Non è con Carlo d’Inghilterra che salveremo il Pianeta Terra

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Non è con Carlo d’Inghilterra che salveremo il Pianeta Terra

16 Luglio 2009

D’accordo con Sua Altezza Reale il Principe di Galles, ci restano solo 96 mesi per salvare il pianeta. Sono impressionato. 96 mesi. Non 95. Non 97. Il giugno del 2017. Scrivetelo nel vostro diario. Di solito gli impostori del riscaldamento globale si sbilanciano con la tiritera che ci restano soltanto 10 anni per salvare il pianeta. Un numero che si può arrotondare più facilmente. Al Gore, per esempio, diceva che mancavano 10 anni alla fine della Terra all’incirca 3 anni e mezzo fa, il che lo rende tecnicamente più pessimista del Principe di Galles. Gore scommette che l’Armageddon avverrà in qualche punto del gennaio 2016 – a meno che non ci stia solo vendendo generalizzazioni menzognere.

E ahimè, anche un profeta dell’eco-apocalisse tanto preciso quanto Sua Altezza Reale a volte si è abbassato a credere a questa improponibile storia dell’ultimo decennio: lo scorso aprile, il Principe Carlo ha predetto che gli scoiattoli rossi potrebbero estinguersi “entro 10 anni”, il che ci suggerisce tra le altre cose che – mentre per gli uomini e per le loro sporche occupazioni il sipario calerà entro l’estate del 2017 – per i poveri scoiattoli rossi rimarrà ancora la gran parte dei due anni successivi per sgambettare e saltellare su questo scenario in rovina.   

Quindi, a meno che non siate degli scoiattoli, non iniziate “Guerra e Pace” nei prossimi 95 mesi, perché il tempo sta finendo! “Il tempo per raggiungere un accordo sui cambiamenti climatici sta finendo”, disse Steven Guilbeault di Greenpeace nel 2006. “Dieci anni, pensavamo di avere un sacco di tempo”.

Davvero? Dieci anni fa avevamo un sacco di tempo? Divertente, non è proprio come la ricordo io (“Il tempo per salvare il clima sta finendo”, disse Chris Rose, sempre di Greenpeace, nel 1997). Allora di chi è la colpa dell’eterno profilarsi di un rendezvous con l’iceberg dell’apocalisse? Come ha scritto il giornale inglese Indipendent: “Capitalismo e consumismo hanno spinto il mondo sull’orlo del disastro economico e ambientale. Il Principe di Galles ci ha messo in guardia… in questa bruciante accusa contro la società capitalista, Carlo ha dichiarato che non potremo più permetterci a lungo il consumismo ed ha annunciato che ‘l’era della convenienza’ è finita”.  

Subito dopo il Principe è salito a bordo della sua limousine e si è fatto portare a palazzo.

Ci voleva un principe, erede al trono di Gran Bretagna, Canada e Australia, Giamaica, Papua Nuova Guinea, e di un grappolo di altri posti, per spiegarlo così bene: voi, viziati consumatori, state rovinando il gioco. Ai vecchi tempi non avevamo questo genere di problemi. Ma poi Mr. e Mrs. Peasant (“contadino”, ndt) hanno iniziato a ristrutturare i loro tuguri, aggiungendoci una sala giochi e un impianto idraulico interno, sostituendo il loro vecchio ed emaciato ronzino con una Honda Civic per andare al centro commerciale. E la prossima cosa che faranno i Peasant – invece di accontentarsi di avere una iarda in più di idromele il giorno di Santo Stefano alla taverna locale, aggiungendo una coppia di pustole al loro blasone con la sgualdrina del posto – , la prossima cosa che faranno, dicevo, sarà una bella vacanza in Florida. Quando c’erano solo i duchi medievali a pavoneggiarsi con questo genere di cose, il mondo andava nella direzione giusta: era il consumismo “sostenibile”. Ma ora sono le masse a volerlo.

Al contrario, il principe ha salutato come un modello esemplare di ambientalismo uno dei suoi antenati, Re Enrico VIII. E’ vero, aveva un sacco di mogli, ma ridusse drammaticamente a un’impronta di carbonio la sua Anna Bolena.

Mi sono sempre divertito quando cade la maschera e gli impostori del riscaldamento globale chiedono esplicitamente di farci adottare un massiccio Programma di Espansione della Povertà per salvare il pianeta. “Non penso che avere più elettricità sia una buona idea – ha detto qualche anno fa Gar Smith, dell’Earth Island Institute di San Francisco – Ho visto villaggi in Africa che avevano una cultura vibrante e grandi comunità che sono state distrutte quando è stata introdotta l’elettricità”, ha continuato, rammaricandosi che i contadini africani, “abituati a trascorrere la giornata e i pomeriggi per strada a suonare con i loro strumenti, e a cucire vestiti per i loro vicini con vecchi telai azionati dalle pedaliere”, ora sono curvi davanti alle puntate di Desperate Housewives che vengono replicate per tutto il giorno.

