Non è così facile fare un figlio, ma anche sì
23 Agosto 2009
Ci svegliamo in questa splendida pensioncina al centro di Capo d’Orlando, paesello delizioso quasi all’estremità nordorientale della Sicilia, con il sapore della fine della vacanza.
Stasera ripartiamo, viaggiando di notte, tanto lei deve aprire il negozio solo alle quattro di pomeriggio e io ho chiesto un giorno in più di ferie per evitare il traffico del rientro.
Siamo svogliati. Tutto quello che vorrei sarebbe che fosse già domani mattina, essere nel letto a riposare dopo il lungo viaggio che ci aspetta stanotte.
La proprietaria della pensione ha detto che possiamo restare fino a stasera senza pagare il giorno in più visto che non restiamo a dormire, così dopo il mare possiamo fare la doccia.
Scendiamo, e il mare non è particolarmente entusiasmante: dopo un metro è già profondissimo e, per quanto limpido, non c’è niente di strabiliante sulla costa, come insenature o montagne, le cose viste finora.
Non comunichiamo molto. Allora propongo di lasciar perdere il mare e sfruttare la stanza. E lei, strabiliantemente, mi asseconda.
Torniamo alla pensione e mi do una sciacquata, giusto per togliermi il sale. La doccia seria la faccio più tardi, penso.
Ma quando esco dal bagno la mia cucciolotta è lì che se la dorme, e di brutto anche! Russa come un aratro su un campo di pietre di marmo appuntite e non ho il coraggio di svegliarla.
Mi poggio sul letto per leggere. Poi però mi scappa la pipì e faccio per rialzarmi. Ma, non so come, nel farlo mi porto dietro anche l’abat-jour, il cui filo si era incastrato senza motivo al mio piede.
L’abat-jour cade frantumandosi inevitabilmente in milioni di pezzi, e in quello stesso istante inizia a suonarmi il cellulare con la suoneria che ho memorizzato per il numero di mia madre: Mama (i love you) delle Spice Girls, che Roberta detesta. Istintivamente scatto verso il telefono, ma il piede, ancora incastrato nel filo, fa una resistenza tale da farmi franare sulla sedia.
La sedia spostandosi gratta a terra producendo un suono simile alla frenata improvvisa di un camion in autostrada, alleviato dagli acuti dei cocci che anche sposto con il filo.
Mi immobilizzo, capisco che è meglio per tutti, e per tutto.
Infatti in questo modo non produco alcun rumore, e anche il telefono smette di suonare.
Mi giro lentamente verso Roberta che nel frattempo si è alzata a sedere sul letto e ha gli occhi di fuori dalla rabbia. Ma mi sorride stupita: “Ciccio se volevi svegliarmi per fare quelle cose bastava un bacino!”.
“Scusa ciccia, sono un disastro”.
“Ma che disastro, vieni qua!”.
Dopo aver sudato come si deve finalmente facciamo la doccia con il sapone.
Puliti e pronti, lasciamo il b&b con un buon ricordo, e, forse, anche con qualcuno in più che comincia oggi a crescere nel grembo della donna più bella del mondo.
C’è qualcosa di diverso nei nostri sguardi adesso. Una rinnovata complicità.
Chissà se è successo davvero? Non è così facile fare un figlio, ma anche sì.
Beh, l’idea mi emoziona non poco. Ho un sorriso stampato.
Anche Roberta ha il sorriso come espressione standard.
Ci dirigiamo verso Messina, e al primo semaforo che incontriamo mi giro e le dico: “Bedda madri”.