#NonLasciamoliSoli: la Turchia dalla democrazia a Erdogan

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#NonLasciamoliSoli: la Turchia dalla democrazia a Erdogan

06 Novembre 2016

Non si capisce in che senso siano “preoccupati” l’alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea, Mogherini, e il nostro ministro degli esteri, Gentiloni, per la situazione in Turchia, visto che Erdogan in pochi mesi ha praticamente raso al suolo lo stato di diritto nel suo Paese. Stati Uniti, Europa e nel nostro piccolo l’Italia dovrebbero essere infuriati, altro che preoccupati, per un Paese membro della NATO, che abbiamo pagato miliardi per contenere l’immigrazione, e che si sta comportando come se fosse una qualsiasi dittatura da quattro soldi, continuando a ricattare l’Europa sui visti e a minacciare la Germania accusandola di terrorismo. Ma del resto chi oggi si dice “preoccupato” del repulisti di Erdogan sono gli stessi che fino a qualche anno fa pensavano che la Turchia islamizzata sarebbe entrata dalla porta principale in Europa, facendo pace con i curdi.

Dopo il fallito colpo di stato di luglio, invece, abbiamo assistito all’apoteosi del modello modernista e reazionario messo in piedi da Erdogan: il governo vuole reintrodurre la pena di morte; nel Paese vigono le leggi speciali; eliminando l’immunità parlamentare, che in democrazia garantisce autonomia e indipendenza del potere legislativo, il presidente turco ha avuto mani libere facendo arrestare i parlamentari della opposizione curda, finiti nelle carceri di massima sicurezza. Per non dire dei giornalisti di Cumhuriyet arrestati con l’accusa di essere sul libro paga dei cospiratori, quando invece proprio quel giornale aveva scritto inchieste scomode anche sul predicatore Gulen, protetto dagli Usa e accusato da Erdogan di essere dietro il fallito colpo di Stato. 

Per non dire delle 37mila persone arrestate, dei centomila dipendenti pubblici sospesi o licenziati, dei rettori delle università che d’ora in avanti saranno scelti dal presidente turco, mentre web e social media vengono accesi o spenti in base alla convenienza politica del momento. Noi queste cose le denunciavamo già dai tempi della repressione studentesca a Piazza Taksim, ma anche allora la comunità internazionale – questo gioco di parole – era “molto preoccupata” e poi non fece nulla. Per non dire delle ultime dichiarazioni degli emiri di Al Nusra, filiazione siriana di Al Qaeda, che se la sono presa a male col Califfo al Baghdadi, il quale ha annunciato ritorsioni contro turchi e sauditi per le operazioni militari in Iraq. “Non si può attaccare la Turchia”, si è lamentato uno degli sceicchi, “che è il cuore pulsante della rivoluzione dello Sham”. Dove Sham sta per “Grande Siria”. Intanto, Erdogan ammassa truppe al confine con l’Iraq e vuole sedersi al tavolo dei vincitori dopo la battaglia di Mosul. Eccola la Turchia, nostra alleata nella Nato che piace ai jihadisti di Al Nusra. 

Di fronte a tutto questo non si può neppure sperare che quella di Erdogan sia una cricca di potere asserragliata nel palazzo, che potrebbe essere rovesciata da un moto di popolo, visto che una parte forse maggioritaria del Paese sta ancora con Erdogan, lo ha votato, è scesa in piazza rispondendo ai suoi appelli durante il colpo di stato di luglio per fermare l’esercito, e lo considera un eroe della lotta al terrorismo e della crescita del PIL. Per questo blocco di consenso, la Turchia, autoritaria o meno, è una splendido posto in cui vivere. Per gli oppositori, laici, secolaristi, di sinistra, e per le minoranze come i curdi, al contrario, la democrazia turca è praticamente finita. Cosa potrebbe fare la già menzionata e volatile comunità internazionale per costringere Erdogan a cambiare lo spartito? Sanzioni come quelle riservate a Putin? Un boicottaggio delle merci turche? Stop ai succulenti accordi energetici nella grande sfida del gas tra Caucaso, Caspio e Mediterraneo?

C’è poco da illudersi. Restano allora piccoli gesti personali, scelte che possiamo fare nella nostra vita di ogni giorno, cose che in qualche modo possano danneggiare l’immagine già screditata del regime turco nel mondo, rimbalzando sui media e tenendo accesi i riflettori sulla situazione nel Paese. Potremmo evitare di fare il nostro prossimo viaggio a Istanbul, ad esempio, cambiando destinazione all’ultimo momento: da quando c’è stato il “contro-colpo di stato” di Erdogan, infatti, l’industria turistica turca ha perso colpi. Oppure, per dirne un’altra, i campioni del golf che si stanno sfidando sui campi del Resort di Belek dicano qualcosa contro la cappa illiberale che è calata sul Paese, oltre che tirare le palline in buca. Gesti simbolici che servono a poco, obietterà qualcuno. Ma in un mondo interconnesso come il nostro, ognuno di noi può fare qualcosa per lanciare un messaggio a chi governa la Turchia e a chi, dentro il Paese, ancora si batte per la democrazia. #NonLasciamoliSoli.