Nucleare, la Corea del Nord resta nell’Asse del Male

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Nucleare, la Corea del Nord resta nell’Asse del Male

05 Settembre 2007

Il 29 gennaio 2002 George W. Bush, in occasione del discorso sullo Stato dell’Unione, coniò la celebre espressione “Asse del male” (axis of evil) riferendosi a tre nazioni: Iraq, Iran e Corea del Nord, favorevoli al terrorismo e impegnate nello sviluppo di armi di distruzione di massa. Cinque anni dopo, in un contesto geopolitico parzialmente mutato, l’Iran di Mahmoud Ahmadinejad rimane l’unico dei tre“Stati canaglia” ad essere ancora in aperto contrasto con Washington. In Iraq è in corso la delicatissima fase di stabilizzazione democratica e civile del dopo Saddam. La Corea del Nord, invece, sta negoziando per uscire dalla black list, a condizione di un completo smantellamento delle proprie installazioni nucleari. Domenica 2 settembre il mediatore di Bush, Cristopher Hill,  ha annunciato al termine dei colloqui bilaterali di Ginevra che la Corea eliminerà, entro il 2007, tutti i programmi nucleari in corso e che di questi è pronta a fornire l’elenco completo; ma ha anche aggiunto che Pyongyang dovrà lavorare ancora duramente prima di essere cancellata dall’elenco del male, smentendo così le ottimistiche previsioni del ministro degli Esteri nordcoreano, Park Yil Chun.

La questione nucleare nella penisola asiatica ha avuto inizio nel secolo scorso. Negli anni 60 e 70, per risolvere il problema della scarsità delle risorse elettriche e di materie prime, la Corea del Nord ha cominciato a costruire il reattore nucleare di Yongbyon. Nel 1990 gli Stati Uniti, secondo foto scattate dai satelliti, hanno sospettato la Corea del Nord del possesso di infrastrutture destinate allo studio e alla fabbricazione di armi nucleari, affermando di voler effettuare controlli negli impianti. Il regime ha negato a più riprese la sua intenzione e capacità di fabbricare armi nucleari, accusando gli Stati Uniti di essere una minaccia per la propria sicurezza a causa del dislocamento di armi nucleari nella Corea del Sud.

 Nell’ottobre 1994, a Ginevra, Corea del Nord e Stati Uniti hanno firmato un accordo quadro sul dossier nucleare. Secondo il trattato, la parte nordcoreana acconsentiva al blocco del piano nucleare, mentre l’Organizzazione per lo sfruttamento delle risorse energetiche della penisola coreana, guidata dagli Stati Uniti, era responsabile della costruzione di un reattore all’acqua leggera di 2000 megawattore o di due reattori all’acqua leggera di mille megawattore, al fine di risolvere il problema della scarsa elettricità; prima della costruzione dei reattori, l’Organizzazione avrebbe dovuto fornire 500 mila tonnellate l’anno di olio pesante alla Corea del Nord. Tuttavia, per una serie di motivi, il progetto dei reattori all’acqua leggera è iniziato solo nell’agosto 2002.

Nell’ottobre dello stesso anno, al termine della sua visita a Pyongyang, l’inviato speciale del presidente americano, James Kelly,  ha dichiarato che la Corea del Nord ha ammesso di avere in corso un programma per lo sfruttamento dell’uranio arricchito, ponendo così il problema nucleare al centro dell’attenzione della comunità internazionale. Il governo di Kim Il Jong tuttavia ha sempre negato di aver riconosciuto ufficialmente l’esistenza del piano.

Dopo che gli Stati Uniti hanno smesso di fornire l’olio pesante, il 22 dicembre 2002 la Corea del Nord ha stabilito l’annullamento del blocco nucleare, demolito gli impianti di monitoraggio installati dall’AIEA nelle sue strutture nucleari, e  rilasciato, il 10 gennaio 2003, una dichiarazione sul suo ritiro dal “Trattato di non proliferazione nucleare”, minacciando oltretutto di far cadere l’accordo sul cessate il fuoco con la Corea del Sud. Da allora la situazione nella penisola coreana si è fatta sempre più tesa. La comunità internazionale si è attivata dando vita a ripetuti colloqui a sei, che includevano, oltre a Corea del Nord e Stati Uniti, Cina, Giappone, Russia e Corea del Sud, con l’obiettivo di raggiungere una soluzione diplomatica. Due anni fa Pyongyang ha accettato di abbandonare il suo programma nucleare in cambio di aiuti economici e di aperture diplomatiche. Ma, nell’ottobre del 2006, effettuando il suo primo test nucleare, ha sollevato molti dubbi sulle sue reali intenzioni.

Nuovi colloqui hanno portato, nel luglio scorso, alla chiusura del principale reattore di Yongbyon, dietro pagamento di 50 mila tonnellate di petrolio. L’oro nero, secondo gli accordi, compenserà anche la prossima adempienza della Corea del Nord con la quantità di 950 mila tonnellate.

La mediazione di Hill, investito di pieni poteri dal segretario di Stato Condoleezza Rice, rivela un’inversione di tendenza rispetto all’iniziale politica dell’amministrazione Bush, complice anche l’uscita di scena di alcuni “falchi” come l’ex ambasciatore alle Nazioni Unite John Bolton. Tuttavia le concessioni americane, considerate eccessive, hanno provocato non pochi malumori a Washington tra quanti, compreso lo stesso Bolton, che lo ha scritto sul Wall Street Journal asiatico, ritengono che Pyongyang stia giocando ambiguamente su più tavoli per ottenere il massimo profitto, senza abbandonare realmente il programma nucleare, né indicare l’effettivo numero di armi ed impianti.

Per il momento le parti proseguono con la massima cautela. La nuova sessione di negoziati a sei si terrà il mese prossimo a Pechino.