Non sempre il principio di precauzione protegge dai rischi alimentari

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Non sempre il principio di precauzione protegge dai rischi alimentari

28 Agosto 2008

Il dibattito sugli OGM sembra essere ormai stabile su toni ora alti ora bassi, che nel mese di agosto sono andati inevitabilmente ad affievolirsi. Ma quest’aria di quasi-tranquillità che riflette bene la realtà nazional-locale non è la stessa che tira nel resto del mondo. E probabilmente ne pagheremo le conseguenze. 

Un’ultima analisi sui rapporti import/export in materia colture GM compare su un numero recente del Wall Street Journal (31/7/2008). La restrittiva regolamentazione europea potrebbe bloccare l’importazione di milioni di tonnellate di soia biotech. Lo stesso varrebbe per il mais. Ma mentre l’UE può soddisfare la domanda di mais con la superficie interna dedicata a questa coltura, un calo delle importazioni di soia da US, Argentina e Brasile potrebbe comportare (nell’ipotesi più pessimistica) una riduzione del 35% di carne suina e di 44% di pollame entro il 2010. 

La situazione è senz’altro aggravata dall’effetto Cina, la cui apertura alle importazioni di materie prime, inclusa la soia, riduce significativamente il potere contrattuale dell’Europa verso altri Paesi che vorrebbero esportare prodotti biotech. Procedure di approvazione, fluttuazioni dei limiti di tolleranza della percentuale di OGM accettata nelle derrate alimentari, botta e 
risposta tra associazioni degli agricoltori, industrie biotech, UE e 
singoli stati membri incitano ad un tiro alla fune che non dà segni 
di resa o vittoria.
 

Ma fa riflettere la conclusione di Matthew Dalton sul WSJ: se la situazione non si risolve, molte aziende zootecniche, non in grado di far fronte alla crisi, dovranno chiudere e l’Europa dovrà aumentare le importazioni di carne proveniente da animali che, in altri Paesi, vengono alimentati con colture GM. Come si dice…occhio non vede cuore non duole!

Ma se così fosse, il principio di precauzione con cui l’Europa protegge o dice di proteggere i cittadini dal progresso biotech,comincia a scricchiolare. Questo principio non sembra più uno strumento così affidabile: se non vogliamo dare alimenti GM ai nostri animali ma siamo disposti ad importare carne prodotta con alimenti GM, siamo alla fine protetti o no? Ma da cosa, in fondo, dovremmo essere protetti? 

Shane Morris e Charles Spillane del dipartimento di Biochimica e Bioscienza dell’University College Cork in Irlanda (EMBO Reports vol. 9 n. 6. 2008 pp. 500-504) analizzano con grande attenzione questo argomento e sostengono che l’attuale criterio di applicazione del principio di precauzione è insostenibile (specialmente rispetto ad una così rapida evoluzione delle conoscenze nel settore scientifico e ad un mercato sempre più globalizzato) e per avere un 
minimo di credibilità dovrebbe essere esteso ad una visione più globale di cosa sia rischioso.
 

Prodotti non-GM e molti processi produttivi che non coinvolgono le biotecnologie non sono mai messi sul banco di prova del risk-assessment, anche se meno rispettosi dell’ambiente e meno sicuri per la salute umana. Solo un confronto 
obiettivo, bilanciato e non discriminante può essere cautelativo per 
il cittadino e garantire uno sviluppo europeo basato su una
knowledge-based economy, un principio che i paesi membri dell’UE hanno sottoscritto nel protocollo di Lisbona.