Non ci vogliamo perdere la trasformazione di Fini in leader del Pdl

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Non ci vogliamo perdere la trasformazione di Fini in leader del Pdl

16 Marzo 2010

Gianfranco Fini va preso sul serio. E’ il presidente della Camera, co-fondatore del Pdl, erede di un partito ricco e strutturato come An, fulcro di un gruppo di politici abili e ambiziosi a lui assolutamente fedeli, punto di riferimento di giornali e fondazioni varie.

Fini ha insomma molte carte nel suo mazzo e dispone delle risorse materiali e politiche per fare mosse che lascino il segno soprattutto in un contesto in cui di politica se ne vede molta poca.

Per questo la nascita di “Generazione Italia” va osservata con attenzione e senza pregiudizi. Contrariamente ai “promotori della libertà” targati Brambilla, la nuova creatura finiana sembra qualcosa di più che una mossa  di carattere elettorale quasi tutta esaurita nel suo effetto annuncio.

Si è discusso sui giornali sulla natura di “Generazione Italia”, ci si è chiesti se essa fosse una più “corrente” nel Pdl o l’ipotesi di un partito alternativo al Pdl stesso. In realtà da una lettura un po’ accorta e scafata dei proclami del suo portavoce, Italo Bocchino, quello che viene fuori è la bozza del progetto con cui Fini intende intestare a sè l’intero Pdl in un orizzonte post-berlusconiano. Magari accelerato dagli effetti collaterali (inintenzionali?) della sua messa in atto.

“Generazione Italia sarà il ponte tra Fini e il partito” ha detto Italo Bocchino in una delle molte interviste sul tema. Fini insomma sente il bisogno di “finizzare” il partito che così com’è non gli piace, lo sente estraneo e lontano, persino ostile. Rinchiuso in una logica di quote che gli appare ingiusta e non corrispondente alle sue potenzialità e al lungo raggio delle sue ambizioni.

Sin dalla sua nascita i rapporti tra Fini e il Pdl sono stati ruvidi, polemici, fatti di strappi e di silenzi imbronciati. I temi scelti dal presidente della Camera per polemizzare con Berlusconi – amplificati dal megafono di FareFuturo – hanno dato a Fini visibilità e spazi di manovra ma lo hanno estraniato dal “popolo delle libertà” e appesantito con sospetti complottardi. Con “Generazione Italia” parte la fase della riconquista.

Dagli strappi di Ff si passa ora ai ricami e alle ricuciture di Gi.  “Non siamo come Farefuturo, – ammette Bocchino – diciamo viva Silvio e viva Gianfranco”.  La strategia – per come è annunciata – appare chiara e anche ragionevole : una opa amichevole sul Pdl aiutata da una riconciliazione con il suo “fondo” berlusconiano e da uno sforzo per marginalizzare i “pretoriani” dell’uno e dell’altro campo.

Se davvero si tratta di questo, noi come osservatori interessati delle cose della politica, ci prenotiamo un posto in prima fila. E’ vero infatti che la questione della successione a Berlusconi è sia intempestiva (le elezioni si vincono con un leader solo) che prematura. Ma è anche vero che non può continuare a essere un tabù impronunciabile. Se Fini mette in moto le sue truppe – pacifiche a quanto pare – per porre seriamente il tema della sua futura leadership del centro-destra, questo è certamente preferibile a quella estenuante guerricciola di trincea da lui condotta sino ad oggi. Si tratta di una iniziativa che ha il pregio della trasparenza e che rimette in moto alcuni ingranaggi politici che si erano inceppati.

Nuove fondazioni, nuovi giornali on-line, convention oceaniche, loghi e colori, tutto quello che ha riempito i giornali sino ad oggi ci appassiona poco. Quello che è interessante è la politica e Fini la sa fare. Il suo percorso di riconquista dei cuori e delle menti dei pidiellini sarà impegnativo e complesso. Dovremmo vedere Gianfranco Fini smettere i comodi panni del politicamente corretto, scendere dall’empireo istituzionale costellato di buoni sentimenti in cui si è intronizzato e fare i conti con la durezza della politica di tutti i giorni.

Le sue parole chiave non potranno essere quelle usate sino ad oggi: dialogo, tolleranza, accoglienza, inclusione, cittadinanza, diritti. Tutto questo è l’armamentario che gli è servito per solleticare il popolo di sinistra a lungo orfano di leader e per far saltare i nervi a Berlusconi. Con quel profilo valoriale non si conquista un partito di centro-destra con ambizioni maggioritarie. Non si vincono le elezioni e non si va al governo.

La nuova strategia di Fini – se di questo si tratta – deve sporcarsi le mani con la carne e il sangue della politica, deve alzare i toni quando è necessario, avere a che fare con la paura come elemento consustanziale del vivere associato e non esorcizzarla alla Fare futuro come un acchiappa farfalle elettorale. Se Fini vuole prendersi il partito e metterlo in condizioni di vincere, ad esempio, deve guardare con meno spocchia e senza ditino alzato al fenomeno di Geert Wilders in Olanda. Non fare come la sua fondazione che lo liquida come razzista e xenofobo senza capire perché potrebbe vincere alla grande le prossime elezioni politiche nel paese più libero e liberale d’Europa.

L’esempio non è preso a caso ma è invece molto rivelatore della temperie che agita la destra finiana e le sue propaggini. Un articolo apparso sul Ffwebmagazine qualche giorno fa concludeva così la sua analisi sul caso Wilders: “In Europa sono possibili due destre: una possiede prospettive, perché culturalmente problematica e inclusiva, un’altra è destinata a raccogliere solo rancori che difficilmente si tradurranno in prospettive politiche. Una ci piace, l’altra no.” Il fatto è che ad essere problematici e inclusivi non si prendono molti  voti.

Se questo è il livello di elaborazione su cosa vuol dire oggi essere "di destra" messo a disposizione del presidente della Camera, la sua Opa sul partito (e ovviamente anche quella sul paese) è destinata a fallire. Se “Generazione Italia” avrà uno sguardo meno vacuo, meno irenistico, meno “inclusivo” sul mondo che la circonda, la cosa si fa più interessante.

La metamorfosi di Fini in leader del centro-destra e possibile premier del paese si annuncia piena di brividi e colpi di scena, teste che ruzzolano, colpi di spada e agguati di pugnale, sangue, sudore e polvere. Venghino signori, lo spettacolo sta per cominciare.