Non si fermano le stragi di Cristiani in Nigeria: sei morti e centinaia di feriti

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Non si fermano le stragi di Cristiani in Nigeria: sei morti e centinaia di feriti

11 Giugno 2012

Non sembrano affatto sul punto di fermarsi le stragi di Cristiani in Nigeria. Tutt’altro. Boko Haram – gruppo islamico-radicale già contraddistintosi e balzato agli ‘onori’ della cronaca per il rapimento del nostro connazionale, l’ingegner Franco Lamolinara e del suo collega inglese (un rapimento terminato in tragedia, a seguito del fallito blitz delle forze speciali britanniche) – ha rivendicato, attraverso le parole del portavoce dell’organizzazione, Abul Qaqa, gli inquietanti attentati di domenica scorsa: "Siamo responsabili dell’attentato suicida contro la chiesa a Jos e anche dell’altro attacco contro un’altra chiesa a Biu". E ancora: “Abbiamo lanciato questi attacchi per provare che le forze di sicurezza nigeriane si sbagliano quando affermano che siamo stati indeboliti dalla repressione dei militari".

I fatti: domenica 10 Giugno, nella città di Jos – cosiddetta Middle Belt, terra di confine tra nord e sud del paese – un kamikaze a bordo di un’auto si è fatto esplodere nei pressi della ‘Christ Chosen Church’, uccidendo quattro persone e ferendone un centinaio. Più o meno in contemporanea, a Biu – città dello Stato nord-orientale di Borno – un commando di cinque uomini ha aperto il fuoco contro i fedeli riunitisi nella ‘Chiesa di Brethen’ per celebrare la consueta liturgia domenicale: due vittime e diversi feriti, anche molto gravi. Un macabro rituale, oramai. Una settimana or’ sono, infatti, un attentatore suicida aveva provocato in una chiesa della città di Bauchi, sempre nel nord-est del paese, la morte di dodici Cristiani.

Sotto l’aspetto religioso, il paese è diviso in due: negli Stati del nord a prevalenza musulmana vige la legge islamica e le comunità cristiane locali sono costrette a sopportare ogni genere di angheria. Al nord, poi, si contrappone un sud cristiano-animista colmo fino all’orlo di gas e petrolio.

Il caso nigeriano pare ripetere con tutta la sua virulenza un sorta di ‘evergreen all’africana’. Su tutti si veda l’esempio sudanese, con il Sud del paese (anch’esso ricchissimo di risorse naturali) indipendente grazie a un referendum plebiscitario indetto dopo decenni di barbara repressione. Gli attacchi di Boko Haram, quindi, non si stagliano esclusivamente nell’alveo dell’odio confessionale ma anche, soprattutto, in una lotta intestina per il potere, da riconquistare ad ogni costo, considerata l’elezione a presidente della Repubblica nel 2011 del Cristiano Goodluck Johnson. Inoltre, con questi chiari di luna, Boko Haram – dopo le cadute di Ben Alì, Gheddafi e Mubarak e il succedaneo fallimento delle primavere arabe – potrebbe essere in grado nel breve-medio periodo di accrescere notevolmente la sua influenza politico-militare anche agli stati vicini.

Tuttavia, al di là di futuribili scenari di carattere geo-strategico, a contare realmente in questo preciso momento storico è l’assoluta assenza di sicurezza – percepita e reale – delle comunità cristiane nigeriane: “I miei parrocchiani non hanno paura in quanto comunità, perché i cristiani nigeriani non sono una minoranza religiosa isolata e minacciata, ma vivono nell’angoscia in quanto cittadini guidati da un governo incapace di garantire la sicurezza in chiesa e in nessun luogo”, ha dichiarato a La Stampa il vescovo di Sokoto Matthew Kukah.

Riguardo i tristi episodi di Jos e Biu, ecco le parole del ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi di Sant’Agata: ”Ho appreso con grande dolore e sdegno la tragica notizia degli ennesimi, sanguinosi attacchi terroristici contro le comunità cristiane della Nigeria. Esprimo il mio più profondo cordoglio ai familiari delle vittime e la mia vicinanza alle comunità cristiane – ha proseguito in una nota il titolare della Farnesina – e ribadisco il massimo impegno dell’Italia nel tutelare e promuovere la libertà di religione e nel fronteggiare la sfida posta dal terrorismo alle ragioni dell’umana convivenza”.

Un massimo impegno dovere ineluttabile dell’intera comunità internazionale. Urge come non mai un processo diplomatico che garantisca a quei Cristiani la libertà di culto. Staremo a vedere, la misura appare davvero colma.