Non c’è niente di più bello di trovare nella posta un sacco di cartoline
20 Agosto 2009
Solito sole, soliti bagni, soliti litigi sciocchi.
Solite riappacificazioni, solite birrette come aperitivo, soliti scatti fotografici all’ora del tramonto.
Insolito benessere, da un anno a questa parte, nella mia solita vita.
Sono quasi le 7, ordiniamo la seconda birra seduti in un bar a pochi passi dalla spiaggia, ci portano anche olive, capperi e stuzzichini.
“Ma cosa si può desiderare di più dalla vita?” mi chiede Mario sgranocchiando una manciata di patatine alla paprika.
“Ricevere delle cartoline!” dico io sottovoce, manco gli avessi rivelato il terzo segreto di Fatima.
Mario mi guarda perplesso, fronte aggrottata e testa china da un lato. Sembra un cagnolone.
D’istinto gli accarezzo i capelli, mi verrebbe anche da lanciargli una patatina, giusto per vedere se si butta a prenderla al volo, ma intorno c’è troppa gente e mi trattengo.
Lo faccio nella mia mente. La lancio, lui la segue con lo sguardo, scatta dalla sedia e la prende coi denti. Poi torna da me masticando orgoglioso, mi poggia la testa sulle ginocchia e scodinzola.
Cosa vorrà dire? Sarà metafora di qualcosa o è solo la mia follia che gioca a rimpiattino?
Opto per la seconda e proseguo col discorso, come se non avessi mai avuto dei pensieri in vita mia.
“Sì, cartoline, budino mio… Prima di partire per le ferie ho ricevuto un sacco di mail, di saluti su facebook, di abbracci virtuali, baci virtuali, sorrisi virtuali, drink virtuali… Ma niente è paragonabile al tornare a casa e trovare la cassetta delle lettere piena di (sospiro) cartoline… Quando ero piccina ne ricevevo un mucchio”.
“Mi sa che ti devi rassegnare ciccia, le cartoline sono fuori moda”.
“No! Casomai le cartoline sono vintage! Niente è più fuori moda… Ti ricordi che bello? Aprivi la buca delle lettere e toccavi con mano il pensiero che una persona aveva mandato a te, proprio a te, capisci? Riconoscevi la calligrafia, le firme… A volte ne arrivavano di certe, orribili! Però erano belle lo stesso. Scriviamo delle cartoline a tutti, amore mio?”.
Mezz’ora dopo eravamo alla terza birra piccola e alla quinta cartolina scritta.
Decido di spedirne una anche a mia mamma e chiedo a Mario di firmarla. Lui tentenna ma poi inforca la bic e scrive “saluti da Mario, il barbaro invasore che ama sua figlia”.
Ceniamo con pesce a volontà e vino bianco, e mi sento una dea.
Raggiungo il massimo della felicità quando chiedo a Mario di portarmi a fare un giro intorno al faro di San Vito Lo Capo e lui acconsente.
Da bambina uno dei miei sogni preferiti era quello di diventare una guardiana del faro, vivere su una piccola isola e leggere tutto il giorno. Ora mi accontento di guardarne uno, dal basso verso l’alto, mentre il mio Ciccio pasticcio mi tiene per mano.
Buffa la vita. Bellissima, però.
Il faro è imponente, tutto intorno solo noi, il silenzio e una notte ventosa.
Decidiamo di stenderci per terra a caccia di stelle cadenti.
I bagliori ritmici del faro infondono sicurezza, sono come una musica dolce da cui farsi cullare.
Cullare, culla, bambino.
Associazione mentale facile facile.
“Mario, ma tu lo vuoi un figlio?”.
E’ visibilmente spiazzato. O forse no?
“Sì. Però magari tra un po’ eh ciccina! E solo se mi prometti che avrà i tuoi occhi”.
Lo bacio e alzo lo sguardo al cielo in cerca della stella giusta con cui confidarmi.
Una goccia mi centra in pieno l’occhio sinistro.
Cavolo piove!
Metafora di qualcosa? Segno del destino? La mia follia corre più forte.
“Facciamo il bagno di mezzanotte? Tanto siamo già bagnati…”.