Non sparate su Federico Moccia, l’Omero degli adolescenti italiani

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Non sparate su Federico Moccia, l’Omero degli adolescenti italiani

15 Novembre 2009

Spiritoso, tranquillo, ironico (gli piace essere imitato da Fiorello). A sentirlo, Federico Moccia trasmette la stessa “leggerezza” che riesce a infondere nei suoi romanzi. Consapevole del suo momento d’oro, cavalca l’onda del successo sfornando un film e un romanzo all’anno. Dal 30 ottobre scorso, l’Omero degli adolescenti è tornato nelle sale cinematografiche con “Amore14” (senza sbancare il botteghino, per la verità), un film costato 150mila euro solo di colonna sonora, visto che fra le tracce audio c’è il il singolo “Senza nuvole” di Alessandra Amoroso, la ministar uscita dalla factory di "Amici".

La lunga gavetta, l’alternanza di esperienze da regista, sceneggiatore e scrittore, non solo di romanzi ma anche di fiction e trasmissioni televisive (da “Ciao Darwin” a “Chi ha incastrato Peter Pan?”), hanno sicuramente reso Moccia uno scrittore adatto al grande schermo, dove è riuscito a "esportare" la sua personale visione della odierna gioventù. Sembra che sia proprio questa la chiave di lettura della sua popolarità: l’attenzione rivolta al mondo adolescenziale, a suo dire, spesso trascurato o considerato soltanto come un argomento di cronaca, meglio se nera. Basta leggere il suo blog per capirlo, dove tantissimi ragazzi scrivono di loro, affidando a Internet i propri segreti, le paure, le speranze, le ambizioni che diversamente non riuscirebbero a confessare.

Moccia afferma di raccontare in modo “romantico” la vita ma, a ben guardare, non proprio tutti i giovani italiani si ritrovano nei protagonisti delle sue opere. Come dire, le delusioni degli adolescenti non si limitano al primo amore. Spesso i desideri e i sogni degli adolescenti cozzano con le complicazioni di una realtà altrettanto gravida di problemi, che non è fatta solo di baci, abbracci e lucchetti. I 14enni e i 16enni di oggi non sono più quelli di una volta, hanno perso un bel po’ di spensieratezza rispetto ai loro fratelli più grandi. Oggi si tende a crescere più in fretta e spesso si bruciano le tappe, senza vivere con la giusta consapevolezza quella età cruciale della vita umana. Si crede di essere abbastanza grandi da sapere tutto della vita e questo rischia di far sfumare attese, valori, ed anche la gioia di vivere intensamente un amore.

Insomma, l’impressione è che dall’universo di Moccia sia espunta proprio una parte del mondo "vero", che è anche fatto di giovani e giovanissimi alle prese con alcool, droghe, bullismo, suicidi, tutta roba che non fa solo parte delle cronache di un giornale, ma sempre più spesso della vita quotidiana. E invece Moccia, aiutato dal suo spirito di "Peter Pan" – l’eterno ragazzino desideroso di diventare grande, ma non di esserlo effettivamente – si è ritagliato una nicchia di pubblico da coccolare senza troppi traumi o brutture, se mai con un (benvenuto) spirito goliardico.

Mostrando ai suoi giovani lettori e spettatori che un “adulto” li può capire, i ragazzi potrebbero sentirsi più sicuri e meno abbandonati a se stessi. "Nei giovani c’è tanta difficoltà nel trasmettere le emozioni – dice Moccia – me ne accorgo guardando nei loro occhi, che esprimono un mondo in cui è difficile entrare". Lui però è riuscito a entrarci benissimo, e dalla porta principale. Speriamo solo che li abbia capiti fino in fondo.