Uno potrebbe anche credere che Gar Smith sia sincero nella sua feticizzazione di questa bucolica povertà africana, con le sue vitali e dilaganti malattie e l’affascinante aspettativa di vita sui quarant’anni. Ma quando un principe ereditario inizia ad attaccare il capitalismo e ad avere nostalgia dei giorni in cui un benigno sovrano sapeva cos’era il "bene" per le masse, si tradisce e tradisce il suo gioco reale.

Il capitalismo è liberatorio: sei nato contandino ma non devi per forza morirci. Puoi lavorare sodo e farti un posto decente in periferia. Se tu fossi stato un contadino russo del XIX secolo e fossi arrivato a Ellis Island, avresti vissuto in un caseggiato in affitto sul Lower East Side, ma i tuoi figli avrebbero avuto un’educazione e avrebbero raggiunto i quartieri alti, e i tuoi nipoti sarebbero stati dei dottori o dei contabili nella Contea del Westchester. E i tuoi pronipoti magari sarebbero diventati degli attivisti ambientalisti educati ad Harvard che chiedono la fine di tutta questa elettricità e di tutti questi bagni nelle case. 

Gli ambientalisti si oppongono alla mobilità sociale. Vogliono farci tornare all’epoca dei re, quando le masse erano controllate da una elite di privilegiati. Talvolta sono dei monarchi ereditieri come il Principe di Galles. Talvolta solamente la gilda principesca dell’apparato governativo – Barack Obama, Barney Frank, Nancy Pelosi. Ai vecchi tempi, avevano un’autorità assoluta che gli veniva da Dio. Al giorno d’oggi sono legittimati da Madre Natura, autorizzati ad agire per conto di “Gaia”.

Ma l’oggetto rimane il controllo, la capacità di costringerti in milioni di modi, molti dei quali non sarebbero mai serviti ad Enrico VIII. Il quale, a differenza della nuova tassa che negli Usa fissa un tetto al commercio, era completamente indifferente se il tuo tugurio rispettasse o meno i canoni della “efficienza energetica”. La vecchia base della monarchia assoluta – la Giustizia Divina – si è svenduta nell’era democratica. Ma la nuova base – la Giustizia di Gaia – si sta dimostrando sorprendentemente plausibile.    

Iniziando da Franklin Delano Roosevelt, astuti statisti hanno giustificato la massiccia espansione del potere federale con delle definizioni molto elastiche di clausole sul commercio. Per i freak dell’era obamiana del controllo, ambiente e sanità rappresentano le clausole “supersize” sul commercio. Esse stabiliscono il pretesto per la regolazione di qualsiasi cosa: se il governo è obbligato a curare le tue malattie, ha un interesse nel prevenire che tu possa ammalarti – regolando quello che mangi, come vivi, le scelte che fai dal momento in cui ti alzi al mattino. Allo stesso modo, se ogni cosa che fai ha un impatto “sull’ambiente”, allora l’ambiente è un ombrello buono a tutti gli scopi, per regolare ogni cosa che fai. E’ la più conveniente e romantica delle giustificazioni. Paul Rahe l’ha giustamente identificata come un “dispotismo soft”.

La buona notizia è che al summit del G8 che si è svolto in Italia gli alleati degli Stati Uniti si sono impegnati solo su degli obiettivi ambientali sfocati e senza molto senso. L’Europa ha bisogno di colpi ben più forti per superare questa fase negativa. Quando il tuo tasso di disoccupazione è del 17 per cento, come in Spagna, “lo sviluppo sostenibile” non è proprio il tuo problema più pressante.

Il culto dell’ambiente è di per sé un prodotto di quello che il principe Carlo chiama “Era della Convenienza”. E’ ciò di cui puoi lamentarti quando non sei preoccupato per il tuo lavoro, o per il crollo del prezzo della tua casa, o per il collasso della tua pensione. Oggi i leader europei stanno iniziando a calcolare che un obiettivo strategico fatto di cose peggiori, quando le cose vanno già per il peggio, sarebbe una grande fregatura.

Mark Steyn è uno degli editorialisti della National Review. Ha scritto America Alone    

Tratto da National Review

Traduzione di Roberto Santoro