Non è affatto vero che siamo tutti liberali
08 Febbraio 2009
Dopo il crollo del Muro, il pensiero liberale ha fatto letteralmente il pieno. Definirsi suoi adepti è diventato una sorta di moda. Eppure, spiega Giuseppe Bedeschi nella sua interessante raccolta di saggi Liberalismo vero e falso (Le Lettere), “il quadro non è tanto roseo come sembra”. Docente di Storia della filosofia alla “Sapienza”, il Nostro guarda con preoccupazione al rischio che al trionfo segua una situazione tipo melassa, con tanto di segni identitari in caduta libera. Un timore, questo, che nella situazione italiana assume significati particolari. Nello Stivale, per quanto concerne ideologie e affini, un certo ibridismo teoretico è stato infatti di prammatica. E’ il caso di certi mostri sacri del Novecento, a cominciare da Piero Gobetti, “il cui pensiero ha goduto bel nostro Paese di un singolare privilegio: di essere assai apprezzato dai comunisti per la sua definizione della rivoluzione bolscevica come ‘rivoluzione liberale’, per la sua convinzione che la classe operaia, guidata dai comunisti, sarebbe stata la classe dirigente del futuro; e di essere assai apprezzato altresì da alcuni settori liberali, per le istanze di rinnovamento, sociali e politiche, antiburocratiche, antistatalistiche, che egli avrebbe fatto valere”.
In proposito, Bedeschi, attraverso una forma piana e convincente, parla netto e forte quando sostiene che “il suo preteso liberalismo” è “una leggenda”. Ha ascendenze sopratutto gentiliane e, quando si stacca dal filosofo di Castelvetrano, è al culto della violenza soreliana che rivolge le sue attenzioni. Nessuna sorpresa, pertanto, che Gobetti veda nel proletariato rivoluzionario “il soggetto centrale decisivo della storia italiana”, il vero erede di una borghesia oramai in disarmo e che soprattutto consideri il 1917 sovietico tappa saliente della modernità. Il fatto è – spiega sempre il prof – che subiva “l’influenza massiccia” de L’Ordine Nuovo di Antonio Gramsci. Inevitabile così che davanti alle denuncie dei riformisti italiani (tra tutti, Filippo Turati e Rodolfo Mondolfo) e stranieri (vedi Kautsky) sull’involuzione totalitaria dell’Urss si schierasse con Mosca, giustificando persino le repressioni di massa delle guardie rosse.
Gobettiano è certamente stato Norberto Bobbio, sul cui liberal-socialismo Bedeschi manifesta più di una perplessità. Poco liberale gli sembra la pretesa di conciliare liberalismo e marxismo, lo stesso dicasi, almeno sino a metà anni Cinquanta, della convinzione che “la rivoluzione bolscevica, con tutto quello che essa aveva realizzato, fosse un grande fatto di democrazia (‘sostanziale’)”. Nel volume, che ha quasi le caratteristiche di una sequenza di medaglioni, sono discusse altre questioni controverse. E’ il caso, tra l’altro, dei rapporti fra Benedetto Croce e il fascismo, definiti “variegati e complessi”.
Giuseppe Bedeschi, “Liberalismo vero e falso”, Le Lettere, pagine 198, euro 19.00