Not in my Name ma famo a capisse
22 Novembre 2015
Ascoltando l’intervento del leader dell’Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche italiane, alla manifestazione Not in my Name, in Piazza Santi Apostoli a Roma, viene in mente la proverbiale immagine del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. E’ mezzo pieno perché Elzir ha definito il terrorismo “il cancro dell’umanità”, chiedendo di “assicurare alla giustizia” i potenziali tagliagole, dichiarazioni che hanno senza dubbio una rilevanza politica. Ma il bicchiere è anche mezzo vuoto. Perché ascoltando il leader dell’Ucoii non tutto fila chiaro e cristallino. Ad esempio che vuol dire Elzir quando afferma che “il terrorismo non ha una fede religiosa”? Abbiamo sentito tutti gli assassini di Parigi invocare Allah. Siamo d’accordo o no che il Califfato nasce da una interpretazione letterale delle sure del Corano dove si teorizza la jihad come Guerra Santa? Diciamolo apertamente e condanniamo questa visione preistorica. Elzir fa bene a ricordare che la maggior parte delle vittime del terrore sono musulmani ma poi, tirando in ballo il “milione di vittime in Iraq”, commenta che “c’è un terrorismo di gruppi ma anche un terrorismo di Stato”. Quali sarebbero precisamente questi stati terroristi? Forse l’America che fra tanti errori liberò l’Iraq da Saddam Hussein? Israele che si difende dall’intifada dei coltelli? La Francia che bombarda l’Isis dopo essere stata colpita sul suo territorio? Perché non si capisce mai dove inizia la condanna del Califfo e finisce la fitna? La verità in ogni caso è che dopo gli attacchi di Parigi è finito il tempo delle equivalenze morali. Non si può più dissimulare o relativizzare il terrore, bisogna estirparlo punto e basta.