No Tax area: dalla parte dei piccoli comuni e delle periferie degradate

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No Tax area: dalla parte dei piccoli comuni e delle periferie degradate

27 Dicembre 2016

L’idea di una No Tax Area per le periferie l’ha lanciata lo scrittore Roberto Saviano durante una intervista con Michele Santoro, chiedendo nuove norme per la defiscalizzazione delle aree metropolitante più degradate, com’è accaduto in altri Paesi europei. Proposta che non dovrebbe lasciare sordo quel Centrodestra che all’epoca dei governi Berlusconi – ministro dell’economia Giulio Tremonti – aveva puntato su zero tasse e fiscalità di vantaggio per attrarre investimenti com’è accaduto a Londra o Dublino. Proposta che ancora oggi, dalla Lombardia a guida Maroni alla Liguria di Toti, resta un cavallo di battaglia per ridurre almeno il peso del fisco a livello regionale.

Si tratta di esperienze che avrebbero un impatto ancora maggiore se applicate alle città del nostro Mezzogiorno, quel Sud condannato ormai da anni a finanziamenti e contributi a fondo perduto, vincolati da una logica ‘spartitocratica’ e clientelare che non ha certo cambiato la vita a chi fa impresa e ragiona invece in termini di mercato. Servono incentivi, non sussidi, per quel vasto mondo di piccoli imprenditori, commercianti, artigiani, partite Iva che potrebbero scommettere sulle periferie “dimenticate” descritte da Saviano, spesso prigioniere della criminalità organizzata. Una No Tax Area per i comuni del Sud che andrebbe certamente negoziata con Bruxelles ma che può ricostituire un minimo di tessuto produttivo distrutto da decenni di gogna fiscale, distorsioni nelle mediazioni tra imprese e partiti, degenerazioni burocratiche e corporative, fino ai tanti episodi di corruzione.

Proposte per il sud che si potrebbero legare ad altre azioni, zero tasse per i giovani che restano a studiare nelle università meridionali, ad esempio, in modo tale da rendere attrattivi questi territori, e i loro poli scientifici, per le produzioni ad alto valore aggiunto, come ha suggerito il manager Francesco Delzio. E il Centrodestra forse può trovare nel Movimento 5 Stelle un alleato per introdurre il tema nel l’agenda politica; certo non nel Partito democratico che ormai vince solo nei quartieri-bene delle grandi città, e che con Renzi ha mantenuto il vecchio sistema tassa e spendi tipico della sinistra, aggiungendo le famose mancette elettorali. 

I piccoli comuni sono l’altro grande capitolo che dovrebbe rientrare sotto il cappello della No Tax Area. I paesi sotto i cinquemila abitanti che si stanno spopolando lentamente e vanno salvaguardati e rivitalizzati. Spiega Eugenia Roccella, parlamentare del movimento IDEA: “Oggi questi paesi, che hanno un valore storico, artistico, naturale enorme, stanno morendo”. Questo però ha un effetto anche sull’ambiente: “L’antropizzazione – spiega la parlamentare – quando non è urbanizzazione selvaggia, permette di salvaguardare i territori e di riportarli a nuova vita; estendere la No Tax area ai piccoli comuni italiani è un modo per favorire questi processi”. 

Esperienza paradigmatica, da questo punto di vista, è quella realizzata in Abruzzo, a Santo Stefano di Sessanio, nell’aquilano, dall’architetto Daniele Kihlgren. L’architetto è stato capace di riportare alla vita un piccolo borgo di cento anime, a milleduecento metri sul Gran Sasso, creando una esperienza che ha fatto scuola: il cosiddetto “albergo diffuso”, nel suo caso, il Sextantio. L’albergo aperto da Kihlgren si incunea perfettamente nel territorio che lo ospita e nelle costruzioni storiche del paese, preserva e valorizza “l’integrità del patrimonio paesaggistico di questi borghi storici”, come scrive Kihlgren, ma soprattutto ha invertito il trend che rischiava di rendere Santo Stefano di Sessanio un paese fantasma, portando lavoro: 25 dipendenti e 300 persone che lavorano nell’indotto. Tutto questo nel rispetto delle regole sulla sicurezza (il terremoto del 2009 non ha intaccato la struttura). 

E’ solo un esempio di cosa possono fare gli imprenditori quando hanno una visione e vengono lasciati liberi di esprimerla. Ma la proposta della No Tax Area per i piccoli comuni e le periferie degradate è percorribile dal governo clone che sta guidando attualmente il nostro Paese? Un governo ‘a tempo’, benché il presidente della repubblica Mattarella abbia ricordato che ha “pieni poteri”? Nella road map di Gentiloni la voce “Sud” appare, ma al di là della presentazione (l’ennesima) della Salerno-Reggio, nel “milleproroghe” atteso in Parlamento ci sarà posto per le proposte appena descritte, o per altre? La legge sulla valorizzazione dei piccoli comuni, una norma passata alla Camera a grande maggioranza, è bloccata in Senato: 100 milioni dal 2017 al 2023 per il rilancio dei centri storici, del turismo, della banda larga e degli incentivi agli insediamenti produttivi e alle attività agricole dei nostri campanili. 

5.585 comuni italiani aspettano questo segnale ma non è scontato che arrivi, con un governo impelagato tra il salvataggio di Monte Paschi, qualche inchiesta scomoda che lo lambisce e la nuova legge elettorale. Tanto più, allora, pensando ai prossimi appuntamenti elettorali, il Centrodestra deve intestarsi la battaglia “No Tax” per le periferie degradate e i piccoli comuni italiani che si spopolano, nel contesto di un Mezzogiorno – l’eterna ‘questione meridionale’ – dimenticato dal governo Renzi. Del resto, l’esperienza degli Stati Uniti insegna che la destra trumpista ha vinto nell’America profonda ma anche nelle grandi periferie delle metropoli corrose dalla crisi…