Non chiamateli “ribelli”
03 Ottobre 2013
di Joe Galt
Il fatto che ieri sera in tv Laura Puppato e con lei molte altre persone di sinistra abbiano scoperto con stupore che il Pdl non è un partito padronale, come abbiamo sentito raccontare ingiustamente per anni quando si parlava dei rapporti interni al movimento che ha per leader Berlusconi, dimostra due cose.
La prima. Rincorrere le favole sulla "dittatura berlusconiana" è stata solo una delle sottovalutazioni che storicamente hanno impedito a progressisti, democratici e postcomunisti di vincere le elezioni in Italia. La vera capacità del Cav. se mai è stata proprio quella di federare assorbire e reinterpretare dialetticamente le diverse spinte provenienti dal suo schieramento. Era ed è, quando vuole, il suo tocco magico.
La seconda. I cosiddetti "ribelli" (così li chiama la stampa, sorpresa a quanto pare più della Puppato) non sono degli sprovveduti raccattati, ma un gruppo coeso che si è stretto intorno a Letta, con il suo seguito in parlamento, i loro rispettivi bacini di consenso, l’intreccio di centri studi, relazioni, gruppi di pressione, in grado di contarsi e di contare nel centrodestra italiano.
Non sono nati ieri e forse sia Puppato che anche e soprattutto alcuni colleghi pidiellini li hanno sottovalutati, pensando che Berlusconi fosse sordo al richiamo dell’ala moderata, governista e responsabile del partito. E’ andata com’è andata. Certo il Cavaliere sorprende e spariglia più di tutti, ma nel Pdl ci sono sempre state diverse anime che si muovevano e spingevano in una direzione o nell’altra, com’è normale che sia in un grande partito delle democrazie occidentali.
Negli ultimi due anni tutto è avvenuto con maggiore discrezione e in modo meno plateale rispetto al Pd, in maniera trasparente e non ambigua: ricordiamo che dopo la fine del Governo Monti si parlò di Primarie e Alfano scese in campo. Agli addetti ai lavori e per chi non legge la politica come se fossimo allo stadio tutto questo era noto. Ma poi quesgli stessi insider preferiscono raccontare la storia della giornata epica, per comprensibili ragioni professionali. Campale senza dubbio lo è stata.
Insediatosi il Governo Letta, la crisi è sempre stata dietro l’angolo. Per cinque mesi ogni giorno strappato al Governo è parso un grande risultato, tant’è che adesso, un po’ preoccupata, certa sinistra mette subito le mani avanti paventando un bis troppo forte rispetto a quanto si prospettava solo 48 ore fa.
Già da quest’estate ambienti del Pdl, "oligarchie", come le ha stigmatizzate il ministro Quagliariello, avevano preannunciato il countdown verso la "bella morte" dell’esecutivo, ma non è andata così. Il fatto è che le classi dirigenti che si formano, si sviluppano e competono per la guida di un partito non sono un fenomeno da twitter o riassumibile in un titolo di giornale (il discutibile "Alfano tradisce"), ma processi lunghi, soprattutto quando la partita si gioca con fair play e senza facili rottamazioni.
Nel campo avverso proprio Renzi aspetta già da molto tempo. Stiamo a vedere cosa accadrà nella right side. Ma quello che è già accaduto non è così straordinario o inaspettato come si pensa.