Nonostante il divorzio, Emilio vuole restare Fede(le) a Mediaset
29 Marzo 2012
C’è un tempo per tutto. E arriva pure quello di passare il testimone alle nuove leve. Ma c’è chi a 80 anni suonati ancora non ne vuole sapere di schiodarsi dalla sua poltrona di superdirettore e batte i pugni sulla scrivania a suon di ‘non ci sto’.
Sono da poco passate le 21.00 del 28 marzo 2012 quando un lancio d’agenzia riporta una nota di Mediaset che annuncia, “in una logica di Rinnovamento editoriale della testata”, la fine della storia di Emilio Fede alla guida del Tg4. Ma il giornalista non deve dire addio solo al ‘tiggì’. “Dopo una trattativa per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro – si legge sempre nella nota – non approdata a buon fine Emilio Fede lascia l’azienda”. Nonostante le ‘nuvole’ di insinuazioni, dicerie e sospetti delle scorse ore facessero presagire che il temporale stesse per scatenarsi sulla sua testa, questa notizia per Fede ha rappresentato un fulmine a ciel sereno. “Non ci credo. Vuoi farmi morire?” è stata la sua reazione a caldo quando ha appreso l’annuncio. E, non accettando il benservito – seppur diplomatico dell’azienda del Biscione –, asserragliato in quello che vuole a tutti i costi resti il suo ufficio, ha tuonato col veleno in bocca: “Lascio il Tg4, ma non ho intenzione di lasciare Mediaset”.
No, come ogni ‘vecchia guardia’ che si rispetti, Emilio proprio non può accettare che 33 anni di vita dedicati all’informazione, con una carriera iniziata quando era giovanissimo con Il Momento-Mattino di Roma e la Gazzetta del Popolo, e proseguita poi in salita nel 1954 alla Rai dove si fermerà fino al ’89, per poi approdare definitivamente alla Fininvest di Silvio Berlusconi, possano essere stroncati da un freddo comunicato in una sera qualunque di primavera. No, Emilio, noncurante del fatto che il prossimo giugno ne compirà 81 di anni, proprio non riesce ad accettare che sia finita qui. Lui che aveva accettato la sfida, che allora sembrava impossibile, della neonata televisione commerciale. Lui che al primo giorno (la notte fra il 16 ed il 17 Gennaio 1991) della nuova avventura lanciata dal Cavaliere aveva realizzato il sogno di ogni giornalista: annunciare per primo in Italia l’inizio della Guerra del Golfo con il bombardamento su Bagdad facendo il boom di ascolti. Lui che dopo quell’inizio esplosivo era passato al Tg4 rimanendoci saldamente per ben 19 anni. Proprio lui adesso vede rimpiazzarsi in men che non si dica da un ‘giovanotto’ di 43 anni, Giovanni Toti.
E la rabbia in perfetto ‘stile Fede’ non tarda a esplodere sin dal primo commento alla notizia del licenziamento: “E’ stato un complotto interno – come ripeteva da giorni dopo il presunto scandalo della valigetta di soldi con cui l’(ormai) ex direttore sarebbe stato bloccato in Svizzera –. “Mi hanno fatto fuori mentre Berlusconi era a San Siro e non sapeva nulla… è un colpo di mano di Confalonieri”.
Ma, presunte congiure a parte, che le cose per Emilio si stessero mettendo male – sulla scia dello scandalo che lo vede indagato in concorso in bancarotta per il fallimento della LM management del suo amico Lele Mora, con cui e assieme Nicole Minetti, è sotto processo per il caso Ruby – era ormai chiaro da tempo. Lo scorso anno era stato lo stesso Piersilvio Berlusconi a inviargli assieme agli auguri di compleanno un segnale che forse sarebbe stato il caso di ritirarsi. Lui stesso, aveva detto qualche mese fa: “Se Silvio lascia, io mollo il Tg4” e aveva smentito a più riprese di aver raggiunto un accordo con l’azienda, mentre però circolavano indiscrezioni, mai confermate, su una buonuscita milionaria e, negli ultimi giorni, sulla possibilità per Fede di continuare a condurre un programma di prima o seconda serata. Le cose però hanno preso la piega che ormai conosciamo: visto che lui ancora non si decideva ad abbandonare la baracca, ci ha pensato Mediaset a “pensionarlo”.
Ma l’inossidabile Emilio non sembra intenzionato ad accettare che venga scritta la parola ‘fine’ alla sua avventura. Anzi visti toni combattivi ci viene quasi da immaginarlo trincerato nel suo ufficio con tanto di sacchi di sabbia, elmetto e fucile in mano. O in sciopero assieme alla Camusso per rivendicare il diritto al reintegro. O, ancora, incatenato all’antenna più alta di Cologno Monzese. Sì perché arrivati a una certa età, dopo aver dato tanto a un’azienda e al pubblico – soprattutto in fatto di incazzosissimi quanto divertentissimi fuori onda – mollare l’osso, in un Paese gerontocratico come il nostro, sembra un affronto inaccettabile.