Non è mai troppo tardi per dare ragione ad Alesina e Giavazzi

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Non è mai troppo tardi per dare ragione ad Alesina e Giavazzi

05 Novembre 2011

Il 24 Ottobre scorso Alberto Alesina e Francesco Giavazzi pubblicavano sul Corriere della Sera l’elenco dei ‘dieci comandamenti’ economici per rilanciare l’Italia. Da allora il dibattito è stato tanto acceso quanto necessario.

Nel loro articolo i due economisti hanno indicato dieci proposte d’intervento concreto, tutte a costo zero, che il Governo potrebbe – e dovrebbe – attuare, allo scopo, a loro dire, di rimettere in moto il mercato del lavoro e l’economia italiana. La sintesi dell’intervento è che l’Italia non si può permettere il keynesismo. Anche l’Istituto “Bruno Leoni” sostiene i suggerimenti dei due economisti.

Non solo, Carlo Stagnaro, direttore ricerche dell’Istituto sopra citato, amplia il dibattito e, rifacendosi alla recente ricerca della Banca Mondiale (World Bank) – Doing business 2012 – afferma che tali riforme sono ancora più urgenti di quanto si possa pensare. Infatti, nel recente rapporto, il nostro paese e’ scivolato ulteriormente in classifica. Già piazzato molto indietro nella classifica – all’ 87mo posto in classifica (su 183) – l’Italia perde quattro posizioni rispetto all’anno passato.

Se prendiamo in considerazione quindi, la competitività internazionale, il bisogno di crescita economica e la necessità di ridurre il debito pubblico (e la spesa pubblica), le dieci riforme di Alesina e Giavazzi diventano il punto di partenza necessario. Tali azioni si rifanno a principi liberali classici che avrebbero dovuto essere alla base delle politiche di un partito di governo di centrodestra: libero mercato del lavoro, liberalizzazioni delle professioni, riforme del sistema pensionistico e giudiziario, riduzione del costo della politica, riforma fiscale (riducendo il livello delle imposte ed allargando la base) – tutte principi non nuovi e radicati nella tradizione dei partiti liberali.

Alesina e Giavazzi inoltre si pongono il problema di chi potrebbe attuare tali riforme. Prima di tutto, giustamente, suggeriscono di abbandonare la concertazione – una tradizione tipicamente italiana e abusata da chi non vuole mai cambiamenti e riforme. Un governo, se democraticamente eletto, dovrebbe essere in grado di governare e fare scelte difficili, ma giuste per il paese. In secondo luogo, mentre approvano in parte le recenti manovre del governo Berlusconi, le definiscono giustamente ‘pannicelli tiepidi per un malato che rischia l’arresto cardiaco’.

Insomma non sufficienti. Quindi “I dieci comandamenti” richiedono più coraggio. Berlusconi ha una grande occasione per ridare vita al proprio governo. Mentre non chiudono la porta ad un eventuale governo tecnico di ‘salvazione’, Alesina e Giavazzi sembrano favorire una prova di coraggio del corrente governo. Se non si sblocca l’impasse in cui siamo caduti l’Italia e’ davvero nei guai.

Ma anche se il problema a breve termine si risolve e la corrente crisi è superata, rimangono i problemi di lungo termine – come far crescere la nostra economia e come renderla competitiva. Altri paesi hanno promosso idee nuove e soprattutto hanno promosso una nuova, giovane, vitale classe politica. Nei mesi trascorsi in queste pagine ci siamo chiesti dove sono le ‘young guns’ italiane. Chi e’ capace di seguire l’esempio di leader coraggiosi come Cameron o ancora di piu’ come Paul Ryan? Ce lo chiediamo di nuovo. Lasciamo alla corrente classe politica l’opportunita’ di introdurre riforme che si rifacciano a  ‘I dieci comandamenti’ per fermare la crisi e dare una scossa alla nostra economia. Ma poi ci vuole un cambiamento.