Non saremo noi a morire democratici ma il Pd a nascere morto

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Non saremo noi a morire democratici ma il Pd a nascere morto

16 Ottobre 2007

Finalmente. Habemus Papam. Il Papa del Pd è il Cardinale
romano più cinicamente romano, Veltroni Walter, il sindaco di Roma che, dopo
l’incidente gravissimo della metropolitana, morta una giovane donna poco più
che trentenne, va a constatare il sinistro e, con nonchalance da pretoriano
massmediatico, ritorna a far da ciambellano ai divi ed alle star del cinema,
perché, ricorderete, si celebrava l’Evento dell’anno: il Festival del Cinema, a
Roma. Novità assoluta. La stessa paroletta, “novità”, ha segnato le
dichiarazioni prima durante e dopo l’ascesa di Veltroni. Il mantra, il solito,
il tono aulico del Progressista: la Novità. Il Nuovo. Il Futuro da costruire
insieme. I Giovani a votare in massa Veltroni. Ma non siamo ancora stanchi di
questa paccottiglia? Tutto solo per spostare il fucus dell’attenzione da un
dato storico inoppugnabile: la sinistra è finita.

La memoria della sinistra, dalla Bolognina, dopo il 1989, si
è andata consumando nel fuoco fatuo degli ulivismi vari e variamente
riproposti. Ho sentito in tv, a Rai News 24, Fassino ripetere la solfa
dell’Ulivus redivivus, l’Ulivo ripensato e riprogettato, in soldoni la storia
della sinistra rieditata con cattocomunisti e post-comunisti a costruire un
asse solidamente riformista: l’Ulivo è stato l’ultimo de profundis della
sinistra. Il Pd nasce morto e chi l’ha votato, spesso ripetutamente, in più
seggi, e chissà in quale altra modalità, ha votato un cadavere. Questa è la
verità che il politically correct trasversalmente presente e contaminante anche
gente nostra non ama ribadire perché è d’uopo sottolineare appunto la “novità”,
la “necessità” storica di avere un sistema politico stabile, con due grossi
partiti a dettare le regole del gioco, insomma la finzione di un Paese che non
esiste.

In Inghilterra i due partiti, Tories and Labour, ieri Tories and Whigs,
sono istituzioni, pezzi dello Stato, non sono come, in Italia, il surrogato
dello Stato, con una Nazione talmente fragile da non riuscire a pensarisi come
comunità coesa. Ma ovviamente la retorica deve farla da padrona in questo
ultimo giro di giostra della legislatura e deve ricondurre il dibattito
politico sulle forme al di fuori di qualsiasi questione di merito. Ad esempio:
dopo il protocollo sul Welfare, che ne sarà del Pd? Il governo Prodi è l’ultimo
cappio dell’Ulivo o il primo del Pd? La nuova questione operaia come può essere
interpretata in chiave riformista? Cosa si deve fare per la crescita e per
allargare la sfera del merito al di fuori anche in questo caso dalla retorica
“meritocratica” che lascia il tempo che trova? L’ascensore sociale può
funzionare e rimettersi in moto senza riforme strutturali, vale dire senza la
riforma della Costituzione e una costruzione socialmente sostenibile del
Welfare, una Welfare Community? I ceti medi sono in rotta sia sul piano sociale
che economico: come ricollocarli, essendo essi il nodo cruciale di qualsiasi
sistema di Welfare Society occidentale? Veltroni oggi trionfa e domani avrà i
problemi di sempre perché la sinistra radicale è l’alterità radicale da
allontanare, ma ciò significa mettere in questione due mandati di sindaco fatti
in carrozza con i voti dei centri sociali e le ali radicali della sinistra a
blindare i consensi tra i compagni di un tempo. Dunque: dov’è la novità? E in
cosa consiste la forza politica di questo Pd?

A chi, a destra, rincorre i tempi
degli altri, vale la pena richiamare il motto antico e sempre valido,
soprattutto di fronte alla crisi degli avversari: chi va piano, va sano e va
lontano. Verso un obiettivo che il nostro popolo ha già chiaro e che soltanto
una federazione regolata in modo liberale può realizzare: l’unità nella
diversità. Un popolo di elettori oggi può diventare un soggetto politico, ma
senza infantili scimmiottamenti dei progetti degli sconfitti. Tre milioni e mezzo
di elettori di primarie, posto che si tratti di cifre vere, non equivalgono a
undici milioni e mezzo di elettori in elezioni politiche. Le primarie hanno
senso se si dà competizione, ma quando questa non esiste bisogna usare un altro
nome: fusione di apparati con appendici territoriali più o meno consistenti. In
Umbria, dove vivo da quasi un anno, il segretario dei Ds della zona del
Trasimeno, ha affermato sui
giornali locali, molto letti da queste parti, un paio di settimane fa, che il
Pd nascituro è un “partito senz’anima”, citazione testuale. E siccome l’anima,
com’è noto, non si costruisce in vitro… Naturalmente uno può anche avere la
posizione di Cacciari: facciamo quest’accidenti di partito, come viene, viene,
poi si vedrà. Ecco, appunto: ora finalmente siamo al “poi”. Finalmente.