Non ci resta che piangere (con Mastella)
08 Ottobre 2007
Lo spettacolo di una folla raccolta attorno
alla figura di un magistrato eretto a profeta dell’antipolitica è ormai banale,
ma conserva sempre una sapore inquietante. Di nuovo Santoro e Mastella. Di nuovo De
Magisrtis e la Forleo. Di
nuovo l’ordinario clichet della
magistratura che cerca di presentarsi come l’unica speranza di salvezza di un
Paese allo sbando e accusa la politica di voltarle le spalle per motivi di
malaffare. A questo punto viene da chiedersi se sia in
primo piano il tema della giustizia o quello della reciproca antipatia tra un
ministro ed uno dei più noti conduttori televisivi di sinistra.
E’, infatti, solo sullo sfondo del conflitto
sempre più serrato tra Santoro e Mastella, che, ad Anno Zero, è emersa la
questione del possibile allontanamento di De Magistris dalla Procura di
Catanzaro. E mentre la platea invocava il nome del magistrato del capoluogo
calabrese, la collega Forleo non si lasciava sfuggire l’ennesima occasione di
rivendicare esplicitamente una posizione da fustigatrice dei costumi dei
deputati o dei ministri di turno.
Mastella, da parte sua, non ha resistito
alla tentazione di reagire, sempre a mezzo stampa, e si è proclamato vittima di
un ennesimo linciaggio, minacciando lo scioglimento del CdA della RAI. Ne viene fuori un’esibizione dai toni che
sfiorano il grottesco e che suscita probabilmente il disgusto dei tanti
cittadini che tutti i giorni sono vittime dei paradossi e del malfunziamento
del sistema giustizia.
Eppure, nonostante lo sconforto che ne
deriva, è impossibile non cogliere quanto siano gravi le affermazioni dei due
magistrati.
E’ effettivamente gravissimo che De
Magistris denunci di essere sistematicamente sottoposto a dei procedimenti
disciplinari per il solo fatto di aver condotto delle indagini contro dei
personaggi eccellenti.
E’ ancora più grave, però, che nessuno si
preoccupi di sottolineare le disinvolture procedurali di cui è accusato. Che
nessuno cerchi di spiegare che la
Procura della Repubblica di Catanzaro è attualmente dilaniata
da una faida tra magistrati che la relega all’immobilismo e all’inerzia,
rendendola incapace di reagire anche al cospetto degli episodi più gravi di
‘ndrangheta.
Se si riflette su queste circostanze, si
comprende forse che non è poi così singolare che il CSM stia pensando ad un
rinnovamento della magistratura calabrese.
Le stesse affermazioni della Forleo, che
denuncia di sentirsi abbandonata per via delle pressioni dei poteri forti,
sembrerebbero suggerire l’immagine di una politica egemone sulla giustizia.
Tuttavia, se si osserva la vicenda da una prospettiva diversa, non è difficile
capire che il GIP milanese è vittima del suo dilagante protagonismo e dei gravi
errori che ha commesso, ad esempio quando ha chiesto al Parlamento italiano
l’autorizzazione ad utilizzare le intercettazioni del Deputato europeo Massimo
D’Alema.
Se davvero la Forleo oggi è isolata è
perché evidentemente anche molti suoi colleghi non tollerano le sue
esternazioni, che non si addicono al delicato ruolo di un giudice e che già in
passato hanno addirittura destato la protesta del Capo dello Stato.
La magistratura avrebbe il dovere di cercare
di emanciparsi dai personalismi di tanti suoi esponenti che sembrano vivere nella
costante ricerca di una facile ribalta.
Probabilmente, infatti, è proprio l’assurda
idea che Catanzaro non possa fare a meno di De Magistris il vero specchio della
crisi della giustizia.
La vicenda del capoluogo calabrese ci
consegna l’immagine poco gratificante di una vera e propria corrente del partito dei giudici che arranca nel
tentativo di inseguire l’ondata di giustizialismo suggerita dal populismo del
Grillo di turno.
La cosa più avvilente è che questo assurdo
scenario costringe chi la pensa diversamente a rifugiarsi nella figura di Clemente
Mastella, improbabile simbolo della necessità di non spogliare la politica
delle sue legittime prerogative.