Norvegia: Breivik in isolamento, radicalizzato da palestra e play-station?

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Norvegia: Breivik in isolamento, radicalizzato da palestra e play-station?

12 Gennaio 2017

E’ il 22 luglio 2012 e il trentaduenne norvegese Anders Breivik fa dapprima detonare una bomba nel centro di Oslo, alle 15,26, davanti all’edificio che ospita la sede del governo e il ministero del Petrolio e dell’energia, quindi il centro del potere della Norvegia contemporanea. L’esplosione provoca otto morti. Un’ora dopo, travestito da poliziotto, Breivik sale a bordo del ferry che porta all’isola di Utoya, vicinissima a Oslo. Qui uccide sessantanove persone, per lo più giovani universitari laburisti radunatisi per un campo estivo, che, sommati alle otto vittime di Oslo, dà un totale di settantasette morti e numerosi feriti.

Breivik viene arrestato dalle forze dell’ordine, arrivate sull’isola un’ora dopo. Gli psichiatri lo hanno dichiarato “schizofrenico paranoico irresponsabile”. Qualcun altro lo ha definito un mero esemplare della decadenza occidentale. Sta di fatto che Anders Breivik, tra un saluto e nazista e l’altro, dopo essere stato condannato a 21 anni di carcere nell’agosto del 2012, vince una causa per “trattamento inumano”. Chiedendo almeno la revoca delle restrizioni delle sue comunicazioni con l’esterno. Breivik vive a Skien non in un’angusta cella, ma in un trilocale di 31 metri quadrati diviso in stanza letto, stanza palestra e stanza lavoro, più angolo cucina e servizi. Dispone di tv playstation e di un computer senza allacciamento a internet.

Adesso il terrorista norvegese Anders Behring Breivik ha affermato che oltre cinque anni di isolamento in carcere lo hanno ulteriormente radicalizzato, un aspetto cruciale nella sua azione legale contro lo stato per i termini della sua detenzione. “Sono diventato più radicale. Ero radicale dall’inizio, ma in questi ultimi cinque anni sono diventato più radicale”, ha affermato il 37enne norvegese, mentre testimoniava contro lo stato, che ha presentato appello contro una sentenza che lo ha giudicato di averlo trattato in modo “disumano”, soprattutto per l’isolamento dagli altri detenuti. La domanda sorge spontanea: ma se 5 anni di playstation e palestra hanno radicalizzato Breivik che sarebbe accaduto alla psiche del killer di Utoya se fosse finito in qualsiasi altro carcere americano o del resto del mondo?