Non è un caso se più di qualche finiano medita di tornare in casa Pdl
19 Novembre 2010
Creare “contenitori” di voti sul territorio. Facendo incetta di consensi nel tessuto produttivo del Paese. A cominciare dalle piccole e medie imprese e poi nell’universo, sempre prodigo, dell’associazionismo e del volontariato.
Elezioni o non elezioni, i finiani stanno lavorando. L’appuntamento con le urne potrebbe arrivare nell’arco di qualche mese e non c’è tempo da perdere. Con i suoi Gianfranco è stato chiaro. Adoperando il consueto accento bolognese, che diventa più pronunciato quando s’accalora (proprio come succede a Casini), ha ordinato di lavorare giorno e notte. Un serbatoio di voti, stando ai sondaggi, i “futuristi” lo avrebbero già. Ma, Fini lo sa, sono consensi aleatori. Che vengono dalla pancia di chi in lui vede il più estremo baluardo dell’antiberlusconismo. Ora quei voti ci sono ma tra qualche mese, dopo un’infuocata campagna elettorale e magari con una coalizione di centrosinistra capace di spendere, chissà, un leader credibile, potrebbero non esserci più. O essere assai diminuiti. C’è bisogno, quindi, di consensi “radicati e strutturali” su cui potere contare sempre.
Del resto, Fini, nonostante l’abito da grande rinnovatore che sta sforzando di cucirsi addosso (ma che risulta poco credibile perfino ai suoi), è uomo di vecchia scuola politica.
Nel Movimento Sociale ha imparato l’importanza delle sezioni locali e quella del tessuto produttivo di cui è essenziale assicurarsi il sostegno. Il primo compito lo ha affidato al fido Italo Bocchino, che lo sta assolvendo con i circoli di Generazione Italia. Il secondo, più complesso, lo ha delegato a due uomini che più diversi non potrebbero essere: Benedetto Della Vedova e Giulio Buffo.
Il primo non ha bisogno di presentazioni. Deputato, Bocconiano di lungo corso, un passato nel partito radicale e, soprattutto, liberale doc. L’altro, invece, è semisconosciuto a chi risiede fuori dal Grande raccordo anulare romano. Ex missino del Fronte della Gioventù, un passato da assessore provinciale romano nella giunta di Silvano Moffa, Buffo è da sempre attivissimo nell’area del volontariato e dell’associazionismo.
A Della Vedova, economista di razza e “padre”, ai tempi della militanza pannelliana, del referendum (fallito per mancanza di quorum) sull’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, Fini ha consegnato il ruolo di grande tessitore con il mondo dell’impresa. A lui, liberale irriducibile, spetterà il compito di spingere Fli su posizioni che riescano ad accattivare grandi, medie e piccole imprese.
Più faticoso, se possibile, sarà invece il lavoro di Buffo. Tra i giovani ex missini romani, Buffo – che proprio come Alemanno porta al collo con orgoglio il simbolo del Fuan – è un nome assai noto, soprattutto nei quartieri bene della Capitale, come il Trieste ed i Parioli. Ai tempi del Fronte della Gioventù, e poi di An, gli riuscì, assieme ad altri compagni di cordata come Fabio Rampelli (oggi deputato del Pdl), un’impresa non facile: portare anche a destra quel mondo del volontariato e dell’associazionismo che era, ed in parte è rimasto, appannaggio della sinistra. Soprattutto sui temi ambientali.
Proprio qui, invece, in primis con l’associazione Fare Verde, Buffo e gli altri sono riusciti nell’impresa. Un’esperienza che Fini, ora, vuole, sfruttare al massimo. Cercando di portare dalla sua parte valori, temi e consensi di buona parte di quel mondo che, elemento da non sottovalutare, aveva ed ha, a Roma e non solo, rapporti radicati con la Chiesa. Un termine che, in questo caso, va inteso in senso molto ampio. Che abbraccia sia gli alti prelati che le piccole parrocchie.
In queste settimane Buffo è attivo come non mai. E come base organizzativa può contare su “Arcipelago Nazionale”, la Onlus che riunisce gli operatori del terzo settore di cui è coordinatore.
Come e se Gianfranco Fini riuscirà a fare coesistere due anime così diverse, quella liberale di Della Vedova, e quella associazionista, ambientalista e cattolica di Giulio Buffo, sarà uno degli interrogativi dei prossimi mesi.
Un dato è certo: non sarà un’impresa facile. Al di là della comune militanza finiana, più in funzione antiberlusconiana che altro, la coabitazione sarà turbolenta. Anche perché si tratta di anime che non accettano compromessi. Al suo liberalismo, con forti derive anticlericali (si pensi ai temi eticamente sensibili come testamento biologico e legge sul fine vita), Della Vedova ed i suoi non rinuncerebbero mai. Idem, al contrario, per i cattolici-militanti di Buffo.
Chiamare Fli un partito eterogeneo sembra eufemistico. Non è un caso se alcuni finiani stanno meditando di tornare nella casa madre del Pdl…