“No munnezza tax”. Così il Pdl cerca di prendersi il Sud
17 Maggio 2011
Quando i comunisti erano gente seria si ponevano il problema, comprensibilissimo ed evidente per chi è nato nel Sud Italia, della cosiddetta "questione meridionale". Da Gramsci in avanti, abbiamo letto saggi e saggi su come doveva unirsi il Paese, antropologicamente prima ancora che economicamente. Poi il Pci è diventato Pds, il Pds è diventato Ds e dalla questione meridionale siamo passati alla "primavera bassoliniana", che oggi è sotto gli occhi di tutti, una bella fiction piena di rifiuti sotto il sole. A Napoli, il Pd del prefetto Morcone si è fermato al 20 per cento, anche meno. A questo si è ridotta la sinistra democratica nella capitale morale del Sud. Non è chiaro cosa abbia da festeggiare il segretario Bersani, visto che dalla Campania alla Calabria il Mezzogiorno è off-limits per il Pd. A meno che le cose non stiano diversamente da come ce le raccontavano fino a ieri, e cioè che dopo tanto mostrarsi diversi, democratici e moderati, e anche libertari ed ecologici, in una parola veltroniani e vendoliani, Pd e SeL adesso non ci penseranno due volte a schierarsi con l’ex magistrato Luigi De Magistris al ballottaggio. I giustizialisti vinceranno grazie al voto democratico e di sinistra.
Il problema del Pdl nel Mezzogiorno oggi non è il Pd, ad eccezione della Salerno dominata da Vincenzo De Luca, il "podestà rosso" che non piace alla nomenclatura del partito perché accusato di governare troppo ‘da destra’. I veri avversari sono diventati i giustizialisti, il partito delle manette, che si è saldato con l’estrema sinistra vetero-comunista, schierata compatta con De Magistris al primo turno (SeL è arrivata dopo). Il masaniello del Vomero può contare tanto sull’Idv quanto sulla Federazione dei Comunisti Italiani (Rifondazione, PDCI, eccetera), sui Caruso e gli antagonisti dei centri sociali che parteciparono alla battaglia, eversiva, di Pianura (insieme a neofascisti, camorristi e ultras del Napoli).
Dalla sua roccaforte pugliese, Nichi Vendola fa sapere ai suoi che devono correre "ventre a terra" per far vincere De Magistris al ballottaggio. L’antiberlusconismo è un collante di ferro, che spinge forze diversissime tra loro a coalizzarsi, quelle autoritarie e populiste dei Di Pietro, degli Emiliano e dei De Magistris, e gli spezzoni del movimentismo (un tempo) antiautoritario dei vendoliani, i vetero-comunisti (più abituati all’ordine), gli antagonisti (che dalle tute bianche sono passati alla divisa blu). L’emerito professor Pasquino, Terzo polo, 9 per cento dei consensi, non aiuta il Pdl quando si mette a dare pagelle, impartendo un bel "ventotto" per De Magistris per la sua campagna elettorale e una sonora bocciatura a Lettieri. La disaffezione dalla politica, l’astensionismo (40 per cento al primo turno), sono la ciliegina sulla torta che De Magistris si è trovato inaspettatamente fra le mani.
Cosa deve fare il Pdl per imporsi nel Sud? Il "no munnezza tax" di Lettieri finora ha funzionato, compattando l’elettorato berlusconiano. I tradizionali asset del movimento conservatore permettono ancora a chi li maneggia con destrezza di raccogliere voti e consenso. Caserta era governata dal centrosinistra. Pio del Gaudio, il candidato del Pdl, ha fatto una campagna elettorale dai toni normalizzanti ma intransigente nella opposizione alla TARSU, l’odioso balzello che costringe tanti italiani a pagare per un ciclo di smaltimento dei rifiuti che le rispettive amministrazioni locali non riescono a svolgere adeguatamente. Del Gaudio ha preso il 52 per cento dei voti, diventando sindaco al primo turno. L’asse tra Pdl e Udc, che replica quello al governo della Regione, permette al centrodestra di imporsi anche in altre città nel Sud Italia, quando ci sono slogan chiari e idee radicate. A Catanzaro, il vecchio missino Michele Traversa è stato eletto con il 62 per cento. Idem Reggio Calabria, Demetrio Arena ha vinto con il 56,2 per cento. A Cosenza, l’architetto Mario Occhiuto corre al ballottaggio, ma l’accoppiata Pdl-Udc è al 45 per cento mentre Enzo Paolini, di SeL, è fermo al 26 per cento (i piddini al 15…). Importanti città della Calabria sono passate sotto il governo del centrodestra senza che Bersani se ne accorgesse.
Per imporsi ai ballottaggi e fare del Sud Italia il suo granaio di voti il Pdl deve spingere sulle battaglie intraprese dai candidati che nel mezzogiorno hanno già vinto, riproponendo e scippando, per così dire, alla sinistra la vecchia "questione meridionale". Ieri Francesco Forte ha spiegato chiaramente che significato ha questa battaglia per la classe dirigente liberale, da un punto di vista fiscale, del lavoro, delle grandi infrastrutture per modernizzare il Paese. Da Napoli a Cagliari, nella Sardegna che si è riscoperta "rossa" (il 35enne figlio d’arte Massimo Zedda, vendoliano, insidia Massimo Fantola, riformatore poco convincente del fu "Patto Segni"); dalla Crotone del piccolo grande flop Dorina Bianchi alla già citata Cosenza del favorito architetto Occhiuto; che si tratti di aprire a Casini e riaccogliere i futuristi delusi, di dare una scossa agli astensionisti, solo arginando l’insorgenza giustizialista e vendoliana nel Mezzogiorno il governo Berlusconi potrà vincere fino in fondo una parte importante di queste elezioni amministrative.