Non solo Sarkò, anche Assad è atteso alla prova dei fatti

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Non solo Sarkò, anche Assad è atteso alla prova dei fatti

14 Luglio 2008

L’invito rivolto al presidente siriano Bashar al-Assad a prender parte al summit dell’Unione per il Mediterraneo di Parigi e la sua presenza sul palco presidenziale, durante la parata del 14 luglio, giorno della presa della Bastiglia, è un risultato di dubbio valore diplomatico e di forte appeal mediatico. 

Il summit dell’Unione per il Mediterraneo è stato il pretesto diplomatico per un primo ufficiale tentativo francese volto al reintegro di Damasco nella comunità internazionale (mossa di cui si potranno giudicare i risultati nel breve periodo) e ha permesso a Sarkozy di riprendersi e riaffermare un ruolo francese nella delicata partita che si gioca intorno al rilascio di Gilad Shalit, il soldato franco-israeliano delle IDF (Israeli Defense Forces) rapito, poco più di due anni fa, da militanti di Hamas con un raid in territorio israeliano partito da Gaza e, ancora oggi, detenuto illegalmente dalle milizie di Hamas. 

Per questo, accanto al dossier nucleare iraniano, alla détente ancora tiepida tra Siria e Libano favorita dall’Eliseo, all’interessamento di Parigi sulla mediazione turca in vista di dialoghi diretti tra Damasco e Gerusalemme, le negoziazioni intorno al rilascio del soldato Shalit sono tornate ad essere uno dei capitoli caldi dei pourparlers diplomatici intercorsi il 12 luglio scorso tra il presidente francese e quello siriano.

L’apertura verso Damasco ha attirato su Sarkozy critiche legittime, prima fra tutte quella USA. E’di ieri un tiepido comunicato con cui il dipartimento di Stato statunitense prendeva atto della scelta francese.  La mano tesa di Parigi ha un prezzo e Assad lo sa bene. Al presidente siriano è stato chiesto di prendere lentamente le distanze da Teheran, di normalizzare le relazioni con il Libano e di spendersi affinché il negoziato per la liberazione di Shalit si sblocchi. Per questo Sarkozy ha chiesto ad Assad di esercitare pressione su Khaled Meshaal, il leader di Hamas rifugiato a Damasco, perché la partita per il rilascio di Gilad Shalit si riapra.  

La trattativa per il rilascio del soldato Shalit è molto complessa e il suo stallo è di difficile decifrazione. Hamas chiede infatti a Gerusalemme una contropartita di circa duecento dei propri miliziani processati e detenuti nelle carceri israeliane. Un prezzo politico che il governo di Gerusalemme non è in alcun modo disposto a pagare. Il presidente egiziano Mubarak, da ieri co-presidente della rediviva Unione per il Mediterraneo, conduce a sua volta una sua personale (e ad oggi inefficace) trattativa per il rilascio del prigioniero Shalit con le autorità di Hamas. 

Sarkozy, al margine della conferenza stampa all’Eliseo accanto ad Olmert e Abbas, ha tenuto a precisare che l’azione francese non è in competizione con le trattative egiziane, e ha ‘informalmente’ lasciato intendere di aver invitato Assad a rimettere un messaggio a Meshaal.

Non è dato sapere il tenore del messaggio, né tanto meno il suo contenuto. Certo è che la scelta di Sarkozy di non intraprendere trattative dirette con Hamas (prospettiva peraltro in principio caldeggiata dal Quai d’Orsay di Bernard Kouchner) ha condotto l’Eliseo a giocare la carta siriana. 

Assad può disporre di leve molto ‘persuasive’ nei confronti di Meshaal. I rapporti tra Siria e Hamas sono molto stretti. Dal 1992 Damasco è il centro operativo dell’ala militare di Hamas. E’ lì poi che Meshaal vive, protetto dalle autorità siriane. Hamas riceve da Damasco cospicui finanziamenti (per lo più corrisposti in armi), copertura di intelligence e supporto logistico per l’addestramento dei propri miliziani e molto di più. 

Insomma se solo volessero, i siriani potrebbero esercitare forti pressioni su Hamas, revocando tutto quello che in termini di risorse politiche e materiali oggi Damasco concede al movimento jihadista di Gaza. C’è solo da domandarsi se, sul dossier Shalit come su tutti gli altri dossier a partire da quello iraniano, il presidente Bachar-al Assad vorrà rompere con il passato.