Nobel per la pace a Liu Xiaobo, recluso in carcere per la democrazia
08 Ottobre 2010
E’ il dissidente cinese Liu Xiaobo il premio Nobel per la pace 2010. Una scelta coraggiosa, considerando che il neo-nobel sta scontando una condanna ad 11 anni di carcere per “istigazione alla sovversione” ma che sembra trovare d’accordo la popolazione cinese, che a tempo di record si è assembrata davanti alla sua casa per manifestagli appoggio. Di tutt’altro avviso Pechino, secondo cui l’assegnazione è “contraria ai principi del premio”.
La notizia, che ha fatto il giro del mondo in pochi minuti, non è ancora arrivata alle orecchie del diretto interessato, ancora ignaro di tutto. Il premio prevede inoltre un assegno da 10 milioni di corone svedesi (1,5 milioni di dollari) e verrà consegnato a Oslo il 10 dicembre ma non è ancora chiaro chi lo ritirerà. C’è la possibilità infatti che a Liu non venga concessa l’opportunità di volare in Norvegia.
Liu, che aveva già trascorso alcuni periodi in galera, è attualmente in stato di reclusione con l’accusa di essere tra i promotori di Carta08, il documento favorevole alla democrazia che è stato firmato da più di 2mila cittadini cinesi. Proprio per questo che nelle motivazioni al premio il presidente del Comitato Thorbjoern Jagland ha ricordato come lo status della Cina “come seconda economia mondiale le impone delle responsabilità”. Jagland ha poi aggiunto che Liu è stato scelto “per la sua lotta lunga e non violenta per i diritti umani fondamentali in Cina. Il Comitato ritiene da molto tempo che ci sia uno stretto legame tra i diritti umani e la pace”.
Carta08 era infatti stato modellato sul documento diffuso nel 1977 da un gruppo di intellettuali cecoslovacchi tra cui un altro premio Nobel, lo scrittore ed ex-presidente ceco Vaclav Havel in cui i firmatari si impegnavano a “battersi individualmente e collettivamente per il rispetto dei diritti umani e civili nel nostro Paese e nel resto del mondo”. Secondo Carta08, in accordo con la precedente missiva, il popolo cinese “comprende molti cittadini che vedono chiaramente che la libertà, l’uguaglianza e i diritti umani sono valori universali dell’umanità e che la democrazia e un governo costituzionale sono le istituzioni fondamentali per proteggere questi valori”. Decine di intellettuali parteciparono alla stesura del documento, in un processo che si è protratto per mesi. Il documento venne infine reso pubblico alla fine del 2008 con 303 firme di scrittori, avvocati, giornalisti, accademici e cittadini ordinari, ma solo Liu Xiabo pagò con il carcere.
Immediate le reazione da tutto il mondo. "Un forte messaggio di sostegno a tutti quelli che nel mondo, qualche volta con grandi sacrifici personali, combattono per la libertà ed i diritti umani" secondo il presidente della Commissione europea, Jose Manuel Durao Barroso."Mi congratulo con Liu Xiaobo": così l’ex premier spagnolo Josè Maria Aznar dopo l’assegnazione del premio. "Premiare con il Nobel per la pace Liu Xiaobo è il riconoscimento della comunità internazionale all’innalzamento della voce tra il popolo cinese per premere la Cina attraverso riforme politiche, legali e costituzionali" ha chiosato il Dalai Lama, leader tibetano in esilio e premio Nobel per la Pace a sua volta in un messaggio di congratulazioni. "Sono molto lieto del fatto che siano stati riconosciuti il suo coraggio e la sua instancabile difesa dei diritti umani. Accolgo con favore questa decisione coraggiosa, che invia al mondo il segnale che i diritti umani verranno tutelati. Incoraggerà altri a portare avanti questa lotta", ha invece dichiarato il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle nel corso di una conferenza stampa a Berlino.
A questo punto si moltiplicano gli appelli alla liberazione di Liu. In prima fila la moglie, che si è detta "felicissima" e chiede «con insistenza» al governo cinese di scarcerare il marito. La notizia ha avuto immediata eco pure a Hong kong. Una ventina di esponenti del Partito Civico si sono riuniti sotto l’Ufficio di collegamento con Pechino, la rappresentanza del governo cinese nell’ex colonia britannica, chiedendo l’immediata liberazione di Liu. Anche la Francia ha invece lanciato un forte appello alla Cina per ottenere la liberazione di Lin Xiaobo. il dissidente cinese ricompensato oggi con il Nobel per la Pace 2010. Lo ha detto il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner. Da parte sua, Amnesty International ha chiesto alle autorità cinesi di rilasciare tutti i prigionieri di coscienza, "Il premio Nobel per la pace a Liu Xiaobo è un riconoscimento importante. Speriamo che terrà accesi i riflettori sulla lotta per le libertà fondamentali e per i diritti umani per cui Liu Xiaobo e altri attivisti cinesi si battono", ha dichiarato in una nota Catherine Baber, vicedirettrice del Programma Asia Pacifico.
Ma la sua difficile storia parte da molto prima. Nato nel 1955 nella città industriale di Changchun, nel nordest della Cina, era un professore universitario di letteratura quando scoppiò il movimento studentesco del 1989 e fu tra gli intellettuali che si schierarono con i giovani, partecipando con i dirigenti studenteschi Wang Dan e Wùer xi alla fondazione della Federazione Autonoma degli Studenti che fu la struttura portante delle proteste. Più volte partecipò a fianco degli studenti ai tentativi di dialogo con le autorità.
La situazione su piazza Tiananmen precipitò alla fine di maggio quando fu chiaro che i riformisti del Partito Comunista, guidati dal segretario Zhao Ziyang, erano stati sconfitti e che il leader supremo Deng Xiaoping aveva scelto la via della repressione. Il primo giugno, insieme al popolare cantante taiwanese Hou Dejan, aderì allo sciopero della fame proclamato dagli studenti ma nei giorni successivi – secondo Andrew J. Nathan e Perry Link, autorevoli sinologi e responsabili della pubblicazione del libro The Tiananmen Papers -, si adoperò per cercare di convincere i giovani ad evacuare la piazza prima dell’intervento dell’esercito. Non ebbe successo e il 4 giugno i soldati dell’ Esercito di Liberazione Popolare sgombrarono la piazza con la forza, uccidendo centinaia di persone.
Pochi giorni dopo, accusato di essere una delle “mani nere” che secondo il Partito Comunista Cinese manovravano gli studenti fu arrestato e trascorse 18 mesi in prigione dopo essere stato condannato come “controrivoluzionario”.
Nel 1995 fu poi condannato a tre anni in un campo di “rieducazione attraverso il lavoro” per aver diffuso articoli critici verso il governo. Scontata la pena, gli fu vietato di continuare ad insegnare. L’ ex-professore continuò comunque a criticare il regime autoritario con saggi e articoli che venivano pubblicati all’estero e diffusi clandestinamente in Cina.
Diventato negli anni uno dei principali punti di riferimento per i dissidenti cinesi e gli attivisti dei gruppi internazionali per i diritti umani, raccoglie oggi una sorta di “premio alla carriera” meritato quanto amaro.