto sia l’imam, Ala Eldin Mohamed
Ismail al Ghobashy, sia Abdoullah Redouane, il segretario generale della
grande moschea di Roma, l’unica riconosciuta dallo stato italiano come ente di
culto, hanno preferito rinviare il tanto atteso incontro interreligioso che
doveva ricambiare analoga visita resa dal rabbino capo di Roma, Riccardo Di
Segni, due anni orsono alla moschea di monte Antenne.

A quanto si apprende dall’AdnKronos International, la Comunità ebraica sarebbe in
silenzio stampa in attesa di ricevere chiarimenti sul  rinvio della
visita, in programma per mercoledì alla sinagoga di Roma. Interpellato da chi
scrive il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, ha confermato questa
circostanza.
 
Alla base del contendere il peggioramento delle relazioni tra lo stato di
Israele e l’Egitto. Con l’eterno pretesto della questione palestinese a
mascherare l’odio verso gli ebrei. Segnatamente si è parlato di una telefonata
tra il Cairo e la moschea di Forte Antenne per la crisi umanitaria di Gaza.
Alle agenzie, Abd al-Fattah Allam, esponente di spicco di Al-Azhar, ha
dichiarato “che l’istituzione di cui fa parte non era stata messa al corrente
della visita della delegazione, di cui avrebbe dovuto partecipare l’Imam della
Grande Moschea capitolina, Ala Eldin Mohamed Ismail al Ghobashy.
 
Generalmente, ha detto il fiqh di Al
Azhar, “adottiamo una posizione positiva” nei   confronti delle
iniziative di dialogo interreligioso, ma “quello tra Islam ed Ebraismo non
è contemplato finché non saranno restituiti i propri diritti a chi ne è
titolare”. Un implicito riferimento quindi alla   eterna crisi fra
palestinesi e israeliani.
 
Come si diceva, questa visita – saltata per motivi politici internazionali –
era connessa ad analoga iniziativa presa dai vertici della comunità ebraica
romana il 13 marzo 2006, allorché scoppiò la storia delle vignette su Maometto del
giornale danese Jillen Post. In quell’occasione, Di Segni e Leone Paserman, presidente
della comunità ebraica capitolina, si recarono in moschea a  portare la
solidarietà religiosa degli ebrei a quei musulmani che si erano sentiti offesi.

Evidentemente, però, l’antisemitismo di fondo della società egiziana, che trova
proprio in Al Azhar la propria punta di diamante (l’università è stata lasciata
da Mubarak alla mercé dei Fratelli Musulmani per quieto vivere con l’estremismo
islamico locale), non ha permesso questo gesto di distensione tra islam ed
ebraismo. Né un gesto di gratitudine da parte della moschea di Roma. La vicenda
appare chiaramente condizionata, se non eterodiretta dai paesi arabi ed è quanto
mai grave perché verificatasi in territorio italiano.