In America tutto è più grande, più estremo, appassionato, vitale e violento che altrove.
Il senso del dovere e quello della ribellione, il patriottismo e l’individualismo, l’appello a Dio e il traffico col diavolo. Se in Italia le Università sono luoghi di noia e frustrazione, in America sono piccole città fatte della stessa pasta della vita, con gli stessi orrori e meraviglie. Se in Italia abbiamo il bullismo e il filmatini pruriginosi su you-tube , nelle scuole americane ci sono stragi “monumentali” senza nome e senza ragione.
La vita quando è libera ed esposta a tutti i venti e a tutte le suggestioni del mondo produce geni e mostri, ingloba tutto il meglio e tutto il peggio che trova e che è umano: l’amore, l’odio, la violenza, la tenerezza. Tutto al grado estremo della sensibilità di un paese che si è fatto diapason dei tempi. Quando la vita è chiusa e rancida produce lagne e malesseri di routine.
Non siamo qui a dire che invidiamo all’America, Virginia Tech e Columbine, ma per dire che la invidiamo nonostante quelle. Siamo senza fiato al pensiero del dolore dei familiari e amici dei ragazzi uccisi da un folle mentre progettavano la loro vita futura nel miglior cantiere dell’eccellenza americana. Ci piacerebbe immaginare che le scuole, i luoghi di istruzione, fossero come sacri e avessero un magico statuto di inviolabilità che bandisse odii e violenze dai loro confini. Sarebbe giusto. Ma non c’è più nulla di inviolabile: non templi o chiese, non feste sportive né asili d’infanzia, non resti storici e neppure il proprio stesso corpo quando si suicida uccidendo. Il dolore per i morti di Virginia Tech è palpabile e sparso per il mondo come le provenienze delle vittime. Ma non ci consolano d’un’oncia le spiegazioni sociologiste che appaiono sempre così zoppe e incomplete, quasi infantili, davanti al mistero della mente umana e dei suoi abissi.
Il ritratto di un’America violenta e disperata, che magari si vuole far corrispondere in termini di psicologia di una nazione al “pantano” iracheno, ci pare meschino e degno di vivere meno della pagina di giornale su cui è scritto (ed è stato molto scritto). Allo stesso modo non persuade l’indice puntato contro la disponibilità di armi e la polemica sul secondo emendamento che dice inviolabile il principio di possedere e portare armi. Certo in America è più facile che altrove portarsi a casa una pistola. Ma è solo una scorciatoia alla determinazione assassina che si rivela in queste mattanze. Senza quello il gioco diverrebbe appena un po’ più complicato, forse più intrigante o magari più orribilmente creativo.
Il Canada celebrato da Michael Moore come il paese delle porte aperte e del bando alle armi ha avuto episodi simili: nel 1989 a Montreal, la più europea delle città canadesi, un uomo armato di fucile e senza porto d’armi uccise 14 studentesse dell’ École Polytechnique. E basterebbe conoscere un po’ d’America che non sia New York o San Francisco per capire il legame che gli americani hanno con le armi e l’idea dell’autodifesa. Quella gran parte del paese dove lo sceriffo più vicino ci metterà un giorno a venirti in aiuto e tu e la tua famiglia potete contare solo su quel fucile appeso all’uscio in caso di pericolo. In realtà non c’è consolazione ed è inutile cercarla sui terreni della logica o della recriminazione. Queste cose continueranno inspiegabilmente ad accadere ma i migliori giovani del mondo continueranno spiegabilmente a scegliere le Università americane per costruirsi una vita senza paura di trovarci la morte.
Forse in Italia le
Forse in Italia le universita’ sono luoghi di noia ma la colpa è di professori che invece di invogliare alla conoscenza combattono la sfida quotidiana con gli studenti,incominciamo ad insegnare i valori dalle famiglie proponendo modelli meno violenti ,questo non accade mai nelle televisioni o al cinema e allora non lamentiamoci di fronte a queste tragedie.
Invidiare
“Non siamo qui a dire che invidiamo all’America, Virginia Tech e Columbine, ma per dire che la invidiamo nonostante quelle.”
Che cosa abbiamo da invidiare? L’esportazione della democrazia a scopo di lucro o le lampanti falsità istituzionali sull’11 settembre? Oppure la stratosferica percentuale dei morti ammazzati procapite rispetto a quelli europei? O la così bassa partecipazione al voto democratico da fare invidia ad un paese del terzo mondo oppure la pervicace applicazione della pena di morte da paese medioevale?
W l’America
w l’America, dunque.
E abbasso la noiosa Europa.
Io non li invidio
Come mai, caro autore, queste cose accadono in America? Come può un paese che fa spesso ricorso a Dio, giustificare questo? Come si permette un presidente con le mani insanguinate, sempre sul piede di guerra, in casa come fuori casa, di esportare la democrazia? Come si può comprare 2 pistole con il solo certificato di residenza, e prendere migliaia di munizioni in un Wall Mart?Ecco i risultati.
No, caro autore, io non li invidio. Nell’Italietta degli scandali, corrotta, mafiosa, perlomeno resta ancora un minimo di buon senso.
strage a virginia tech
Trovo molto equilibrato l’editoriale sulla strage a Virginia Tech, tuttavia ascoltando Prima Pagina di oggi 18 aprile, ho da fare una domanda e una considerazione.
La domanda: non sarà che lo studente autore della strage fosse in preda alla cocaina? Quando si cova odio e risentimento si passa facilmente, sotto effetto di droghe, dall’intenzione all’atto. Lo si vede anche in casi di violenza non necessariamente situata negli States.
La considerazione:Mi sembra che il conflitto, la sfida, la voglia di vincere e di farsi strada a tutti i costi sconfiggendo i “competitors” siano
quasi iscritti nel DNA del popolo americano. Il gesto dello studente stragista è la protesta estrema, per quanto esecrabile,per un’impotenza a realizzare il mito americano del successo a tutti i costi.