Non c’è pace per le strade di Gerusalemme
02 Luglio 2008
Le immagini della tv israeliana mostrano un autobus divelto, accasciato sul marciapiede. Lo circondano polizia e uomini di soccorso, trasportando i feriti sulle barelle. La gente che passa, attonita, guarda la scena: chi telefona, chi si dispera. Quello che vedono è il risultato di un attentato avvenuto questa mattina a Gerusalemme, il primo da quando un palestinese – a marzo – entrò in una scuola religiosa nella parte ovest della città uccidendo 8 studenti. Oggi i dati ufficiali parlano di 3 morti e oltre 50 feriti.
Altre immagini – insieme alle parole dei testimoni – raccontano la dinamica dell’evento: pochi minuti prima, un palestinese alla guida di un bulldozer si è scagliato contro un autobus pieno di passeggeri in Jaffa Street, una delle strade più trafficate di Gerusalemme. È da poco passato mezzogiorno: l’autobus si rovescia, tre persone perdono la vita e molti restano feriti. La polizia non perde tempo e punta all’attentatore: le immagini mostrano un uomo della sicurezza che sale sul bulldozer e spara in testa al conducente, uccidendolo.
Un testimone, sentito dal quotidiano Haaretz, racconta di come il bulldozer abbia anche "sradicato un’automobile come fosse un giocattolo". Yaakov Ashkenazi, uno studente di 18 anni, ha avuto la sventura di passare da quelle parti: "Ho visto il bulldozer colpire l’auto con la sua pala. Ha schiacciato il conducente. Molti sono rimasti scioccati: "Ho visto un ragazzo dare fuori di matto" racconta Yosef Spielman "tutti cercavano di scappare, non c’era altra scelta". Tra i testimoni, molti sono rimasti feriti. Esther Valencia, una donna di 52 ani, è viva per miracolo: "Mi ha quasi colpito. Qualcuno mi ha spinto via all’ultimo momento. È un miracolo che ne sia uscita viva". La sicurezza, secondo Moshe Oren, non aveva scelta: "L’unico modo per fermarlo era un proiettile in testa".
Mentre i primi soccorsi intervengono in Jaffa Street, la polizia israeliana identifica l’attentatore: ha precedenti penali ed è residente nella parte araba di Gerusalemme. Da Gerusalemme est – i cui abitanti hanno libero accesso alla parte ovest della città – proveniva anche il responsabile del recente attacco alla scuola ebraica. Il pensiero dei politici e dei cittadini israeliani corre inizialmente ad Hamas, la frangia estremista palestinese di stanza a Gaza impegnata in una fragile tregua con Tel Aviv. L’attacco, però, è giunto poche ore dopo la riapertura dei valichi con la Striscia da parte di Israele: per la prima volta da un anno a questa parte, Tel Aviv ha permesso il passaggio di materiale da costruzione nelle zone controllate da Hamas.
È vero che questa mattina i palestinesi della Striscia hanno cercato di forzare il valico di Rafah, scontrandosi con la polizia egiziana, ma l’attentato sembra avere poco a che fare con Gaza. E infatti la voce di Hamas non si fa attendere: Abu Zuhri, portavoce dell’organizzazione, dichiara di aspettarsi che l’attentato "non influenzi la tregua con Gaza". Secondo Hamas, però, gli israeliani se la sono cercata: "C’è una continua aggressione contro la nostra gente nel West Bank e in Cisgiordania, quindi è naturale che la nostra gente risponda a simili aggressioni". Poche ore dopo, tre diversi gruppi terroristici palestinesi rivendicano l’attentato: ma la polizia israeliana – vista anche l’inedita e particolare dinamica dell’azione – è più propensa a credere che il terrorista abbia agito di propria iniziativa.
Intanto, all’interno del governo israeliano, si è innescato un dibattito: che fare? Il premier Ehud Olmert ostenta risolutezza, chiedendo ai ministri di valutare la possibilità di radere al suolo la casa del terrorista a Gerusalemme est. Dopo aver parlato con il ministro della Difesa Barak, Olmert ha inoltre minacciato di revocare gli stipendi del National Insurance Institute destinati alle famiglie dei terroristi. Il pugno di ferro, del resto, è ormai l’unica opzione per un premier sempre più debole e screditato: negli scorsi giorni, criticato per la gestione della questione Gaza, Olmert aveva dovuto difendersi dall’accusa di arrendevolezza nei confronti di Hamas. La liberazione di prigionieri libanesi in cambio dei corpi di Ehud Goldwasser ed Eldad Regev, infine, non ha certo migliorato la sua immagine presso il popolo israeliano.