Non bastano gli U2 per ricordare ai giovani tedeschi cos’era la DDR

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Non bastano gli U2 per ricordare ai giovani tedeschi cos’era la DDR

08 Novembre 2009

Vent’anni fa cadeva il Muro di Berlino. Le immagini di quegli studenti e intellettuali che festanti si intrecciavano per le vie della Capitale tedesca, scorrevano nelle televisioni della Germania e dell’Europa intera. Il Secolo breve era finito (almeno simbolicamente), l’emblema del potere oppressivo stava crollando insieme al regime sovietico e il mondo da allora non sarebbe stato più lo stesso.

Berlino ricorderà domani quel 9 novembre 1989 e per l’occasione la città si è trasformata in un palcoscenico destinato a ospitare la “Festa della Libertà”, a cui, secondo stime ufficiali, parteciperanno oltre centomila persone, il triplo rispetto al decennale. La cancelliera Angela Merkel, che non ha mai smesso di ricordare la sua ‘meravigliosa infanzia’ trascorsa nella Ddr (la Repubblica democratica tedesca), ha invitato all’evento tutti i capi di Stato e di governo dei Ventisette, senza celare il proprio dispiacere per l’assenza del presidente americano, Barack Obama.   

Formalità politiche a parte, cosa rimane ai giovani tedeschi di quel 9 novembre? Ora che Est e Ovest non ci sono più, sono ancora in pochi ad aver compreso la portata di quelle giornata e le sue conseguenze inevitabili, se si esclude un po’ di nozionismo scolastico. La vecchia Berlino Est continua ad essere il rifugio di artisti e intellettuali bohemien, un po’ come facevano i loro fratelli più grandi, compresi quelli italiani, quando andavano in pellegrinaggio a Kreutzeberg negli anni Ottanta, sognando di vivere sotto il Patto di Varsavia come i CCCP-Fedeli alla Linea, affascinati dai gialli alla "Gorky Park" e dalle tavole in iperrealismo socialista di un Igort.  

Troppo impegnati a seguire i trend europei, i ventenni berlinesi di oggi tendono a dimenticare il passato, segnato dalla caduta del Muro ma prima ancora dalle due crisi di Berlino. Nel 1948, quando Stalin cercò di impedire i rifornimenti alla città per allontanare gli occidentali dalla zona Ovest, ma fu costretto ad arrendersi davanti agli alleati sempre più decisi a forzare il blocco. E ancora tredici anni dopo, quando il 13 agosto del 1961 il Muro era lì che si ergeva nel bel mezzo della Capitale, come un altro asso nella manica del regime sovietico, dopo il patto Molotov-Ribbentrop, le forche di Praga e i carri armati di Budapest.  

Oggi che il Muro non c’è più, né politicamente, né fisicamente, si fa fatica a ricordarlo. Quella barriera di cemento, simbolo della Cortina di ferro, che per ventotto anni ha diviso in due Berlino, lascia il posto alle opere degli architetti moderni. Chi si reca a Potsdamer Platz e a Kochstrasse, convinto di ammirare ciò che resta del Muro, non trova altro che piccole tracce di cemento oltre a un inevitabile senso di smarrimento. L’esodo di chi in quegli anni cercò di fuggire dal regime della DDR in cerca di una realtà “normale” è spesso sconosciuto agli studenti, così come i nomi di quelle 133 persone che furono uccise dai Vopos mentre cercavano di scavalcare il Muro verso  la libertà. Fra tutti, Chris Gueffroy, l’ultimo ragazzo ucciso dai Vopos nel febbraio del 1989.

Le differenze fra Est e Ovest sembrano essere superate, anche grazie alla notevole crescita economica vissuta dalla Germania negli ultimi anni: “Le condizioni di vita dei cittadini dell’Ovest e quelli dell’Est si sono equiparate”, ha spiegato la cancelliera Merkel. Il progresso, il tifo per la nazionale e le passeggiate pomeridiane ai Kadewe, un tempo simbolo del consumismo occidentale, hanno avvicinato le nuove generazioni. Ma ci sono delle lacune storiche ancora da sanare e che fanno temere il peggio: che alla rimozione fisica segua la perdita della memoria, una frattura insanabile con il passato, che nessun concerto di Bono organizzato ad hoc potrà mai colmare.